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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Huffington Post’): “CAMBIARE GIOCO, UN’AGENDA DI 100 GIORNI PER SALVARE IL PAESE – Siamo in pieno “stallo alla messicana”, occorre creare subito le condizioni per una “exit strategy”

 

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Noi continuiamo a dirlo: occorre cambiare gioco. Mettere prima di tutto la salvezza del Paese e solo dopo l’assetto politico e istituzionale del nuovo Governo e della nuova maggioranza.

Lo sterile gioco realizzato finora non porta da nessuna parte. Il Paese si trova da tempo in quello che viene definito dalla teoria economica come lo “stallo messicano”, ovvero una situazione in cui sempre più soggetti, o “giocatori”, si minacciano l’un l’altro, alzando continuamente il livello dello scontro, senza alcuna via d’uscita, senza che nessuno abbia la forza, la volontà, la determinazione di sparare davvero, perché in caso contrario, ne risulterebbe una carneficina, che nessuno vuole. Lo stallo “alla messicana” è, quindi, uno scontro in cui non esiste alcuna strategia che consenta ad alcuno di vincere, e di conseguenza, è comunemente accettato che tutti vincano se non si spara. Ma affinché tutti vincano è necessario che tutti facciano un passo indietro, la desistenza, nonostante le urla, le minacce, gli ultimatum, le facce feroci. Per questo occorre, al più presto, cambiare gioco. Ovvero creare le condizioni per una “exit strategy”, tramite la definizione di un’agenda credibile, condivisa, che inverta i termini della questione: prima gli italiani, prima la salvezza del Paese, con un orizzonte ben definito, perché il tempo, in questo tipo di strategie, è una variabile cruciale. Definire un’agenda significa, infatti, nella teoria economica, scrivere un piano impegnativo con i passi da compiere, con l’indicazione degli attori, i tempi e le risorse finanziarie e politiche necessarie. Stabilire “chi fa che cosa”, ovvero come i vari protagonisti si devono comportare e cosa devono fare esattamente perché la strategia vada a buon fine. Ogni “giocatore” deve fare la sua parte al momento giusto, facendo la cosa giusta. Nel nostro caso, in termini di qualità del Governo, sul modello di governance, sulla composizione della maggioranza e sulla leadership.

Occorre, cioè, che tutti facciano un passo di lato e ragionino solo in termini di agenda, sul cosa serva al Paese, sui precisi trade-off che ciascuno dei protagonisti è disposto a concedere a tutti gli altri. L’obiettivo è il bene comune.

Proponiamo un’agenda di cento giorni per mettere in sicurezza e salvare il Paese: partendo proprio dalla scelta dell’agenda e del timing di attuazione della stessa si risolve anche il problema della governance. Con chi ci sta. Con chi abbandona l’inutile stallo messicano e ricomincia invece a rimettersi in sintonia con quello che chiedono gli italiani.

La crisi di Governo in atto si è manifestata, da un punto di vista strettamente fenomenico, per l’incapacità di questo Esecutivo giallorosso di presentare un credibile Piano Nazionale di Resilienza e Riforma nei tempi e nei modi stabiliti dal nuovo Regolamento RRF dell’Unione Europea, incapacità che rischia di costare molto cara all’Italia. Dopo l’avvertimento lanciato la scorsa settimana dal Commissario europeo agli Affari finanziari Paolo Gentiloni e dal vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis sul rischioso ritardo della presentazione del PNRR dell’Italia, nei giorni scorsi è arrivata anche una nota da parte dell’agenzia di rating Moody’s, che ci informa con chiarezza e durezza di un possibile rischio “downgrade” sovrano dell’Italia in caso di stallo politico continuato.

Senza contare che, come conseguenza di questo caotico stallo, già lo scorso venerdì lo spread ha cominciato a rialzare la testa, salendo ai massimi degli ultimi due mesi, con la Borsa di Milano a subire pesanti perdite.

«Una maggioranza più fragile intensifica le sfide post-pandemiche» ha scritto Moody’s nel suo report. Come a voler dire che un Governo senza una maggioranza assoluta non è reputato in grado di venire incontro alle esigenze e alle sfide che attendono l’economia e la società italiane.

«Mentre le elezioni anticipate sono improbabili – scrive infatti Moody’s – questo Governo indebolito deve far fronte a imponenti sfide sia nel gestire l’attuale fase della pandemia che nell’assicurare un utilizzo efficace e tempestivo dei finanziamenti del Recovery Fund, che sono cruciali per migliorare il basso potenziale di crescita dell’Italia».

Gli analisti di Moody’s sono inoltre preoccupati di come il Governo in carica potrà gestire i fondi del Next Generation UE. «Queste somme sono significative, pari a oltre 5 anni di investimenti pubblici – si legge nel rapporto – e dovrebbero aumentare la crescita economica del Paese se spese in maniera produttiva». Un chiaro riferimento alle riforme strutturali da sempre richieste dalla Commissione Europea e mai realizzate dal nostro Paese, il quale deve anche affrontare il problema della governance, altro motivo di discussione politica tra le varie componenti della maggioranza. Senza contare le problematiche legate alla fase esecutiva dei progetti, considerando che «il tasso di assorbimento dei fondi strutturali della Ue da parte dell’Italia è debole».

Come conseguenza degli avvertimenti di Moody’s, nel caso l’Italia non trovasse presto una maggioranza stabile, in grado di garantire i numeri almeno fino all’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, il rischio è quindi quello di un giudizio negativo da parte dei mercati finanziari e delle agenzie di rating. In caso di downgrade del nostro debito pubblico a livello “junk” (spazzatura), il rischio per il nostro Paese sarebbe quello di non riuscire a finanziarsi sui mercati: nello stallo messicano, i mercati sancirebbero il game over, con buona pace dei giochi e giochetti degli inutili e ridicoli duellanti.

Per questo motivo, noi ribadiamo ancora una volta, la necessità di trovare un accordo per un’agenda di salvezza nazionale da realizzare nei prossimi 100 giorni, con il primo obiettivo di mettere in campo un nuovo Piano per i vaccini per raggiungere l’immunità di gregge, entro aprile, come sta facendo lo Stato di Israele; una volta definito il nuovo Piano vaccini, tutto il resto deriverà di conseguenza, così che il Governo possa scrivere un nuovo decreto Ristori da 32 miliardi di euro, non più e non solo per compensare le imprese per le perdite subite dalle chiusure, ma per finanziare la riapertura delle attività e la ripresa dell’economia. Con il cromatismo territoriale del nostro Paese, correlato alle vaccinazioni effettuate, e non più ai tamponi: quanto più si vaccina, tanto più si riapre. Un cambio di paradigma. Dai disperati lockdown, al tornare a vivere.

Occorre, infine, come terzo punto dell’agenda dei 100 giorni, che il Governo riscriva il PNRR, nel rispetto delle regole europee e inserendo le riforme strutturali che il Paese da tempo deve realizzare: pubblica amministrazione, giustizia, lavoro, infrastrutture, tasse. Solo con questo pacchetto di riforme da inserire nel nostro PNRR e da presentare contemporaneamente alle Camere saremo credibili, nei confronti degli italiani, dell’Europa e dei mercati. Se si riuscisse a trovare l’accordo tanto sui contenuti quanto sul timing di questa agenda, necessariamente l’intendenza dovrà seguire, ovvero si materializzerebbe immediatamente la maggioranza (la più larga possibile) per governare il Paese. Fuori da questo metodo, da questa agenda e timing, un piano di vaccinazione indeterminato non servirebbe a nulla, sarebbero buttati i 32 miliardi come sono stati buttati i precedenti oltre 100, e non saremo in grado di approvare il PNRR entro aprile, termine indicato dalla Commissione per avere accesso agli anticipi e ai fondi europei. Non ha senso discutere di PNRR, lo ripetiamo, senza aver definito contenuti e tempi delle riforme di cui ha bisogno il Paese e che l’Europa ci chiede da sempre, come non ha senso fare altro deficit e altro debito. Tutto si tiene: un’agenda di 100 giorni per salvare il Paese.

La strada maestra per uscire dall’insopportabile stallo messicano della politica italiana è una sola: rimettere alla saggezza politica e all’autorevolezza istituzionale del Capo dello Stato l’indicazione della soluzione della crisi, nella prospettiva di un nuovo Governo che rappresenti l’unità sostanziale del Paese in un momento di assoluta emergenza nazionale per fare le cose che servono. Oppure restituire la parola agli elettori. Altra soluzione non c’è.