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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Huffington Post’): “VERSO UNA CRESCITA PROSSIMA ALLO ZERO NEL 2021 – Per fronteggiare questo scenario avverso, il Governo avrebbe a disposizione le ingenti risorse europee. Ma il condizionale è d’obbligo”

 

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ALMANACCHI, ALMANACCHI NUOVI, LUNARI NUOVI, ABBISOGNANO SIGNORI ALMANACCHI?

 

Almanacchi, almanacchi nuovi, lunari nuovi, abbisognano signori almanacchi? Fino allo scorso dicembre, i maggiori istituti di previsione economica erano quasi tutti concordi nel ritenere che l’economia italiana sarebbe riuscita a resistere alla disastrosa pandemia da Covid un po’ meglio di quanto si prospettasse nel pieno dell’emergenza.

Le previsioni per il calo del Pil 2020, inizialmente ipotizzate a doppia cifra, erano gradualmente migliorate nel corso del secondo semestre, quando l’economia in generale, e in particolare l’industria, avevano mostrato una capacità di resistenza alla recessione più forte delle attese. A inizio dicembre scorso, per esempio, la Banca d’Italia aveva ridotto la sua stima relativa al calo del Pil nel 2020 al -9,0%, dalla precedente di -9,5% di luglio, nonostante avesse spostato di alcuni mesi la ripresa nel 2021, prevedendo un Pil in salita del solo +3,5%, contro la precedente previsione del +4,8%. La Banca d’Italia spiegava anche, tuttavia, che la crescita 2021 era subordinata al realizzarsi di condizioni economiche esterne ed interne, come il miglioramento dello scenario del commercio mondiale, la soluzione della pandemia e l’assenza di tensioni sui mercati finanziari. In assenza di queste condizioni, la crescita sarebbe scesa vicina allo zero.

Purtroppo, è successo poi che, nello stesso mese di dicembre, i dati sulla pandemia peggiorassero, con i virologi a paventare il rischio di una “terza ondata”, acuita da varianti del virus, provenienti da altri paesi. Tale timore (suffragato dai dati sugli incrementi pandemici) ha immediatamente portato il Governo ad introdurre nuovi divieti e lockdown per le festività natalizie ed oltre, esattamente nel periodo in cui i consumi toccano il loro massimo livello. Con questo provocando, di riflesso, enormi perdite economiche a imprese e commercio, con il corollario di dover varare ulteriori e ingenti ristori. Il mese di dicembre ha, quindi, contribuito a peggiorare i dati macroeconomici, tanto che anche il quarto trimestre 2020 finirà molto probabilmente con il segno meno davanti, e che l’intero 2020 si possa archiviare con una perdita vicina, se non superiore, alla doppia cifra.

In tutte queste previsioni, tuttavia, si scontava un certo ottimismo circa il miglioramento della situazione sanitaria dell’anno in corso, a partire dalla credenza che non ci potesse essere una terza ondata e che il piano di vaccinazione procedesse speditamente secondo le intenzioni del Governo. Due condizioni che, come stiamo osservando proprio in questi giorni, non si stanno purtroppo realizzando. Stante questa situazione peggiorativa, i dati macroeconomici, in sintesi, dovranno essere ulteriormente rivisti al ribasso. E il rischio, molto concreto, è quello che in questo 2021 la crescita del Pil sia davvero prossima allo zero. Con tutte le conseguenze negative anche sulla finanza pubblica, in particolare su deficit e debito.

L’allarme sul deficit è stato lanciato lo scorso 7 gennaio dalla Banca Centrale Europea, che nel suo Bollettino ha scritto che l’Italia, assieme a Spagna, Francia e Slovacchia, registrerà nel 2021 i disavanzi “più elevati” nell’Eurozona, con percentuali superiori al 7,5% del Pil. Un valore molto alto, che arriverebbe subito dopo quello monstre del 2020, stimato da Prometeia attorno all’11,0% e frutto dei circa 100 miliardi di extra deficit che il Governo ha dovuto stanziare con continui scostamenti di bilancio lungo tutto il corso dell’anno. Secondo le stime della Mazziero Research di dicembre, inoltre, il rapporto debito/Pil 2020 dovrebbe attestarsi al 162,5%, nuovo record storico per il nostro Paese, con uno stock di debito che a metà del 2021 dovrebbe lievitare alla cifra di circa 2.700 miliardi di euro, altro (poco invidiabile) record storico.

Il rischio è quello che, questa volta, le agenzie di rating, che a fine anno scorso hanno graziato l’Italia, evitando di declassarla a livello “junk” (spazzatura), con tutte le conseguenze del caso in termini di possibilità di finanziamento sul mercato dei bond sovrani, cambino atteggiamento nelle loro prossime pagelle di primavera. E sarebbero guai per la sostenibilità del nostro debito pubblico. Per fronteggiare questo scenario avverso, il Governo italiano, come sappiamo, ha a disposizione le ingenti risorse finanziarie messe in campo dall’Unione Europea nel semestre scorso, basate sui 4 pilastri finanziari del Next Generation UE Fund, del SURE, del MES e dei fondi BEI, che in dote potrebbero portare al nostro Paese complessivamente circa 300 miliardi di euro. Solo dal Next Generation UE Fund, per esempio, potrebbero arrivare ben 209 miliardi, suddivisi tra contributi a fondo perduto (grants) e prestiti a tassi prossimi allo zero (loans). Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo, perché in realtà, per capire esattamente la ripartizione delle risorse tra i vari Stati Membri, occorrerà attendere la pubblicazione del Regolamento ufficiale del Recovery and Resilience Facility (RRF), accompagnato da quello sulle Risorse Proprie, alla quale stesura stanno lavorando in questi giorni i “colegislatori” europei (Parlamento e Consiglio), approvazione finale prevista per la metà del prossimo febbraio. Soltanto con quel regolamento sapremo, quindi, esattamente le regole di funzionamento della “facility” e della conseguente ripartizione delle sue risorse. Siccome, poi, quel regolamento dovrà essere votato al Parlamento UE, si capirà quali componenti politiche saranno favorevoli o contrarie alle risorse europee: o con l’Europa, o contro l’Europa. E questa scelta non potrà non essere significativa anche a livello di Parlamento italiano e della conseguente maggioranza di Governo.

Proprio su questo punto, infatti, occorre essere chiari: è del tutto necessario che il nostro Governo approvi al più presto il Piano Nazionale di Riforme e Resilienza (PNRR), in maniera da averlo pronto per l’invio alla Commissione Europea, dopo l’opportuno e approfondito passaggio parlamentare. È altrettanto vero, però, che fin quando non si sapranno con certezza le regole definitive, il PNRR non può che essere considerato che una semplice bozza, anche se di livello avanzato. In sintesi, sono gli stessi tempi tecnici della UE che non consentono ancora a nessun Paese membro di sapere con esattezza i dettagli del Recovery and Resilience Facility. Ed è altrettanto necessario che il PNRR approdi in Parlamento, per essere valutato e migliorato, auspicabilmente in maniera bipartisan, maggioranza e opposizione, così che diventi non tanto il piano del Governo e della sua maggioranza (se ancora esiste), quanto il piano dell’Italia, da presentare all’Europa.

Un piano e un iter politico-parlamentare, dunque, da sincronizzare con le tempistiche e le regole europee, approvati e voluti auspicabilmente dalla stessa “maggioranza Ursula” che ha voluto e votato le regole del Recovery in Europa. Perché, lo ricordiamo ancora una volta, non ci può essere un PNRR slegato dalle condizioni, dai vincoli, dalle regole comunitarie, o dagli obiettivi di policy concordati in sede europea. Per questa ragione, Governo e Parlamento, hanno ancora quindi un mese di tempo in cui mettere a punto il documento, con una maggioranza di approvazione la più ampia possibile. Di quanto sta succedendo in Italia da settimane e dei masochistici venti di crisi si è accorta anche la stampa internazionale. Il Financial Times, ha scritto a chiare lettere che “Il bel mezzo di una pandemia globale e di una brutale recessione potrebbe non sembrare il momento più opportuno per provare a far cadere il governo. A meno che tu non sia Matteo Renzi”. Il periodico tedesco Handelsblatt, che scrive di economia e finanza, ha definitivo Matteo Renzi come “il disturbatore d’Italia” e che “Renzi gioca col fuoco”. Nel pezzo si scrive che: “Con le sue minacce e i suoi ultimatum, il 45enne potrebbe portare il suo Paese alle urne in mezzo a una pandemia che continua a fare più di 300 vittime al giorno”. Anche il quotidiano Die Welt non è andato per il sottile con l’ex Presidente del Consiglio, chiedendosi: “L’Italia ha bisogno di un nuovo Governo nel bel mezzo della peggiore crisi degli ultimi decenni?”. Il fatto che la nota testata economica utilizzi parole così dure sul leader di Italia Viva la dice tutta sulla preoccupazione del mondo tedesco, a partire dalla cancelliera Angela Merkel – che ha investito tutto il suo capitale politico per far raggiungere l’accordo europeo – circa il modo in cui l’Italia possa affrontare il processo di gestione dei fondi comunitari del NGUE, dei quali la Germania, che lo si voglia o meno, è la prima contribuente.

Che altro da aggiungere? La domanda che tutti si pongono in queste ore, anche e soprattutto in Italia, è che senso possa avere una crisi di Governo in questo momento, con l’inevitabile conseguenza di bloccare, da un lato, il nuovo scostamento di bilancio previsto per circa 25 miliardi, a completamento dei Ristori concessi alle categorie danneggiate dalla seconda ondata della pandemia, e per il finanziamento degli ammortizzatori sociali verso il lavoro e le imprese, e, dall’altro, di bloccare il processo di perfezionamento del PNRR, tanto nella sua approvazione, quanto nel suo passaggio parlamentare, con il relativo mancato invio a Bruxelles, senza poi poter accedere alla conseguente erogazione degli anticipi, pari a circa 27 miliardi di euro.

Facendo quattro conti sul retro di una busta, il nuovo scostamento con relativi ristori, e gli anticipi europei sul Recovery, potrebbero fornire subito al nostro Paese entro febbraio in dote circa 50 miliardi di euro, fondamentali per il nostro Paese (per reggere dal punto di vista economico e sociale, oltreché sanitario) fino a primavera inoltrata, quando verosimilmente cominceranno a farsi sentire positivamente i primi effetti di immunizzazione del piano vaccinazioni, con relativi allentamenti dei vincoli alla mobilità delle persone. Insomma, quelli che abbiamo davanti sono mesi delicatissimi, in cui si decide letteralmente la vita e il futuro del nostro Paese. Dipende da noi scegliere l’almanacco migliore. “Tempi cattivi, tempi travagliati, dicono tutti. Viviamo bene e i tempi saranno buoni. I tempi siamo noi”. Sant’Agostino.