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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Huffington Post’): “Presidente Conte, tirare dritto con la sua fragile minoranza non serve a nessuno. Subito una bicamerale per il Piano di ripresa”

 

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Il Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo ha finalmente raggiunto ieri un accordo sul bilancio comunitario per il 2021-2027 (Quadro Finanziario Pluriennale) e sul tanto atteso Recovery Fund. Un accordo complesso e articolato che, però, segna un passo in avanti storico per l’Europa. Comunque vada, per noi, è già stato premiato dai mercati finanziari, considerando che gli investitori internazionali hanno, subito dopo l’accordo, acquistato nostri titoli di Stato, portando il rendimento del BTP decennale all’1,0%, vicino al minimo storico.

Facciamo, qui di seguito, alcune considerazioni fredde e fuori dalla retorica. La dimensione totale del Next Generation EU Fund, innanzitutto, è di 750 miliardi di euro, suddivisa in uno strumento di recupero e resilienza (RRF) da 672,5 miliardi (312,5 miliardi in grants e 360 ​​miliardi in loans). La dotazione rimanente andrà per 47 miliardi al programma ReactEU, 5 miliardi al programma Horizon, 5,6 miliardi al programma InvestEU, 7,5 miliardi allo sviluppo rurale, 10 miliardi al Fondo di transizione Just, 1,9 miliardi al programma RescUE. La dimensione totale concordata del quadro finanziario pluriennale (QFP) è di 1.074,3 miliardi, leggermente ridotta rispetto all’obiettivo iniziale, nonostante l’abbandono del Regno Unito dall’UE dal 2020. All’Italia andranno 209 miliardi di euro, suddivisi tra 81 miliardi di grants e 128 miliardi di loans. I paesi con un reddito pro capite superiore alla media UE otterranno proporzionalmente un’allocazione inferiore (cioè meno del doppio della dotazione di bilancio passata), ma beneficeranno di una più chiara ripresa nell’UE e trarranno vantaggio da un protratto periodo di QE della BCE. Insomma, per noi tante risorse (grants e loans) perché ce la passiamo peggio degli altri.

Il modo più semplice di interpretare il Recovery Fund è di pensarlo come una parte del QFP, con il vantaggio di avere in più un “front loading” (caricamento temporale) rispetto al bilancio dell’UE. Ciò dovrebbe consentire di sostenere gli investimenti pubblici già nel periodo 2021-2022. La procedura per assorbire interamente questi fondi è, in ogni caso, complicata e, quindi, i paesi che storicamente non si sono distinti in questo, tra i quali l’Italia, sono ad alto rischio di perdere ancora una volta una grande opportunità. I settori che trarranno maggiori benefici iniziali sono l’edilizia (tramite infrastrutture), i trasporti, i beni di investimento di capitale con un orientamento “verde” e i servizi di digitalizzazione.

Il processo (PERT) del Recovery Fund è il seguente: i governi dovranno presentare un piano che sarà approvato dalla Commissione entro due mesi e dovrebbe seguire da vicino le raccomandazioni che la Commissione ha già dato durante il semestre, il Consiglio dell’UE dovrà approvare a maggioranza qualificata (quindi nessun veto da parte di alcuno Stato membro) e il paese esigente dovrà raggiungere gli obiettivi chiave di attuazione per un dispiegamento completo delle risorse. Per l’Italia l’accordo è utile per comprimere ulteriormente i rendimenti dei BTP, e migliorare il “sentiment” dei mercati finanziari. Da verificare poi l’impatto dell’emissione degli eurobond, che fanno il loro esordio sul mercato dei capitali. In quante tranches avverrà l’emissione? A quali rendimenti e con quali modalità? Cosa succederà se uno Stato beneficiario fallisse nel soddisfare i requisiti di condizionalità imposti dai fondi europei? Ecco, a queste domande non esistono ancora risposte. Certamente, per l’Italia il rischio è quello di vedere un nuovo strumento concorrente dei BTP.

Inoltre ci chiediamo come faccia il Premier Conte a dire che prendendo sia il MES che i prestiti del Recovery Fund indebiteremmo troppo il Paese. Ricordiamo a Conte che l’Italia ha già un debito pubblico di 2.500 miliardi, il quale aumenta se facciamo nuovo deficit, non se sostituiamo l’emissione di nuovi titoli di debito per coprire il deficit già fatto, o per “sostituire” precedenti titoli di debito venuti a scadenza, e da rimborsare con l’accensione di prestiti a un costo assai inferiore. È chiaro che questi prestiti devono poi servire per finanziare specifiche spese (quelle sanitarie, nel caso del MES), ma è altrettanto chiaro che, stante la fungibilità del denaro, se quelle spese che avresti fatto comunque le copri con quei prestiti, liberi risorse finanziarie per altri capitoli di spesa.

Fin qui la parte degli adempimenti europei in tema di Recovery Fund e di strategie di bilancio. C’è da chiarire ancora, invece, tutta la parte italiana. Vale a dire, come arrivare ad un Action Plan credibile entro ottobre, come richiesto dalla Commissione Europea per poter aver accesso ai fondi, attraverso, innanzitutto, l’approvazione, da subito, del Piano Nazionale delle Riforme e il parallelo nuovo scostamento di bilancio da 20 miliardi che sarà deliberato in queste ore e che probabilmente arriverà in Parlamento la settimana prossima (assieme al PNR). Un PNR, occorre sottolinearlo, che non è mai stato discusso nelle aule parlamentari, e uno scostamento di cui non si sanno ancora le destinazioni. A suo tempo, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva chiesto una seria condivisione dei provvedimenti anti-Covid e delle riforme necessarie tra le forze di maggioranza e di opposizione. Condivisione che però non c’è mai stata nonostante il centrodestra abbia, nei mesi scorsi, per senso di responsabilità nei confronti del Paese, votato in maniera determinante discostamenti per oltre 80 miliardi di euro.

Signor Presidente del Consiglio, se non viene discusso e condiviso né il PNR né il nuovo scostamento che lei porterà in Parlamento la prossima settimana, come pensa di costruire, solo con la sua fragile maggioranza indecisa a tutto, l’Action Plan per il prossimo autunno? Le ricordo che a metà settembre inizierà la sessione di bilancio, con la Nadef prima e la Legge di Bilancio poi. In autunno, proprio il 21 settembre, ci sarà poi l’election day, con le consultazioni in 5 Regioni e il referendum costituzionale confirmativo sulla mutilazione del Parlamento. Le ricordo, soprattutto, che l’autunno sarà molto difficile dal punto di vista dell’economia e della sostenibilità sociale. Lei pensa di costruire e di votare l’Action Plan, con la misera maggioranza di cui dispone al Senato? Per questo, signor Presidente del Consiglio, ci permettiamo di fare questa riflessione. Adesso arriva il momento più esaltante, per quanto riguarda le riforme strutturali necessarie, ma anche quello più difficile. I mercati, che oggi ci guardano con occhio positivo, potrebbero cambiare anche atteggiamento nei confronti del nostro Paese. Ma ancor più dei mercati il rischio è che salga la rabbia degli italiani.

Per questo, presidente Conte, ci permettiamo di lanciarle un’ultima offerta: condivida con le opposizioni, da subito, il Piano Nazionale delle Riforme e gli obiettivi dei nuovi 20 miliardi di discostamento. Avvii, fin da subito, una bicamerale paritetica per scrivere l’Action Plan di autunno e avvii, attraverso il Parlamento, un serio confronto sulle riforme necessarie per il Paese. Mi creda, tirare dritto (con le sole risorse della sua fragile maggioranza) non serve a nessuno, né a lei, né, soprattutto, al Paese.

Non faccia questo errore. Buon lavoro, signor presidente Conte.