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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Il Riformista’): “Bambole, per colpa del Governo non c’è più una lira”

 

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Contrordine compagni: almeno fino alla prossima estate, dall’Europa non arriverà un euro e non per colpa del destino cinico e baro o dei paesi nemici del Nord Europa, ma perché abbiamo un Governo indeciso a tutto, figlio di una maggioranza che non è d’accordo su nulla. Infatti, sul tema delle risorse europee, destinate all’Italia attraverso i 4 pilastri finanziari messi in campo dall’Unione Europea, continua un indecente balletto tra il Presidente del Consiglio Conte, il Pd e il M5s, con il premier che, a giorni alterni, cambia idea per sopravvivere, rimandando le decisioni fondamentali che servono per il futuro del nostro Paese buttando la palla in tribuna.

Tutto questo avviene anche dopo che il Governo ha presentato, nei giorni scorsi, le tanto attese linee guida del Recovery Plan nazionale, ribattezzato (probabilmente con involontaria ironia) PNRR. Gli italiani sono venuti così a sapere da Conte che all’Europa non sarà presentato a breve un vero e proprio piano, corredato da un Action Plan fatto di quantificazioni precise e di scadenze mirate, ma soltanto delle slides che non contengono un numero, una data. Slides (non vorremmo che la mano fosse quella del Governo Renzi) che costituiscono appunto le linee guida. Inemendabili da parte del Parlamento, a detta del presidente Conte. Ci sarebbe da ridere, se tutto non fosse da piangere.

Per la presentazione ufficiale del Piano vero e proprio, tutto slitterà al prossimo gennaio (se va bene), per ammissione stessa del Governo, che di questo slittamento ha però incolpato la Commissione Europea. E così, niente soldi dall’Europa fino a giugno-luglio del 2021.

A ben vedere, però, la responsabilità di tutto ciò non può che essere, in gran parte, dell’Esecutivo e delle sue incertezze, delle sue indecisioni, dei suoi conflitti interni.

Il processo per ottenere i 209 miliardi di euro del Recovery and Resiliance Fund (di cui oltre 80 a fondo perduto e il restante sottoforma di prestiti a tassi d’interesse super convenienti) avrebbe dovuto, infatti, cominciare da subito, da quando il Consiglio Europeo, lo scorso 17 luglio, ha dato il via libera al Recovery Fund.

Il Governo avrebbe dovuto, sin da allora, mettere in piedi prima le linee guida e poi, subito dopo, il PNRR, da presentare in Europa prima entro il 15 ottobre.

È vero che per le regole europee ci sarebbe tempo fino all’aprile 2021 per la presentazione dei piani, ma è evidente che era nell’interesse stesso dell’Italia perfezionare un quadro chiaro sin da subito, anche per avere accesso a tutte le altre risorse europee, non soltanto quelle del RRF. Ovvero, le risorse garantite dagli altri tre pilastri finanziari messi a disposizione dall’Europa (Mes, Sure e BEI), e quelle del prestito ponte di circa 20 miliardi derivante dal Fondo ReactUE, disponibile in autunno.

Il non aver presentato il Piano, che per accedere alle risorse era una precondizione, ha impedito dunque all’Italia di ottenere risorse utili da iscrivere dapprima nella Nadef e poi nel Draft Budgetary Plan (DPB), ovvero il documento sul quale è basato la Legge di Bilancio per il 2021.

Pare che il Governo sia in alto mare: le linee guida sembrano, infatti, un gioioso e inutile esercizio sul nulla, per coprire l’antica prassi dello svuotamento dei polverosi cassetti dei ministeri (pare 600 progetti vecchi e nuovi).

Per questo, nelle linee guida non c’è alcuna strategia, alcuna priorità, solo qualche grafico o schemino per le allodole, il tutto discusso dall’ineffabile CIAE (Comitato interministeriale per gli affari europei). Decisamente troppo poco per un Governo che ha deliberatamente scelto di lavorare da solo, senza coinvolgere per nulla il Parlamento nella stesura del Piano, Parlamento che, grazie alla sua struttura incardinata in Commissioni tematiche, avrebbe potuto indirizzare, velocizzare e qualificare il processo decisionale.

Conte ha deciso invece di ballare da solo, e quelli che vediamo sono i risultati: lentezza decisionale, improvvisazione, mancanza di una visione d’insieme del problema. In poche parole: mancanza di serietà e credibilità. Fuffa che più fuffa non si può.

Ma guardiamo il calendario delle scadenze che Conte dovrà affrontare nei prossimi mesi. Secondo la legge di contabilità nazionale, l’Esecutivo è tenuto a presentare, e far approvare entro il 27 settembre attraverso una risoluzione, la NADEF (Nota di Aggiornamento al DEF), che aggiorna le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica, in relazione alla maggiore affidabilità delle informazioni disponibili sull’andamento del quadro macroeconomico, relativamente al primo e secondo trimestre dell’anno, rispetto a quelle utilizzate per il Def di aprile. La NADEF è la madre del DPB (Documento Programmatico di Bilancio), documento che deve essere inviato entro il 15 ottobre alla Commissione Europea e all’Eurogruppo, affinché venga scrutinato dalle istituzioni comunitarie. Il DPB è poi utilizzato come base per la Legge di Bilancio, da approvare entro il 31 dicembre in Parlamento. Una volta presentato il DPB, e che questo è approvato dalle istituzioni europee, i saldi di bilancio e il discostamento calcolato secondo le regole di Maastricht (regola del deficit e del debito) non si possono più toccare, a meno di ricominciare tutto da capo.

La Legge di Bilancio, e questa è la vera notizia, al 15 ottobre, non potrà però contenere un solo euro dei 300 miliardi messi in campo dall’Europa.

Infatti, i fondi SURE non sono stati ancora quantificati e formalizzati dall’Esecutivo; i fondi BEI per le imprese, neanche a parlarne. E sul MES? Se continua il buio pesto nella maggioranza, certamente non si voterà in Parlamento l’utilizzo del Fondo Salva-Stati prima del 15 ottobre, e se non si voterà entro quella data, tali risorse non si potranno iscrivere nel DPB. Non si potranno iscrivere a bilancio neanche i 20 miliardi ponte del ReactUE, appunto perché Conte ha dichiarato che il Governo presenterà il PNRR solo a gennaio, e quindi fuori tempo massimo per poterli chiedere.

Insomma, la prossima Legge di Bilancio sarà nuda e cruda, finanziata solo ed esclusivamente con le risorse endogene del bilancio dello Stato (deficit e debito), senza poter accedere a nulla, come abbiamo visto, dei 300 miliardi messi a disposizione dall’Europa. Senza risorse comunitarie, il maggior deficit necessario a finanziare la Legge di Bilancio potrebbe ammontare ad altri 100 miliardi di euro, a patto, naturalmente, che la Commissione Europea conceda questa possibilità, visto l’incremento del deficit e del debito prodotto dagli altri 100 miliardi dei decreti approvati nella fase emergenziale del 2020.

La cosa che desta, però, più amarezza è che i 37 miliardi del Mes erano disponibili sin dalla scorsa tarda primavera e che, se il Governo li avesse chiesti subito, si sarebbero potuti inserire già nelle linee guida prima, nella Nadef poi ed, essendo contenuti nella Nadef, infine anche nel DPB, per essere approvati dalle istituzioni europee in tempo per essere iscritti nella Legge di Bilancio.

I 37 miliardi del Mes avrebbero potuto essere decisivi per settori sensibili come la sanità e la scuola, che necessitano da subito di interventi. Per questo, lo ripetiamo, appare demenziale, irresponsabile, criminale, giocare ancora sul dilemma ‘Mes sì’ ‘Mes no’, sapendo che questa impotenza rischia di affossare due settori cruciali, come appunto sanità e scuola, in maniera irreversibile.

Senza dimenticare che, alla prossima riunione dell’Ecofin, la riforma del trattato MES, prodromica al completamento dell’Unione bancaria europea, emergerà di nuovo, con l’Europa che metterà il Governo italiano di fronte ad un ultimatum: firmarlo subito oppure mettersi contro le principali cancellerie europee, Germania e Francia in testa, finendo così, a ragione, in un angolo. E se il MES da usare per le spese sanitarie è senza condizioni, quello strutturale di condizioni ne ha. Cosa farà la maggioranza giallorossa davanti alla prossima firma di questo fondamentale trattato?

E qui mi fermo, per rivolgermi direttamente al presidente Conte. Perché, presidente, Lei non può guidare l’Italia in questo modo, mentre la nostra economia, la nostra società, la nostra coesione sociale, le nostri istituzioni, sono al collasso. Abbiamo di fronte almeno tre stagioni da brivido: autunno, inverno e primavera, con il debito che andrà, a tutta velocità, oltre il 160,0% del Pil già nel 2020, con la perdita certa di un milione di posti di lavoro e con la chiusura di almeno il 30-40% delle nostre imprese. E con il vaccino che non opererà, in maniera decisiva, almeno fino alla prossima estate. Uno scenario catastrofico, dunque, a fronte del quale Lei presidente Conte, il suo Governo e la sua maggioranza (si fa per dire) parlate d’altro.

Tutti irresponsabilmente distanziati dalla realtà. Fino a quando?