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IL MIO EDITORIALE ALL’HUFFINGTON POST – CRIMINALE LO STATO D’EMERGENZA SENZA IL MES – Stiamo facendo pagare un costo insopportabile al nostro Paese, assestando un colpo mortale alla nostra salute, alla nostra economia e alla nostra società, violentate dai Dpcm

 

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È DA CRIMINALI RICORRERE A NUOVI STATI DI EMERGENZA SENZA AVER ATTIVATO IL PIANO SPERANZA ANTI-COVID FINANZIATO DAL MES

 

Siamo qui di nuovo a celebrare l’ennesimo inutile rito dell’aumento di deficit (chiamato scostamento di bilancio, in riferimento alla legge del 24/12/2012, n. 243, in merito alle disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art.81, sesto comma, della Costituzione), dopo i 100 miliardi già decisi (e non si sa ancora come e quanto spesi), e dopo che il Governo credeva, all’inizio della crisi, di cavarsela con soli 3,5 miliardi. Un errore di sottovalutazione madornale che è costato tempo prezioso. Errore che non è stato il solo.

Ma a prescindere dalla sottovalutazione iniziale, soltanto in parte giustificabile dall’eccezionalità e imprevedibilità della crisi, la prima domanda da porsi è sul come siano stati spesi i miliardi di deficit già stanziati e in cosa saranno spesi quelli futuri. Nei documenti della Nadef nulla, o molto poco, è detto a questo riguardo. Nulla si dice delle risorse del Mes, mentre si fa un generico riferimento a quelle del Recovery Fund prevedendone un primo modesto utilizzo attorno a 20 miliardi di euro nel 2021. Nessuna due diligence, nessuna analisi puntuale sull’efficacia ed efficienza delle centinaia di norme contenute nei quattro decreti legge di primavera-estate 2020. Nessuna valutazione del perché i 2/3 dei decreti attuativi dei decreti legge non siano stati ancora redatti, e di quale sia stato, ad oggi, il costo, in termini quali-quantitativi, della non piena attuazione delle norme decise (le categorie economico-sociali più colpite e con quali conseguenze). Il tempo è una variabile fondamentale per la sopravvivenza di famiglie e imprese.

Con una opacità del genere, come si fa a ricominciare, senza una giustificazione, senza un perché, “spudoratamente da impuniti”, il rito della Nota di Aggiornamento al DEF, dello scostamento di bilancio e della nuova Legge di Bilancio?

Siamo nel mezzo di una ripresa della crisi pandemica (seconda ondata? O coda della prima, con il peggio che deve ancora arrivare?), che rende già obsolete le stime macroeconomiche del Governo pubblicate solo pochi giorni fa nella Nadef. Siamo, per esempio, già certi che il Pil scenderà nel 2020 più del -9,0% previsto dal governo, quasi sicuramente a oltre il -10%, come previsto ieri dal Fondo Monetario Internazionale. Che l’effetto trascinamento negli anni successivi di questo dato negativo farà in modo che nel 2021 non si crescerà ai livelli sperati dal governo (rimbalzo) ma a tassi ben più contenuti. E che quindi, come conseguenza, i rapporti di finanza pubblica, deficit/Pil e debito/Pil, saranno ben più elevati di quanto stimato dall’Esecutivo, sempre nella Nadef, presentata in Parlamento solo pochi giorni fa.

In particolare, appare già utopistico pensare che in pochi anni il rapporto debito/Pil scenderà dall’attuale 160% al 150% (o giù di lì). La soglia del 160% diventerà il “new normal” dei prossimi anni. Con le relative conseguenze in termini di credibilità e sostenibilità della nostra finanza pubblica, dopo la fine della eccezionalità regolativa conseguente alla pandemia.

Proprio per queste ragioni, è opportuno che il governo chiarisca come vuole spendere queste maggiori risorse finanziarie che oggi chiede al Parlamento. Per spesa corrente o per spese in conto capitale?

Come sostiene giustamente l’economista Mario Baldassarri, la manovra proposta dal governo si basa su aumento di deficit e di debito pubblico per oltre 300 miliardi di euro, con un effetto previsto di impulso alla crescita del Pil che sarà però pari a circa soltanto lo 0,8% all’anno. Dobbiamo allora chiederci se questo maxi aumento di debito (in valore assoluto e nonostante la lieve riduzione in rapporto al Pil) sia sostenibile, o meglio ancora giustificabile, in relazione proprio ai ridotti effetti di impulso alla ripresa che si intende con questo perseguire. Rimettiamo cioè sulle spalle delle future generazioni un ulteriore carico di debito per incassare, in tre anni, qualche briciola di crescita in più. Considerando, inoltre, che nella Nadef si dice che gli investimenti, nel 2020, saranno pari soltanto a 45 miliardi (molto meno delle altre spese correnti) e sono destinati a salire di appena 3 miliardi nel 2021 e di 5 miliardi nel 2022: è questo l’imponente sforzo necessario per aumentare gli investimenti pubblici? Siamo al ridicolo masochistico.

Anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha criticato aspramente l’indirizzo del governo di voler risolvere la crisi da Covid-19 con l’eccessivo ricorso alla spesa in conto corrente, dimenticandosi di quella in conto capitale, allorché ha ricordato all’esecutivo che i bonus “non sono per sempre” e che il rischio è quello che l’Italia diventi sempre di più un “Sussidistan”, ovvero una economia drogata dallo statalismo di maniera e da un dirigismo economico che mette da parte i principi di libero mercato e concorrenza leale sui quali la comunità europea è fondata.

Statalismo incapace di contrastare il crollo causato dal doppio shock di domanda e offerta che ha prodotto effetti dirompenti sull’economia italiana e che ha portato il Paese indietro di 23 anni, con la perdita prevista di 410mila posti di lavoro nel 2020 e di 230mila nel 2021.

Sappiamo, inoltre, che i moltiplicatori fiscali di queste due tipologie di spesa (in conto corrente e in conto capitale) non sono infatti gli stessi: i secondi sono maggiori dei primi. Purtroppo però, anche per una questione legata all’emergenza, il Governo dovrà impiegare quasi tutte queste risorse in misure necessarie a tamponare la perdita di lavoro, la cassa integrazione, le nuove chiusure di interi settori dell’economia ad alta intensità di manodopera, tra i quali ristorazione, turismo e spettacolo, che rimarranno le vere vittime economiche della crisi. Verranno investiti miliardi di euro per sostenere i redditi. Misure necessarie, ma che purtroppo avranno un impatto pari a zero sull’economia nel medio e lungo periodo. Con il rischio che, una volta passata la crisi, l’Europa chiederà ai governi di rientrare sul sentiero di riduzione del debito e che quindi non solo non ci saranno più risorse per gli investimenti, ma si dovranno tagliare anche le risorse di parte corrente. Il nostro “new normal” al 160% diventerà insostenibile, da default.

Nell’incertezza legata agli sviluppi per l’istituzione del Recovery Fund comunitario, sperando almeno che nel Consiglio Europeo di domani i leader europei raggiungeranno un accordo, l’unica certezza dei fondi europei è legata al MES.

Trentasette miliardi di euro già disponibili, a rendimenti addirittura negativi, inferiori comunque a quelli dei nostri BTP, pronti da usare per sostenere investimenti in ospedali, scuole e trasporti relativi, nuovamente in difficoltà per l’acuirsi della crisi sanitaria (ampiamente prevedibile e prevista).

Sulla necessità di accedere ai fondi MES si è ancora espresso il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, il quale ha sostenuto che “nell’entusiasmo per i 209 miliardi dall’Europa, che si aggiungono i fondi del SURE e alle nuove linee di credito della Banca europea degli Investimenti, tende a svanire l’attenzione sul danno certo per il Paese se il Governo rinuncia al MES sanitario privo di condizionalità”. Un danno certo, quello di cui parla Bonomi, che si è già concretizzato non solo nella sanità e nella scuola, ma nell’intera economia.

Davanti a questa emergenza, le ideologie antieuropeiste del Movimento Cinque Stelle devono essere isolate.

Per colpa dell’insensato conflitto politico-ideologico all’interno della maggioranza, noi stiamo facendo pagare un costo insopportabile al nostro Paese, in termini di paura, di nuovi contagi, di morti, di mancati tamponi, di una mai risolta carenza dei posti letto nei reparti di terapia intensiva nei nostri ospedali, di colpo mortale alla nostra economia e alla nostra società, violentate dai DPCM.

Il combinato disposto di prolungamenti senza fine dello stato di emergenza con la rinuncia al Mes, necessario quest’ultimo a finanziare il Piano anti-Covid del bravo ministro della Salute Roberto Speranza, pronto ormai da oltre 4 mesi, non è solo stupido, ma è di una stupidità masochisticamente criminale.

Vedere ieri alla Camera tutta la maggioranza, ad eccezione degli imbarazzati renziani che non hanno partecipato al voto, assieme ai sovranisti e populisti di Meloni e del neo-liberale Salvini, votare no al Mes, uniti come un sol uomo, rappresentava uno spettacolo allucinante. Con il solito Claudio Borghi, già presidente leghista della commissione Bilancio, a dire trionfante e felice, in mezzo al caos, che con quel voto “di ricorso al Mes non se ne sarebbe più parlato”. Tanto sarebbe bastato fare tante belle aste di Btp da 37 miliardi di euro, da 100 o da 1.000 miliardi a costo zero. Ci sarebbe da ridere, se la gente non fosse in fila ai drive-in a fare tamponi; se non ci fosse la chiusura progressiva delle scuole in mancanza di test; e se non ci fosse l’incremento inarrestabile dei morti nei reparti di terapia intensiva.

A Borghi e Bagnai dico che il Quantitative Easing della BCE non durerà per sempre: sarebbe un errore tragico insistere ancora con questa insensata posizione. Arriverà un momento in cui le politiche monetarie si dovranno normalizzare e i rendimenti sui titoli di Stato degli Stati membri torneranno a livelli normali.

A quel punto, il rischio per un paese estremamente indebitato come l’Italia, è quello di una insostenibilità del suo debito pubblico. Questo avverrà se il Governo non coglierà l’opportunità di utilizzare i 300 miliardi stanziati per l’Italia dall’Europa per fare le riforme strutturali da sempre richieste e mai attuate negli ultimi decenni. Non più prevalenza della spesa corrente, non più bonus e mance come unica risposta, ma investimenti, infrastrutture, economia verde, digitale, più giustizia, più giustizia sociale, migliori scuole, più ricerca. A partire dal Mes subito.

Recovery sì, ma anche “resilienza trasformativa”. Per non essere più come prima, ma migliori di prima. In caso contrario, non ce lo perdoneremo. Non ce lo perdoneranno.