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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Huffington Post’): “La manovra è tutta da rifare. O si lavora assieme o Conte ballerà da solo verso il baratro”

 

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Con la ripresa della crisi da pandemia, la sessione di bilancio è già tutta da rifare e da riprogrammare. Complice la seconda ondata di contagi, che è stato irresponsabile non prevedere, il quadro macroeconomico rappresentato nella Nota di Aggiornamento al DEF di fine settembre appare già obsoleto, come da buttare è il Documento Programmatico di Bilancio inviato dal Governo alla Commissione Europea solo pochi giorni fa e, di conseguenza, da riscrivere completamente è anche la Legge di Bilancio per il 2021.

Il calo del Pil peggiore del previsto (il quarto trimestre avrà probabilmente segno negativo, con effetti di trascinamento anche nel 2021) produrrà sicuramente un aumento dei rapporti deficit/Pil e debito/Pil rispetto a quanto stimato dalla NADEF e contenuto nel DBP. Se a questo ci aggiungiamo l’aumento di deficit necessario per alleviare la crisi di famiglie e imprese per un secondo lockdown (sperabilmente più soft rispetto a quello di marzo), ecco allora che la finanza pubblica marcia inesorabilmente verso un rapporto deficit/Pil oltre l’11,0%, e un rapporto debito/Pil che raggiunge e supera il 160,0% per il 2020. Insomma, tutto sbagliato, tutto da rifare. Altro che rimbalzino di fine 2020 e rimbalzone del 2021.

Le risorse recentemente stanziate dal Governo, nonostante le continue rassicurazioni inviate dal ministro Gualtieri, è evidente, erano già insufficienti all’inizio della sessione di bilancio, ed oggi appaiono letteralmente ridicole. Impossibile, infatti, cavarsela soltanto con i 6,8 miliardi di euro di ineffabili “ristori” stanziati dall’ultimo decreto (salvo intese) in corso di revisione.

Una cifra, guarda caso, messa in campo apposta dal Governo per rientrare “a pelo” nel deficit programmatico previsto dalla Nadef. Con l’intento di non cambiare il tetto di indebitamento. Giochetto, questo, niente affatto lodevole, perché assomiglia tanto al mettere la polvere sotto il tappeto. Di miliardi, caro Gualtieri, ne servivano e ne serviranno di più, molti di più.

Proviamo qui a fare quattro conti sul retro di una busta. Ormai è certo, serviranno altri sostanziali discostamenti di deficit (con conseguente aumento del debito) da votare quanto prima in Parlamento. Ammesso che vengano utilizzate efficientemente tutte le risorse già stanziate con i 4 decreti anti-crisi, pari a 100 miliardi di euro, ed escludendo il gioco delle tre carte di usare occultamente quanto non speso per coprire i nuovi ristori, a conti fatti (che in realtà sono ancora in corso), occorreranno almeno altri 20 miliardi per il 2020, e ulteriori 30/40 miliardi per la prima metà del 2021, oltre ai 23 miliardi già votati come discostamento come previsto dal DPB, per il 2021. Il discostamento aggiuntivo dovrà essere quindi pari a circa 50/60 miliardi complessivi, quelli ragionevolmente necessari per affrontare un lockdown di tipo “soft”, se consideriamo che per quello “hard” della scorsa primavera sono serviti più di 100 miliardi. Per quel che vale, la media è pari a circa 10 miliardi al mese. I 6,8 miliardi di “ristoro” messi in campo dal Governo sembrano, dunque, un banale remake dei 3,5 miliardi che il ministro Gualtieri affermava essere sufficienti per affrontare, lo scorso marzo, la crisi. Sappiamo tutti com’è andata a finire.

Dopo i conti sulle risorse necessarie, come finanziare questo enorme extra deficit per affrontare l’attuale crisi e la sua coda nel 2021? Ci permettiamo di suggerire tre strategie.

Innanzitutto, occorre effettuare una attenta azione di efficientamento dei fondi già stanziati finora con i 4 decreti post crisi, pari a circa i soliti famosi 100 miliardi di euro. Per far questo, il Tesoro deve effettuare una attenta “due diligence” delle misure già adottate, in maniera da monitorarne il tiraggio, individuando le eventuali risorse rimaste realmente inutilizzate. Azione questa suggerita più volte al ministro Gualtieri, senza però alcun esito, se non quello di giocare sull’ambiguità e l’opacità.

Secondariamente, sarà necessario procedere, al più presto, come abbiamo detto, con l’approvazione in Parlamento di altri due discostamenti, uno per acquisire tutte le risorse aggiuntive necessarie per il 2020; l’altro per mettere in sicurezza il 2021, almeno fino all’estate, quando dovrebbero (ma il condizionale è purtroppo d’obbligo, visti i recenti sviluppi delle trattative comunitarie tra Parlamento e Consiglio) cominciare ad arrivare le prime tranche dei fondi del Next Generation UE.

La terza strategia consiste nel mobilitare tutte le risorse europee, a partire dai fondi MES (37 miliardi), BEI (circa 40 miliardi) e Sure (27 miliardi), con le loro caratteristiche e finalità. Di tutte queste risorse, ad oggi solo i 10 miliardi (dei 27 miliardi richiesti dall’Esecutivo per il fondo Sure) sono arrivati. Per quelli MES e BEI, ancora nessuna dichiarazione d’intenti da parte del Governo. Atteggiamento, questo, tanto masochistico quanto irresponsabile.

Tutto ciò premesso, caro presidente Conte, oggi è arrivato il momento della verità. O il tuo Governo e la tua maggioranza decidono, una volta per tutte, di definire un percorso di condivisione in Parlamento, chiedendo esplicitamente all’opposizione di collaborare alla sessione di bilancio, in tutte le sue fasi, da quella di stesura del nuovo DPB a quella della stessa Legge di Bilancio, istituendo un opportuno tavolo di lavoro nel quale concordare tutti i passaggi necessari, arrivando ad una approvazione del Consiglio dei Ministri di un testo già condiviso, oppure tu e il tuo Governo esplicitamente manifesterete la volontà di andare avanti da soli, come avete fatto finora.

È il momento di essere chiari, una volta per tutte. Tante chiacchere sono state dette da inizio pandemia, tanta retorica, fatti nessuno. Nessun coinvolgimento effettivo, a parte un paio di “conference call” col ministro Gualtieri e gli sherpa tecnici dell’opposizione, conference nelle quali il ministro Gualtieri in maniera un po’ distratta, e forse un po’ seccata per il tempo che stava perdendo, ci diceva genericamente quello che avrebbe fatto il giorno dopo.

Avevamo chiesto il doppio relatore per tutti i decreti. Neanche a parlarne. Avevamo chiesto la condivisione degli emendamenti principali. Nulla, briciole. L’opposizione, e lo dico come proponente di tutte queste iniziative, è sempre stata amaramente e irresponsabilmente presa in giro. Ora, l’abbiamo già detto, ma è bene ribadirlo, arriva il momento della verità.

Si tratta di fare un salto di qualità e di determinazione politica, salto accompagnato da opportuni percorsi tecnici. Ovvero, oltre a dire chiaramente che c’è bisogno della disponibilità di tutti, a partire dalle forze parlamentari di opposizione, l’Esecutivo, ascoltando pure le rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché nello specifico delle categorie più colpite dal secondo lockdown, si deve impegnare a tradurre in atti di Governo questo tipo di ascolto e di condivisione.

Fuori da questo sentiero, al di là dei magheggi lessicali, torneremmo alla sindrome di marzo, quando Conte con il suo Governo, di volta in volta, amava esibirsi in tutta la sua retorica, inadeguatezza, irresponsabilità e arroganza, giocando sulla paura e sull’erogazione a pioggia di tanti inutili sussidi.

Si tratta, lo ripetiamo, di decidere una volta per tutte: o si lavora insieme, come ci chiede da sempre il presidente della Repubblica Mattarella, senza se e senza ma, senza trucchi e senza inganni, alla Legge di Bilancio, con i relativi nuovi discostamenti, per mettere in sicurezza il Paese e per dialogare con l’Europa, per una coerente e credibile strategia di recovery, oppure Governo e maggioranza (si fa per dire) ballino pure da soli verso il baratro. Noi opposizione, questo è certo, presidente Conte, non accetteremo altre prese in giro.