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R.BRUNETTA (Intervista a ‘Il Messaggero’): “Con la riforma della Pa subito 25 miliardi dalla Ue”

 

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In sottofondo un rumore metallico. «Non ci faccia caso», esordisce Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, «sto potando le rose sfiorite perché ricrescano». Il giorno dopo l’approvazione in consiglio dei ministri della terza riforma che porta la sua firma in questa legislatura, quella sul reclutamento nella pubblica amministrazione, il ministro si gode un sabato pomeriggio di riposo. «Vorrei partire da una considerazione che nessuno ha ancora fatto», dice anticipando qualsiasi domanda.

 

Quale?

«Negli ultimi giorni abbiamo approvato tre decreti che sono, come li definisco io, i tre pilastri del Recovery: la governance, le semplificazioni e il reclutamento. Questi tre decreti ci aprono non solo la cassaforte dei soldi perché ci permetteranno di ricevere tra luglio e agosto i primi 25 miliardi del piano europeo, ma soprattutto ci aprono la cassaforte della credibilità».

 

La cassaforte della credibilità?

«Sì, perché abbiamo rispettato i tempi dettati dall’Unione europea per le prime tre riforme. E se l’Italia parte con il piede giusto ed è credibile nel fare le riforme e nello spendere i 200 e oltre miliardi del Recovery, riuscirà da subito ad attirare investimenti privati ed esteri con un moltiplicatore di 4 o 5 volte i fondi europei. Significa che in 5 anni avremo un impatto di mille miliardi. Più di quanto ha fatto il piano Marshall. Niente, per attirare gli investimenti, ha più successo del successo».

 

L’economia, dicono Istat, Ue, Bankitalia, sta già andando meglio del previsto?

«Siamo in un boom economico senza aver ancora speso un euro del Pnrr. Per ora si tratta di un rimbalzo. Ma questo rimbalzo arriva in quella che potrebbe definirsi la fase di start up del Recovery. Su questo rimbalzo si innesteranno le riforme e gli investimenti previsti dal piano che faranno da acceleratore. Prevedo che non solo quest’anno, ma anche il prossimo cresceremo attorno al 5%. Sarà un segnale fortissimo verso l’esterno, per il mercato privato, che moltiplicherà gli investimenti consegnandoci ritmi di crescita sconosciuti negli anni recenti».

 

Senta, intanto dei tre pilastri la riforma del reclutamento, è stata rimandata per giorni per gli appetiti di assunzioni dei ministeri frenati, si è detto, direttamente da Draghi?

«La resistenza non è venuta dai ministeri».

 

Da chi allora?

«Dai mondi della conservazione, dalla burocrazia. Sono un po’ come i mandarini cinesi. E badi bene, non uso questo termine in senso dispregiativo. Per secoli sono stati grandi saggi che hanno tenuto insieme la Cina, ma poi hanno perso la sfida con la modernità. Da noi c’è lo stesso rischio».

 

Nel decreto c’è una norma che apre agli esterni le porte dell’alta dirigenza pubblica. Avete rotto un tabù?

«La riserva del 50% dei posti da dirigente di prima fascia ai concorsi esterni è una norma che avevo già inserito nella riforma del 2009. Poi è stata disattivata. Alla Commissione europea è piaciuta molto, ci hanno chiesto di riproporla».

 

Per i funzionari, invece, si apre la strada delle carriere interne?

«Il sistema era anacronistico. Un bravissimo funzionario per passare di area o diventare dirigente avrebbe dovuto chiedere un’aspettativa per studiare e partecipare a un concorso. Ora invece introduciamo una progressione interna basata sul merito e sulla valutazione».

 

L’intenzione del decreto è quella di attirare alte professionalità nella pubblica amministrazione e premiare il merito. Ma non c’è a questo punto un problema di livello delle retribuzioni se si vogliono portare nel pubblico le migliori professionalità del privato?

«Assolutamente. Ma ho deciso di lasciare alla fine questo tema. Se fossi partito dal livello delle retribuzioni nessuno mi avrebbe ascoltato».

 

E adesso invece?

«Se dalle riforme esce una pubblica amministrazione moderna ed efficiente, le risorse aggiuntive sono pienamente giustificate. Intanto abbiamo quelle necessarie al rinnovo dei contratti e abbiamo eliminato i tetti al salario accessorio. Nella legge di bilancio arriveranno anche le risorse per le carriere. E inoltre daremo un dividendo di efficienza».

 

Un dividendo di efficienza?

«Le amministrazioni che elimineranno gli sprechi potranno destinare la metà dei risparmi al salario accessorio dei propri dipendenti. Per esempio, se taglio le auto blu e risparmio 5 milioni l’anno, due e mezzo li potrò destinare ai premi».

 

Uno dei problemi che non ha trovato soluzioni fino ad oggi, però, è quello della distribuzione a pioggia dei premi?

«Io una soluzione l’avevo trovata già nel 2009 con le fasce di merito, che però sono state disattivate».

 

Le riattiverete?

«Mi riservo di proporre un intervento attraverso la contrattazione con le parti sociali. Ma è evidente che quando si mette in moto una macchina innovativa ed efficiente, il merito e la premialità non possono che essere un meccanismo positivo. Nella prospettiva di una rivoluzione gentile della pubblica amministrazione che la renderà dinamica per me sarà anche più semplice ottenere risorse».

 

Torniamo un attimo al Recovery. Quante saranno esattamente le assunzioni previste per il piano?

«C’è questa prima ondata di 24 mila assunzioni prevista dal decreto reclutamento. Poi ci saranno tutte le altre, quelle legate ai singoli progetti che compongono il piano nazionale di ripresa e resilienza».

 

Di quante altre persone stiamo parlando?

«Una quantificazione precisa, al momento, non è possibile farla. Ma parliamo di diverse decine di migliaia di persone. Tutte quelle che serviranno. Anche qui parliamo di profili altamente specializzati che avranno contratti a tempo determinato al massimo di cinque anni».

 

Il decreto dice che in tutti i contratti di lavoro legati al Pnrr dovrà essere contenuta una clausola di rescissione automatica in caso di mancato avanzamento del progetto?

«È un’altra regola che ci è stata chiesta dall’Unione europea».

 

I 24 mila neo assunti e le future decine di migliaia di giovani che entreranno a tempo determinato nella Pubblica amministrazione, finito il Recovery che fine faranno?

«Mi auguro che almeno una parte di loro voglia rimanere nella Pubblica amministrazione. Saranno loro il futuro capitale umano, il sangue nuovo che cambierà definitivamente la macchina amministrativa pubblica. Per questo abbiamo previsto di riservare a loro, dopo la fine del piano nazionale di ripresa e resilienza, il 40 per cento dei posti a tempo indeterminato che saranno banditi a spese delle amministrazioni».