Socialize

R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Huffington Post’): “Pandenomics. Una politica economica per salvare le imprese italiane”

 

foto-huffington-post

 

LEGGI IL MIO EDITORIALE

 

Anche se siamo arrivati quasi ad un punto di non ritorno nella caotica gestione economica della crisi pandemica che ha colpito l’Italia, ci permettiamo di dare, in extremis, dei consigli non richiesti al Governo Conte, nella speranza che, finalmente, sulla questione dei risarcimenti alle imprese costrette alla chiusura, si agisca una volta per tutte secondo criteri di efficienza, efficacia, equità e tempestività con una visione strategica di medio e lungo periodo. Nella consapevolezza che salvando il mondo delle imprese, tutte, si salva l’Italia.

Innanzitutto, sarebbe importante partire da una non secondaria, quanto sottovalutata questione terminologica. Il Governo, infatti, continua ad utilizzare indistintamente i termini “ristori” e “indennizzi”, mentre sarebbe il caso che ammettesse che, ai titolari delle attività oggetto di chiusura, di diritto o di fatto, competono dei veri e propri risarcimenti. Non è solo una questione semantica. Dal punto di vista strettamente tecnico-giuridico, infatti, l’“indennizzo” si differenzia dal “risarcimento” poiché quest’ultimo è un “ristoro” del danno subito da terzi, per responsabilità “contrattuale” o “extracontrattuale”. Il “risarcimento”, pertanto, si codifica un “quantum” dovuto da un terzo per un danno derivante da responsabilità di altri. L’“indennizzo”, viceversa, è adoperato con riferimento alla somma, prestabilita contrattualmente, dovuta in virtù della sottoscrizione di una polizza privata stipulata dal singolo a garanzia di un rischio (infortuni, malattie, furto, incendio, scoppio etc.), ovvero di una assicurazione “sociale”, quali quelle prestate da Enti come l’I.N.P.S. o l’I.N.AI.L., che intervengono ad “indennizzare”, con una somma scaturente da un sistema di calcolo prestabilito, la vittima di un danno accidentale”.

 

Così come ha fatto la scorsa primavera, il Governo vorrebbe, con i “decreti Ristori” appena emanati, comportarsi, con i titolari delle attività obbligate a chiudere, come la compagnia di assicurazione che indennizza, nei limiti dei “massimali” un danno subito. Questa volta, però, non funziona: troppo comodo e troppo facile. Nei confronti delle suddette imprese chiuse o limitate nella loro attività, il Governo non è, infatti, assimilabile all’assicuratore che può limitarsi a indennizzare; ma è il soggetto che ha di fatto causato il danno che ora dovrebbe risarcire, proprio perché non è stato in grado di prevederlo, così da evitarlo o limitarne le conseguenze.

Non siamo più, infatti, come nella scorsa primavera, in presenza di un lockdown generalizzato che chiudeva tutto, tranne le attività essenziali espressamente elencate, ma di una situazione, con la seconda ondata COVID, in cui tutto all’apparenza rimane aperto, tranne le attività che il Governo ha deciso insindacabilmente (ancorché su parere del CTS) di chiudere a causa della sua incapacità di gestione della crisi. Decisioni mirate, dunque, del tutto opinabili, selettive, causate, per così dire, da inefficienza colposa, non effetti indiretti di un evento imprevedibile. A noi pare che sia, quindi, tempo di risarcimenti e non di indennizzi, né tantomeno di ridicoli ristori.

Ancora una volta, invece, stiamo pagando a caro prezzo l’assoluta incapacità del Governo di affrontare una crisi che sarebbe già durissima anche con la più previdente ed efficiente delle leadership, figuriamoci con una guida che, purtroppo, si rivela giorno dopo giorno sempre più improvvisata ed indecisa a tutto.

L’unica cosa che si sarebbe dovuta fare al concretizzarsi della seconda ondata pandemica, era valutare immediatamente l’entità globale delle risorse necessarie per farvi fronte, al fine di decidere lo scostamento di bilancio necessario per attribuire da subito una cospicua e congrua dotazione finanziaria agli interventi risarcitori, di volta in volta attivabile con semplice decreto del Ministero dell’Economia e Finanze all’ampliarsi settoriale e temporale delle restrizioni, così da rendere operativo un quadro di aiuti certo, chiaro, omogeneo ed equo per tutte le categorie interessate e per tutto il territorio nazionale. Una sorta di Temporary Framework italiano, coerente con gli spazi di azione concessi da quello europeo. Una “cassaintegrazione” per le imprese a geometria variabile, come un pilota automatico rispondente a precisi criteri risarcitori e compensativi.

Nulla di tutto questo è purtroppo stato previsto, nei lunghi mesi estivi di tregua. Nulla: un vero e proprio scandalo che dovrebbe far arrossire in primo luogo il Ministro dell’Economia, nonostante tutti i bravi tecnici che al MEF lo circondano.

Detto in altri termini, scegliere di passare da una strategia di lockdown su scala nazionale, a misure di restrizione di intensità variabile su base regionale o locale (il famoso “tricolore”, rosso-arancione-giallo, come simboli di intensità), può anche essere considerata come una iniziativa corretta e legittima, ma, per poter essere considerata al rango di strategia, avrebbe dovuto accompagnarci alla messa in cantiere di un insieme di misure di intervento automatico pronte a scattare all’occorrenza, con ampiezze quantitative, soggettive e oggettive anch’esse variabili a seconda della classificazione delle aree in termini di rischio sanitario e di conseguenti restrizioni applicate, con meccanismi appunto automatici di risarcimento rispetto ai danni subiti dalle attività economiche.

Se il Ministro Gualtieri e il Presidente del Consiglio Conte pensano di affrontare le prossime settimane con “decretini ristori”, uno dopo l’altro, inseguendo il mutare dell’emergenza a macchia d’olio, alla fine spenderemo cifre enormi in maniera inefficace, moltiplicando le iniquità, le disparità e, quindi, anche i conflitti all’interno della società italiana. Più incertezza, più inefficienza, più costi, in una spirale senza fine.

Si può però evitare di rendere ancora più devastanti gli effetti di questa colpevole confusione mentale da parte del Governo facendo almeno ora quello che si sarebbe dovuto fare a fine agosto: predisporre un unico decreto cornice dei risarcimenti attivabili al ricorrere delle condizioni associate al rischio sanitario; provvedimento chiaro, sistematico e uguale per tutti coloro che si dovessero ritrovare, chi prima, chi dopo, nelle stesse condizioni di sofferenza economica.

Questo Temporary Framework degli aiuti di Stato italiano dovrebbe avere come orizzonte temporale il 30 giugno 2021, come consentito dal quarto emendamento al Temporary Framework della Commissione UE sugli aiuti di Stato, in vigore dallo scorso 13 ottobre.

Sulla base di questo quadro temporaneo cornice, andrebbe deliberato immediatamente un piano di scostamenti di bilancio complessivi per almeno 50 miliardi di euro (20 per gli ultimi mesi di quest’anno e almeno 30 per il prossimo semestre 2021) in grado di dare la misura del “whatever it takes” dell’Italia per l’Italia. 50 miliardi prudenziali, in maniera da mettere “fieno in cascina”, tutto e subito.

Queste misure dovrebbero prevedere, così come in Germania, una significativa percentuale di risarcimento ai costi fissi delle imprese, con regole uguali per tutti. Ricordiamo che i costi fissi sono quella componente di oneri aziendali che non dipendono dal livello di produzione, e che quindi le imprese non possono evitare di sostenere, a prescindere dal fatto che producano o meno: si tratta di affitti, canoni di leasing, spese di consulenza, spese di sanificazione, tasse sulla proprietà, bollette energetiche, etc. Insomma tutti i costi fissi.

Significativa non vuole dire dal 10% al 40%, come sta avvenendo negli ultimi decreti sul fronte dei contributi a fondo perduto per i cali di fatturato, vergognosamente ribattezzati in questa occasione come contributi dal 100% al 200%, con un imbroglio lessicale in quanto riferito al Decreto Rilancio di aprile e non alle reali esigenze di oggi.

A nostro avviso, significativa vorrebbe dire dal 70% sino, per le micro-imprese, al 90%, per le imprese che hanno subito un calo di fatturato di almeno il 30% nell’ultimo anno, come previsto appunto dal quarto emendamento al Temporary Framework. È stata la stessa Europa a concedere questa possibilità. Perché non sfruttarla pienamente?

 

È grazie alla copertura dei costi fissi che si garantisce la sopravvivenza all’impresa, fino a quando non si ritorna ad una accettabile normalità. Ed è chiaro che la struttura dei costi fissi e il calo del fatturato non sono uguali per tutti i settori. Una impresa petrolifera, tanto per fare un esempio, ha ovviamente una struttura di costi fissi nettamente diversa da quella di una società di servizi. Andrebbe dunque messo in piedi uno studio preciso relativo all’incidenza delle chiusure previste sui bilanci delle imprese, per i risarcimenti in funzione della perdita effettiva, e non presunta, subita dai vari comparti. Certamente, questa operazione si può fare in tempi brevi, ci sono già tutti i database disponibili e smettendo di procedere caoticamente come il Governo sta facendo ora. L’Agenzia delle Entrate e la Sose sono assolutamente in grado di fare tutto ciò, così da risarcire tutti su una base oggettiva.

Il meccanismo di compensazione dovrà prevedere, dunque, una erogazione immediata che costituisca una sorta di acconto, fermo restando che poi conteranno i dati effettivi dei costi fissi effettivamente sostenuti in relazione ai periodi di restrizione delle attività, periodi per i quali si potrà dare luogo a ulteriori risarcimenti a saldo, ove maggiori, così come a una parziale restituzione, ove inferiori. Insomma, un meccanismo automatico e flessibile, con parametri certi.

Senza questa capacità di pianificare, sistematizzare e coniugare celerità con equità, non c’è futuro per l’economia del nostro Paese in tempo di pandemia.

È chiaro a tutti che con la deriva in atto andremo presto a sbattere contro il muro di un caos inestricabile, fatto di decreti e decretini sempre tardivi e all’inseguimento di una situazione che nel frattempo è già mutata. Chiediamo dunque al Governo di fermarsi, di venire in Parlamento e di cambiare completamente modus operandi. L’occasione è la riscrittura della Legge di Bilancio, l’acquisizione di tutte le risorse europee (SURE, BEI e MES), pari a poco meno di 100 miliardi; la definizione immediata dei nuovi scostamenti di bilancio (visto l’esaurimento dei margini previsti dall’ultima NADEF), e l’aggancio alla strategia programmatica del Recovery Fund, come previsto dal Next Generation UE, il tutto in un clima di coesione nazionale, e di condivisione politico-parlamentare tra maggioranza e opposizione. Altra strada non c’è.

L’obiettivo è la salvezza delle nostre imprese e con le nostre imprese la salvezza del Paese. Crisi pandemica e crisi economica sono due facce della stessa medaglia. O si affrontano insieme con la stessa intelligenza e determinazione, in una prospettiva di risarcimento e sviluppo, o per noi non c’è più futuro.