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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Il Riformista’): “I fondi europei e le scelte politiche del Governo italiano: Conte tace, Gualtieri fa l’ottimista di maniera, Gentiloni gela tutti”

 

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Conte tace, Gualtieri fa l’ottimista di maniera, Gentiloni gela tutti. “Bambole non c’è una lira”: prendetevi i 37 miliardi del Mes, e non rompete, sembra dire il Commissario Ue all’economia. E scordatevi (cosa risaputa, ma era bene ribadirla) la riduzione delle tasse con i fondi europei. Non se ne parla! A ben vedere, sui fondi europei si sono riversati fiumi di inchiostro e fatti tanti calcoli, in particolare sui meccanismi di ripartizione delle risorse tra i vari Stati membri e, quindi, sulla quota spettante all’Italia. Ma la verità è una sola: ad oggi, non esiste ancora nulla di definitivo (né regole, né quantità finanziarie) messo per iscritto dalle istituzioni europee. Il Consiglio Europeo dello scorso 17 luglio ha infatti sì approvato il piano di intervento del Next Generation Ue Fund, al termine di un duro confronto tra i vari Capi di Stato, ma le norme attuative non sono state ancora approvate, e la materia è attualmente terreno di un duro scontro con il Parlamento Europeo, che non è per nulla soddisfatto del taglio delle risorse del bilancio comunitario proposto dalla Commissione Europea, e non ha ancora deciso quali risorse proprie introdurre dal 1 gennaio 2021 per finanziare l’intero piano (argomento questo delicatissimo).

 

Senza che le norme di dettaglio siano approvate definitivamente, e senza che il Recovery Plan nazionale che sta predisponendo (?!) il Governo sia approvato dalla Ue, con i meccanismi previsti dagli stessi regolamenti, non si può dare per scontato che i fondi arrivino davvero nel nostro Paese (certamente non per quest’anno, e forse neanche per il prossimo, se non sotto forma di anticipi).

 

Tra gli effetti di questa incertezza vi è, ad esempio, l’impossibilità di iscrivere nel Draft Budgetary Plan, da presentare a partire dal 15 di ottobre all’Europa, e nella Legge di Bilancio 2021, i fondi del Ngue Fund, o anche una loro parte, che dovrebbe essere la quota d’anticipo 2020, chiamata “bridge”. Senza considerare che i Recovery Plan nazionali potranno essere presentati fino all’aprile 2021, a partire dal 15 ottobre. Alla presentazione dei piani nazionali, seguirà poi un complesso iter di valutazione da parte della Commissione, al termine del quale si capirà finalmente se e quante risorse saranno destinate all’Italia.

 

Il Governo italiano, assieme ai governi di tutti gli stati membri dell’Unione Europea, sta predisponendo (in grande segreto) in questi giorni il Recovery Plan, ovvero il piano nazionale richiesto dalla Ue per poter aver accesso ai fondi europei messi in campo dall’Europa per combattere la crisi da pandemia e articolato in 4 pilastri finanziari (Mes, Bei, Sure e Ngue Flind). Risorse che, per l’Italia, dovrebbero essere pari a oltre 300 miliardi di euro, considerando gli esborsi relativi a tutti i pilastri, suddivisi tra grants e loans, dei quali circa 209 miliardi provenienti dal Ngue Fund.

 

Non è tuttavia sufficiente presentare il piano nazionale per avere la certezza di ottenere le risorse europee per finanziarlo. Ci sono infatti delle condizioni molto stringenti che la redazione del Piano deve rispettare affinché l’Europa conceda queste risorse. Queste condizioni, in attesa che esca il regolamento definitivo, sono contenute in un allegato al regolamento del Recovery Fund datato 2 giugno 2020. Lo scopo dell’allegato, è quello di servire, insieme al regolamento che istituisce il fondo, come base affinché la Commissione valuti, in modo trasparente ed equo, le proposte di piani di ripresa e di resilienza presentate dagli Stati membri (i Recovery Plan, per la precisione) e per determinare il contributo finanziario spettante ad ogni singolo Paese in conformità con gli obiettivi e qualsiasi altro requisito pertinente stabilito nel regolamento.

 

Gli orientamenti scritti nell’allegato rappresentano quindi la base per l’applicazione dei criteri di valutazione e la determinazione del contributo finanziario garantito dal Recovery Fund.

 

Le linee guida per la valutazione sono state pensate dalla Ue per:

 

a) fornire orientamenti sul processo di valutazione delle proposte di piani di ripresa e resilienza presentate dagli Stati membri;

b) fornire dettagli sui criteri di valutazione e prevedere un sistema di rating, da stabilire al fine di garantire un processo equo e trasparente;

c) definire il collegamento tra la valutazione che la Commissione deve effettuare in base ai criteri di valutazione e la determinazione del contributo finanziario da stabilire nella decisione della Commissione in relazione ai piani selezionati.

 

La Commissione valuterà l’importanza e la coerenza dei piani di ripresa e resilienza e il loro contributo alle transizioni verde e digitale. A tal fine terrà conto dei seguenti criteri:

 

a) se si prevede che il piano di ripresa e resilienza contribuisca ad affrontare efficacemente le sfide individuate nelle pertinenti Raccomandazioni specifiche per paese rivolte;

b) se il piano contiene misure che contribuiscono efficacemente alle transizioni verde e digitale o ad affrontare le sfide che ne derivano;

c) se si prevede che il piano di ripresa e resilienza avrà un impatto duraturo sullo Stato membro interessato;

d) se il piano di ripresa e resilienza sia in grado di contribuire efficacemente a rafforzare il potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro e la resilienza economica e sociale dello Stato membro, mitigare l’impatto economico e sociale della crisi e contribuire a rafforzare la coesione territoriale;

e) se la giustificazione fornita dallo Stato membro sull’importo dei costi totali stimati del piano di recupero e resilienza presentato sia ragionevole e plausibile ed è proporzionato all’impatto previsto sull’economia e sull’occupazione;

f) se il piano di ripresa e resilienza contiene misure per l’attuazione di riforme e progetti di investimento pubblico che rappresentano azioni coerenti;

g) se le disposizioni proposte dagli Stati membri interessati garantiscono un’efficace attuazione del piano di ripresa e resilienza, compresi il calendario, le tappe fondamentali e gli obiettivi previsti e i relativi indicatori.

 

Alla fine dell’intero processo di valutazione, la Commissione attribuirà dei punteggi ai piani presentati dagli Stati membri, in base a ciascuno dei criteri di valutazione, al fine di valutare l’importanza e la coerenza degli stessi e al fine di stabilire la dotazione finanziaria per ogni singolo Stato. Insomma campa cavallo! E soprattutto niente trucchi, niente inganni. Queste cose le sapevamo già, ma il Commissario europeo agli affari finanziari Paolo Gentiloni le ha volute ribadire: le prime erogazioni dal Recovery Fund europeo potranno arrivare solo entro la fine del primo semestre del 2021 e non subito. Gentiloni ha, inoltre, confermato che i Recovery plan nazionali vanno presentati al massimo entro aprile 2021, con l’auspicio che i paesi lo facciano prima. Poi ci saranno le otto settimane massime entro le quali la Commissione dovrà proporre al Consiglio europeo l’approvazione dei piani. Il Consiglio avrà quindi quattro settimane per l’approvazione a maggioranza qualificata. Soltanto all’atto dell’approvazione, che avverrà presumibilmente entro la fine del primo semestre 2021, ci sarà la prima erogazione effettiva dei fondi, pari al 10% dell’ammontare del piano, mentre le altre erogazioni saranno a cadenza semestrale, due volte l’anno (presumibilmente in ragione degli stati di avanzamento lavori…).

 

Mentre il Consiglio deciderà l’approvazione del piano, la Commissione deciderà sull’erogazione delle risorse, sulla base del rispetto dei tempi proposti nei piani nazionali. Un percorso decisionale quindi lungo e articolato che non dà, ad oggi, nessuna certezza che le risorse europee finiranno effettivamente nel Dpb di bilancio italiano da approvare quest’anno, per il 2021. Sempre, come ha ricondato Gentiloni, il fatto che l’Italia accederà o no a queste risorse dipenderà soltanto dalla sua capacità di impegnarsi ad effettuare riforme credibili, e non a proporre una mera lista della spesa, magari fatta di tanti interventi a pioggia o bonus. Ecco tutto il contrario di quanto sta avvenendo nel nostro Paese.

 

Rischiamo veramente di fare una brutta figura, e con la brutta figura di finire in un tragico isolamento. Governo e Parlamento dovevano lavorare già dall’estate per trovare, attraverso il dialogo istituzionale, indirizzi, linee guida, priorità. Non se ne è fatto nulla: zero babà.

 

Si doveva aprire nel Paese un processo di ascolto, sempre con al centro il Parlamento, per raccogliere le idee, i progetti migliori…. Nulla di nulla, a parte il grande richiamo fatto da Draghi a Rimini. E, a parte i cassetti svuotati dei ministeri per consegnare polverosi dossier a Palazzo Chigi, pare più di 500, il vuoto cosmico.

 

Istituire una bicamerale parlamentare per accompagnare tutto il processo di dialogo con l’Europa? Neanche a parlarne. Conte ha detto che è in grado di fare da solo: auguri.

 

A Conte, sempre silente (e questo non sarebbe un male se nel frattempo facesse le cose giuste) interessa solo la legge elettorale, non perdere troppo alle elezioni regionali; i servizi segreti prorogati nei loro vertici, e non perdere il Referendum sul taglio della rappresentanza parlamentare. Per il resto, solita tattica: palla in tribuna. E, nel frattempo, si sono persi 500 mila posti di lavoro, i consumi sono colati a picco, il PIL è sceso di oltre il 15%, i 100 miliardi di extra-deficit già stanziati sembrano non esser serviti a nulla, ci sono da approvare più di 300 decreti attuativi, e le scuole partono, non ripartono, non si sa… con o senza rotelle. E del Mes, con i suoi 37 miliardi disponibili da subito, neanche una parola: si vedrà se serviranno…Follia pura.

 

Forse la temperatura andrebbe presa più volte al giorno a Conte, ai suoi ministri, ai leader della sua maggioranza, non per il Covid, ma per vedere se stanno bene. Li vediamo tanto bisognosi di cure.