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#comecambialapa – Assunzioni e Superbonus: parte da qui l’impatto del Pnrr sui cittadini

 

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LEGGI L’EDITORIALE

 

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Lo Speciale del Sole 24 Ore

Con l’ultimo passaggio parlamentare alla Camera del decreto sul reclutamento nella Pubblica amministrazione si chiude il primo cantiere normativo per l’attuazione del Recovery. E si chiude, soprattutto, la fase in cui il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza ha occupato la scena del dibattito politico e parlamentare, a cui i cittadini hanno però assistito nel ruolo passivo di spettatori. Ora il Pnrr deve provare a entrare nella vita di tutti i giorni: sfida non banale, ma essenziale perché il Piano cominci ad avere effetti reali è indispensabile quella che il ministro per la Pa Renato Brunetta definisce «l’appropriazione collettiva» del Piano.

Le prime prove non si faranno attendere molto. Perché sono attese nel giro di qualche giorno. Appena dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge di conversione del decreto 80/2021, in settimana, la Funzione pubblica farà partire la sperimentazione del Portale unico del reclutamento. Promesso da anni da svariate riforme della Pa, il Portale unico a partire da settembre sarà il canale per candidarsi a lavorare per i progetti del Pnrr: le occasioni di lavoro, secondo Brunetta, sono «decine di migliaia», in due famiglie.

Il lavoro

II Pnrr, o meglio gli investimenti e i progetti che le pubbliche amministrazioni dovranno realizzare per attuarlo, è un’occasione di lavoro per i professionisti, in un ventaglio di settori che spazia dai rami più tecnici (ingegneri, architetti e così via) a quelli della contabilità e della rendicontazione secondo i moduli europei. A loro saranno offerti contratti di lavoro autonomo, a chiamata in selezioni nelle quali le Pa dovranno individuare una rosa di almeno quattro profili fra cui scegliere. Il primo passo per candidarsi, quindi, sarà l’invio dei curricula nel formato standard del portale: perché le Pa si baseranno su quelli per scegliere i collaboratori. Con le modifiche parlamentari, il Portale si apre anche a chi è alle prime esperienze (non servono i cinque anni di iscrizione all’ordine) e alle professioni non ordinistìche regolate dalla legge 4/2013.

L’altro canale è pensato prima di tutto per i giovani, con in tasca una laurea o un titolo superiore come il dottorato che spesso si rivela scarsamente spendibile nel mercato del lavoro frammentato delle Pmi italiane. L’offerta per loro è un contratto a termine, con un calendario ancorato alla durata del progetto a cui è collegato, che però potrà aprire successivamente le porte alla riserva del 40% nei futuri concorsi pubblici. La componente di scommessa su questa strada non è irrilevante: oggi il panorama degli stipendi e delle carriere nella Pa non è particolarmente allettante per i profili più qualificati, che infatti hanno in genere disertato i primi concorsi “anticipatori” del Pnrr come quello per la gestione dei fondi di coesione al Sud. Per rimediare si sta costruendo un’area delle «alte professionalità» che dovrebbe diventare la casa professionale dei tecnici del Pnrr, in un sistema caratterizzato da maggiori possibilità di carriera scollegate dall’anzianità in base alle norme del decreto Reclutamento. Basteranno poche settimane a capire se tanto basterà a invogliare i giovani qualificati a mettere anche la Pa nell’orizzonte delle proprie prospettive occupazionali.

Il superbonus

L’altro terreno su cui l’effetto Pnrr è destinato a testare subito i propri effetti concreti è il rilancio del superbonus. Domani in Conferenza Unificata è atteso il via libera al modello della «Cila 110%», attuativo delle semplificazioni decise con il decreto Recovery, che non impone l’elaborato progettuale e prevede la possibilità di variazioni in corso d’opera; nelle intenzioni del governo è la leva per dare davvero ossigeno a un bonus fiscale fin qui rimasto largamente al di sotto delle attese anche a causa del carico burocratico.

Gli enti locali

Un terzo filone chiamato a partire subito per agganciare il treno del Recovery è quello delle amministrazioni locali. I progetti del Pnrr che investono direttamente Regioni, Province, Città e Comuni valgono circa 90 miliardi, ma molti enti locali si presentano all’appuntamento sfibrati dai lunghi anni di vincoli al turn over che ne hanno svuotato gli organici tecnici. Anche per loro il DI 80 prevede un supporto i fondi (320,3 milioni) per l’assunzione di mille «esperti multidisciplinari». Mentre più di un’iniziativa punta alla riqualificazione dei dipendenti attuali, e il Formez sta sviluppando un progetto per garantire assistenza tecnica specifica agli enti territoriali sui progetti del Pnrr, compito che rientra al centro della sua nuova agenda. «Il governo ci ha dato un ruolo centrale per la realizzazione del Pnrr» sostiene Alberto Bonisoli, che del Formez è il presidente, spiegando che questa funzione sarà portata avanti in particolare su «divulgazione, supporto al nuovo ciclo di selezioni pubbliche e accompagnamento alla digitalizzazione».

 

Tavolo con le parti sociali e monitoraggio aperto a tutti

La complessa architettura che seguirà la gestione dei Recovery Plan sarà completata nei prossimi giorni con due nuovi decreti della presidenza del Consiglio. Uno istituirà il «tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale», pensato per costruire una sede stabile in cui sviluppare il confronto con le parti sociali e il mondo delle università oltre che con gli enti territoriali, che però saranno coinvolti direttamente nella cabina di regia politica in tutti i casi nei quali saranno in discussione progetti su cui le amministrazioni locali sono coinvolte direttamente. Il secondo regolerà la segreteria tecnica, l’organo che dovrà verificare lo sviluppo dei singoli progetti sul piano della contabilità e della realizzazione effettiva, e costruirà i monitoraggi puntuali per individuare in tempo reale gli eventuali intoppi da mettere sul tavolo della regia politíca per decidere l’avvio dei poteri sostitutivi previsti dalla governance del DI Recovery.

Questo organismo, lo dice il suo stesso nome, è tecnico,e sarà articolato intorno ai gruppo di lavoro sul Pnrr che si è sviluppato in questi mesi alla Ragioneria generale dello Stato, referente unico delle Autorità Ue sulla rendicontazione del Pnrr, in connessione stretta con Palazzo Chigi. Ma il suo compito punta dritto allo snodo cruciale per la gestione del Piano, su cui già nelle scorse settimane si è acceso un dibattito intenso fra governo e Parlamento.

Oltre alla logica (il Piano ha un senso nella misura in cui viene attuato) sono le stesse regole di Next Generation Eu, con il meccanismo delle erogazioni di fondi a consuntivo, a rendere cruciale un sistema compiuto di monitoraggio in corso d’opera su un programma che negli anni centrali prevede di portare avanti quasi 200 progetti in contemporanea.

L’elletrocardiogramma costante del Pnrr, secondo gli annunci del governo, dovrebbe in realtà coinvolgere tutta l’opinione pubblica, anche attraverso un sito Internet che dovrebbe riportare il monitoraggio degli stati di avanzamento dettagliati, intervento per intervento, a cui si sta lavorando in una complessa triangolazione fra Palazzo Chigi, Mef, e Funzione pubblica.

Ma l’equilibrio fra trasparenza e controllo dei dati è più difficile nella pratica che nelle petizioni di principio. Lo dimostra il confronto che si è acceso nel corso deil’esame alla Camera del decreto Recovery. Il correttivo promosso dall’Osservatorio civico Pnrr per legificare l’obbligo di pubblicare tutti i dati in formato aperto per facilitare il lavoro di ricercatori, analisti e opinione pubblica è stato respinto, come sottolinea con un certo disappunto anche l’Orep (l’Osservatorio Recovery di Fondazione PromoPa e Università di Roma Tor Vergata). Complicata è stata anche la strada della richiesta, avanzata in particolare da Giuseppe Brescia (M5S) e Stefano Ceccanti (Pd) per estendere al Pnrr l’attività di controllo e divulgazione dei dati svolta dall’ufficio per il programma di governo sui decreti attuativi. La proposta, tradotta in un ordine del giorno, è già in via di attuazione a Palazzo Chigi, dove è pronto il testo del Dpcm che modifica l’arricolo 25 del decreto sull’ordinamento della presidenza proprio per inserire il Recovery fra gli oggetti del controllo dell’ufficio per il programma di governo. Come avviene per la normativa domestica, su cui nelle ultime settimane la presidenza ha voluto stringere i bulloni affidando ai singoli ministeri obiettivi più ambiziosi e serrati nel tempo, anche sull’attuazione del Recovery dovrà essere assicurato un aggiornamento «almeno settimanale» e una relazione trimestrale. Fra i correttivi approvati al decreto Recovery ci sono poi quelli che impongono una rete più fitta di comunicazioni al Parlamento (la Camera ha avviato un portale di documentazione») e chiedono alla Corte dei conti di relazionare ogni sei mesi (e non ogni anno come da prima previsione) sullo stato dell’arte. Il punto essenziale, però, sarà quello di non confondere l’attuazione normativa con quella della realizzazione operativa dei progetti. Perché le regole europee, e le esigenze dell’economia, impongono di passare dall’attuazione di carta a queila reale. E il salto è impossibile senza una forte dose di trasparenza e di controlto diffuso.

 

Obiettivi e risorse

40,73 Miliardi – Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura

  • Transizione digitale nella modernizzazione della pa, nelle infrastrutture di comunicazione e nel sistema produttivo.
  • Copertura di tutto il territorio con reti a banda ultra-larga, miglioramento della competitività delle filiere industriali e sostegno all’internazionalizazione delle imprese.
  • Rilancio di turimo e cultura.

59,33 Miliardi – Rivoluzione verde e transizione ecologica

  • Transizione verde e della società e dell’economia; interventi per l’agricoltura sostenibile e la gestione dei rifiuti.
  • Investimenti e ricerca per le fonti di energia rinnovabili; filiere della transizione ecologica e mobilità sostenibile.
  • Efficientamento del patrimonio immobiliare pubblico e privato.
  • Dissesto idrogeologico e gestione risorse idriche.

25,13 Miliardi – Infrastrutture per una mobilità sostenibile

  • Rafforzare ed estendere l’AV ferroviaria e potenziare la rete ferroviaria regionale, con una particolare attenzione al Sud.
  • Potenziare i servizi di trasporto merci secondo una logica intermodale in relazione al sistema degli aeroporti. Ottimizzazione e digitalizzazione del traffico aereo, interoperabilità piattaforma logistica nazionale (PNL) per la rete dei porti.

30,88 Miliardi – Istruzione e ricerca

  • Colmare le carenze strutturali dell’offerta di servizi di istruzione, in tutto il ciclo formativo; aumento dell’offerta dei posti negli asili nido; favorire l’accesso all’università, rafforzare gli strumenti di orientamento, riforma reclutamento e formazione insegnanti.
  • Rafforzamento dei sistemi di ricerca e trasferimento tecnologico.

19,81 Miliardi – Coesione e inclusione

  • Infrastrutture sociali, rafforzamento delle politiche attive del lavoro, sostegno al sistema duale e imprenditoriale femminile.
  • Miglioramento del sistema di protezione per le situazioni di fragilità, famiglie, genitorialità.
  • Coesione territoriale; potenziamento Servizio Civile Universale e promozione terzo settore nelle politiche pubbliche.

15,63 Miliardi – Salute

  • Rafforzamento prevenzione e assistenza sul terrritorio con integrazione tra servizi sanitari e sociali, e ammodernamento delle dotazioni tecnologiche del Ssn; potenziamento Fascicolo sanitario elettronico e della telemedicina.
  • Competenze tecniche, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario, promozione ricerca in ambito biomedico e sanitario.

 

Domande & Risposte​

  • Qual è la dotazione complessiva del Pnrr? 

Il Piano nazionale di ripresa e Resilienza vale in tutto 235,14 miliardi, riferiti agli anni 2021 – 2026 con qualche piccolo anticipo relativo al 2020. La quota più consistente di risorse è quella della Recovery and Resilience Facility, che ammonta a 191,5 miliardi, a questi si aggiungono le risorse del programma europeo React Eu (13 miliardi) e quelle nazionali del fondo complementare (30,6 miliardi).

  • Come sono finanziati i fondi del Pnrr? 

Per la parte della Recovery and Resilience Facility, che rappresenta il cuore del piano, le risorse arrivano dalle prime emissioni comunitarie di debito comune europeo, in prativa gli Eurobond che debuttano proprio per il finanziamento del Piano, il fondo complementare è invece finanziato da debito pubblico italiano.

  • A cosa sono destinati i fondi? 

Il piano è articolato in sei grandi missioni; all’interno di ogni missione sono previste diverse componenti (sono 16 in tutto), ognuna delle quali poggia su più interventi. Le missioni del Piano riguardano digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo (40,73 miliardi), «rivoluzione verde e transizione ecologica» (59,33 miliardi), «infrastrutture per una mobilità sostenibile» (25,13 miliardi), «istruzione e ricerca» (30,88 miliardi), «inclusione e coesione» (19,81 miliardi) e «salute» (15,63 miliardi).

  • Chi deve attuare il Piano?

I soggetti attuatori sono rappresentati prima di tutto dai ministeri e dagli enti territoriali, a seconda delle competenze specifiche sui diversi progetti. Il Piano coinvolge però anche le società pubbliche (in particolare nei settori dell’energia e delle infrastrutture) e prevede una serie di interventi per le imprese private (per esempio la copertura degli incentivi fiscali agli investimenti innovativi di Transizione 4.0).

  • Chi controlla l’esecuzione del Piano?

Il controllo strategico è affidato alla cabina di regia politica, a cui oltre al presidente del Consiglio e al ministro dell’Economia partecipano i ministri di volta in volta interessati dai progetti in discussione e gli enti territoriali coinvolti negli interventi. Il monitoraggio è compito dell’ufficio del programma di governo, che pubblicherà una relazione ogni tre mesi sui provvedimenti attuativi. Lo stato di avanzamento dei progetti verrà invece rendicontato dalla Ragioneria generale dello Stato, referente unico per i controlli alla luce dei quali le le autorità Ue daranno il via libera alle rate dei fondi.