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R.BRUNETTA (Intervento su ‘Il Giornale’): “Allarme conti per l’autunno: c’è aria di tempesta perfetta”

 

Rassegna Il Giornale

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Caos scuola, caos economia, caos elezioni, caos referendum, caos in Europa: l’autunno per il nostro Paese rischia di trasformarsi in una disastrosa tempesta perfetta. Con l’Italia e l’Europa che sembrano non rendersene conto, prendendosela comoda. Non se ne preoccupa il Governo italiano, in un tanto volontario quanto ingiustificato ritardo sulle decisioni più importanti da prendere. Ma se la sta prendendo comoda, purtroppo, anche l’Europa, che dopo lo storico Consiglio Europeo dello scorso 17 luglio, nel quale i Capi di Stato e di governo hanno approvato un piano di intervento senza precedenti, basato su 4 pilastri finanziari (MES, SURE, BEI e NGUE Fund) non ha dato seguito, o quasi, a quelle decisioni, approvando subito le norme di dettaglio a regolare il funzionamento dei singoli strumenti di intervento. Senza contare che anche il Parlamento Europeo, la maggior espressione della democrazia dell’Unione, sembra essere sul piede di guerra nei confronti della Commissione, relativamente al meccanismo di funzionamento del Recovery Fund e, più in generale, alle dimensioni del bilancio europeo, oltre che all’importante questione delle risorse proprie di bilancio che, a regime, dovrebbero finanziare il piano di intervento. Ritardi e conflitti che non fanno altro che alimentare una pericolosa e nociva incertezza circa le regole del gioco, con le quali i singoli Stati dovranno a breve confrontarsi nella redazione dei loro documenti di finanza pubblica. Ma analizziamo le questioni più nel dettaglio.

 

Nel difficile percorso che le finanze pubbliche italiane dovranno compiere nei prossimi tre anni per uscire dalla crisi economica e finanziaria senza precedenti che ha investito il nostro Paese, di certo ci sono soltanto le regole di contabilità e il calendario delle relative scadenze, come previste dalla disciplina comunitaria e nazionale. Il resto è tutto aleatorio. E questo non è certamente un bene per noi.

 

La prima scadenza che il Governo Conte dovrà rispettare è quella relativa alla presentazione della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NAdef), che aggiorna le previsioni economiche e di finanza pubblica in relazione alla maggiore affidabilità delle informazioni disponibili sull’andamento del quadro macroeconomico, relativamente al primo e secondo trimestre dell’anno, rispetto a quelle utilizzate per il Def di aprile. Def che, lo ricordiamo, quest’anno non è stato presentato completo, in quanto il Piano Nazionale delle Riforme (PNR), che avrebbe dovuto essere allegato al documento, non è stato inserito dal Governo per effetto di una temporanea sospensione concessa dalla Commissione Europea per via della pandemia. La Nadef permette, inoltre, di aggiornare gli obiettivi programmatici, in considerazione delle Raccomandazioni Paese approvate dal Consiglio dell’Unione europea sul Patto di stabilità. Raccomandazioni che, per l’Italia, sono state inviate a Palazzo Chigi lo scorso maggio. La Nadef deve essere presentata alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno.

 

E qui nasce la prima trappola economica, politica ed istituzionale. Cosa metterà dentro la NADef il Governo, oltre agli aggiornamenti macroeconomici? Metterà tutti gli oltre 300 miliardi dei 4 pilastri europei (27 miliardi Sure, 37 Mes, 40 Bei e 209 NGUE Fund)? L’interrogativo non è di poco conto in quanto trattasi di una cifra enorme che andrebbe a modificare, evidentemente, in misura sostanziale tutto i dati macro di crescita, di deficit, di debito, di bilancio della NADef. A primo acchito, verrebbe da dire sì: ma come sia possibile mettere in un documento preliminare alla legge di bilancio, risorse non ancora richieste e/o concesse è un mistero. A partire da Sure, richiesta sì ma non ancora deliberata; Bei, non richiesta e non deliberata; Mes, non richiesto e quindi non deliberato; NGUE definito nella sua quantità, ma per il quale non è stato presentato nessun Action Plan e quindi lungi dall’essere concesso. Bel problema.

 

La seconda importante scadenza è quella del 15 ottobre, data entro la quale il Governo è tenuto ad inviare alla Commissione Europea e all’Eurogruppo il Documento Programmatico di Bilancio (DPB). Il documento, tra le altre cose, deve riportare le valutazioni macroeconomiche e le azioni prioritarie del Governo, l’aggiornamento sullo stato di avanzamento del PNR – con particolare riferimento al livello di risposta alle raccomandazioni specifiche della Commissione europea – e la manovra di finanza pubblica articolata per tipologia di intervento con relativo impatto finanziario (in percentuale del PIL). Il DPB rappresenta, quindi, la base della Legge di Bilancio che deve essere approvata entro il 31 dicembre dal Parlamento.

 

Questo calendario deve essere rispettato ogni anno. Quest’anno, però, per il Governo ci sarà la novità di dover presentare all’Europa, entro metà ottobre, assieme a questi due documenti, molto di più. L’Esecutivo sarà infatti tenuto a presentare un Recovery Plan nazionale, quello richiesto dalla UE come condizione necessaria per aver accesso ai 209 miliardi di euro (suddivisi tra grants e loans) delle risorse del Recovery Fund. Metà ottobre, una data non certo lontana. E qui si pone il dilemma. Considerando che il Governo Conte è in ritardo nella stesura del piano, come farà a incorporarlo nella NAdef in tempo utile? Oppure il Piano sarà incorporato soltanto contabilmente nel DBP al pari degli altri pilastri di cui abbiamo parlato all’inizio? Questa domanda è di fondamentale importanza, perché nel caso non riuscisse ad inserirlo nella NAdef, quel documento rappresenterebbe un falso, una programmazione non credibile delle risorse e delle azioni da intraprendere per il prossimo triennio. Una vera e propria presa in giro nei confronti del Parlamento e dell’Europa.

 

E ancora, nello specifico, si pone poi il dilemma del se e quando i fondi dei quattro pilastri europei entreranno definitivamente nella Legge di Bilancio. Ad esempio, i 37 miliardi di euro del MES saranno inseriti nella programmazione triennale delle risorse oppure no? In altre parole, il Governo metterà finalmente per iscritto di voler utilizzare questo strumento, spiegando nel dettaglio per quali spese sanitarie li utilizzerà (tra i possibili utilizzi c’è quello delle spese per l’edilizia scolastica, tanto per fare un esempio di stretta attualità), oppure non prevederà di usare il fondo Salva Stati? I quasi 30 miliardi del fondo SURE (la cifra definitiva non è ancora stata resa nota ufficialmente dalla UE), per i quali il Governo ha fatto già richiesta, saranno contabilizzati oppure no? Per coprire quali voci di spesa: cassaintegrazione, misure di sostegno al reddito, congedi parentali o altro? Ancora, relativamente ai circa 40 miliardi di possibili fondi BEI, di cui nessuno finora ha parlato, il Governo chiarirà finalmente se intende prenderli o no e quale uso intende farne, sempre in Legge di Bilancio? Infine, in relazione ai fondi più importanti e corposi, quelli del NGUE Fund, pari a 209 miliardi di euro, il Governo dettaglierà esattamente a quali programmi di spesa saranno destinati e in quali anni li spenderà? Saprà mettere per iscritto, una volta per tutte, se intende ricorrere soltanto alle risorse a fondo perduto (grants), oppure se ritiene sia necessario anche far ricorso ai prestiti (loans)?

 

Anche l’Europa, d’altronde, ha le sue grandi responsabilità nel creare incertezze caotiche. Ad oggi, la Commissione Europea non è stata ancora in grado di dire se e quando sarà ripristinato il Patto di Stabilità e Crescita, con i relativi regolamenti e trattati collegati sulle regole di finanza pubblica degli Stati membri (Fiscal Compact, Two Pack, Six Pack), e il Temporary Framework, sulla sospensione temporanea degli aiuti di Stato alle imprese nazionali. In assenza di queste certezze, come faranno i Governi a programmare l’andamento delle proprie finanze pubbliche nei prossimi anni?

 

A fronte di questo caos economico, politico e istituzionale, italiano ed europeo, e a fronte di una pandemia che sta rialzando la testa con all’orizzonte nuovi lockdown generalizzati, vada il presidente Conte immediatamente in Parlamento a fare chiarezza, prima che sia troppo tardi. Prima delle elezioni regionali e del referendum. Il tempo dei rinvii, delle chiacchiere, delle palle in tribuna è finito. Perché dopo il caos c’è solo la bancarotta.