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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Il Riformista’): “Conte e l’emergenza: chi cerca scorciatoie perde la strada…”

 

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L’uscita dalla crisi economico-finanziaria prodotta dalla pandemia, nei vari Stati membri dell’Unione Europea, sarà quasi sicuramente e amaramente asimmetrica.

In altre parole, alcuni Stati supereranno prima e meglio di altri la situazione di emergenza nella quale sono entrati. Questo può dipendere da varie ragioni: strutture diverse delle loro economie, diversi margini per potersi indebitare, aumentando le spese necessarie per la ricostruzione; maggiore efficienza ed efficacia nei settori pubblico e privato. Migliore capacità di risposta dei governi e delle relative classi dirigenti.

Quello che non appare tollerabile è che l’Italia possa uscire più lentamente e peggio di altri Paesi europei dalla crisi per via dell’asimmetria nella durata dello stato d’emergenza, frutto di una decisione del nostro Governo in netta divergenza da quanto deciso da altri governi dell’Unione.

Cerchiamo di spiegare bene cosa sta succedendo. Lo stato di emergenza, e lo diciamo in maniera atecnica, è una condizione di carattere eccezionale, decisa dal nostro Governo, che implica da un lato la possibilità di decisioni immediate e semplificate nei vari gangli di funzionamento del sistema Paese, dall’altro mette inevitabilmente sotto stress le istituzioni e le regole della nostra democrazia e della nostra economia. Insomma, un antibiotico potente che certamente serve, ma che non va abusato o prescritto con troppa leggerezza.

Se fosse proprio necessaria la decisione di un altro stato di emergenza, come quella che il Governo avrebbe intenzione di realizzare, Conte dovrebbe dire, con grande chiarezza e grande nettezza, quale sia il “pericolo attuale”, come ha spiegato bene il professor Sabino Cassese in un suo recente articolo pubblicato dal Corriere della Sera. Non si può pensare allo stato di emergenza, infatti, come ad un semplice approccio precauzionale, ipotizzando un pericolo potenziale, non meglio precisato.

Un tale approccio, quello appunto meramente e genericamente precauzionale, avrebbe infatti diversi effetti collaterali.

L’effetto annuncio di un pericolo potenziale (per vedere solo l’effetto che fa) finisce per produrre conseguenze insanabili e immediate sul piano economico per tutta la durata della nuova emergenza. Facile immaginare le conseguenze nell’opinione pubblica internazionale rispetto al nostro Paese. I più penserebbero, infatti, che in Italia c’è ancora la pandemia (cosa non vera o non tale da richiedere un nuovo stato di emergenza), con l’immediata conseguenza che una Italia in stato di emergenza (da pandemia conclamata o anche solo potenziale) non sarebbe certamente un luogo dove fare investimenti, andare per turismo. Insomma, averci a che fare.

Altri mesi in stato di emergenza produrrebbero per il nostro Paese minor crescita, più disoccupazione, minori investimenti esteri, minori consumi, più isolamento. L’Italia sarebbe, quindi, punita dai mercati. Già, perché quale operatore potrebbe decidere di investire in una economia in stato di emergenza quando può farlo da altre parti in cui l’emergenza è già finita? È crudo dirlo, ma gli investitori e i mercati premiano i Paesi efficienti e razionali e puniscono quelli masochisti e in stato confusionale. E dai secondi stanno alla larga.

La scelta di prorogare lo Stato di emergenza, quindi, non soltanto è pericolosa per la democrazia, in quanto accentra sempre più il potere decisionale del Presidente del Consiglio, ma anche per l’economia, perché sostituisce l’economia di mercato, e il suo normale funzionamento, con un’economia centralizzata, dirigista e statalista, progressivamente assistita, in un crescendo di deficit, debito, fallimenti, disoccupazione e povertà.

Ci chiediamo: perché il presidente Conte, passeggiando per le calli di Venezia, ha aperto all’eventualità di una proroga di altri mesi dello stato di emergenza? Sulla base di quali valutazioni? In possesso di quali informazioni? Per contrastare quali pericoli imminenti e attuali? Non è dato sapere.

Quello che invece è successo è che da questo suo pensiero, dal sen fuggito, è derivato un caos politico (perché mai l’avrà fatto), istituzionale (vulnus alla democrazia), ma soprattutto un danno economico, difficilmente recuperabile.

Caro presidente Conte, se voleva fare il punto della situazione, poteva prendersi, e lei lo può fare quando vuole, un bel pomeriggio, prima alla Camera e poi al Senato, entro il mese di luglio, intanto per dar conto di quello che è successo negli ultimi sei mesi di stato di emergenza: cosa ha funzionato, cosa non ha funzionato, chi ha sofferto di più, chi ha sofferto di meno, i costi che gli italiani hanno dovuto pagare, chi si è comportato meglio, chi si è comportato peggio, e poi, sulla base di queste valutazioni magari suffragate da opportuni report e dai suoi numerosi comitati scientifici, prospettare le esigenze per il futuro, con la massima trasparenza, tutte le informazioni disponibili, il massimo senso di responsabilità e con il conforto di un libero dibattito parlamentare.

Anche perché un nuovo stato di emergenza si può decidere in un’ora: basta riunire il Consiglio dei ministri. Decidere in via precauzionale lo stato di emergenza, lo ripeto, non è solo fuori legge, ma è di un masochismo insopportabile in una democrazia parlamentare e in un sistema economico avanzato.

Come scritto ancora dal professor Cassese, l’eccezione non può diventare la regola. Occorrono dei presupposti per poter prorogare lo stato d’emergenza, che in questa situazione non ci sono.

Il timore di un evento non può, infatti, essere considerato un motivo valido per la proroga. Occorre che vi sia una attuale situazione di emergenza. L’urgenza di fare questo o quello, poi, non vuol dire emergenza. Il ministero della salute può infatti emettere ordinanze immediate, urgenti e contingibili in materia di sanità e igiene. Insomma, nel nostro ordinamento esistono già strumenti adatti a far fronte alle situazioni di emergenza, senza che sia necessario il ricorso a quegli strumenti normativi, tanto errati quanto invasivi, e nocivi per la nostra salute democratica e per il nostro benessere economico.

Presidente Conte, una volta tanto, ascolti i nostri consigli: faccia una bella relazione al Parlamento, e si affidi alle istituzioni della Repubblica. Vedrà, ne trarrà giovamento la sua persona, il ruolo che lei ricopre e anche, se possibile, il suo Governo. Le scorciatoie, se improvvisate e non giustificate, ci portano a smarrire la strada. Non ne abbiamo affatto bisogno.