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R.BRUNETTA (Lettera al ‘Corriere della Sera’): “Selezione trasparente e più efficace per i dipendenti pubblici”

 

RB Corriere della Sera

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Ho letto come sempre con grande attenzione l’editoriale del professor Cassese pubblicato sul Corriere di ieri. Le sue otto proposte sono totalmente condivisibili, ma sulla quinta, che chiama in causa la riforma del reclutamento della Pubblica amministrazione, voglio ritornare per approfondire alcuni aspetti e fugare qualche fraintendimento.

Cassese, giustamente, cita la necessità di ristabilire il merito nella gerarchia della società italiana sia nella selezione sia nella crescita professionale. Il Dl 80 approvato dal Governo e appena convertito in legge dal Parlamento punta proprio a questo, trasformando in norma una serie di impegni precisi assunti con la Commissione europea nell’ambito del Pnrr.

I punti qualificanti della riforma del lavoro pubblico negoziati con Bruxelles riguardano la selezione delle persone, i percorsi di formazione e crescita professionale (mobilità verticale), la mobilità orizzontale tra diverse amministrazioni, una maggiore osmosi con il settore privato.

La legge completa la riforma dell’accesso alla Pa avviata con l’art. 10 del Dl 44 del 2021 (digitalizzazione e velocizzazione dei concorsi), introducendo meccanismi di selezione ad hoc per le elevate specializzazioni e per i professionisti; un nuovo sistema di progressione di carriera e di accesso alla dirigenza basato sull’esperienza, sulle competenze e conoscenze maturate e sui risultati raggiunti da chi lavora nella Pa; riattivando una norma – che avevo fortemente voluto nel 2009, ma che purtroppo non è mai stata applicata – secondo cui alla dirigenza apicale si accede per concorso (e non per cooptazione burocratica, come accade oggi); istituendo un’area apposita dove inquadrare i profili con le più elevate qualifiche e rendere attrattiva la Pa per i talenti; abbattendo i limiti alla mobilità orizzontale tra tutte le amministrazioni pubbliche centrali e locali, per rendere possibili quei percorsi di potenziamento delle competenze e delle esperienze che derivano dalla possibilità di lavorare in diversi settori della Pa.

Rispetto a questo disegno contenuto nel Dl varato dal Governo, il Parlamento ha apportato alcune integrazioni positive.

La prima è aver tolto i limiti quantitativi alla possibilità che un’amministrazione possa conferire incarichi dirigenziali a dirigenti di amministrazioni diverse.

La seconda è aver disciplinato puntualmente la possibilità che in casi eccezionali – la regola, come dicevo, è quella dei concorsi, che abbiamo ripristinato -, per quelle posizioni per le quali siano richieste competenze professionali e manageriali specialistiche che non si trovino già nelle amministrazioni a seguito di interpelli, ci si possa rivolgere all’esterno con procedure rigorose: cacciatori di teste che selezionino una rosa di nomi qualificati e commissioni indipendenti che individuino tra queste le persone adatte da assumere con contratti triennali e non a tempo indeterminato. È una forma concorsuale moderna e molto più rigorosa rispetto a quella attuale, perché basata sulla competizione – e non invece sulla cooptazione (tipica di un sistema le cui disfunzioni sono a tutti note) – e utilizzata nelle organizzazioni internazionali. Eccezionale, ripeto, perché aver eliminato i vincoli alla mobilità tra amministrazioni aumenta le possibilità di scelta tra dirigenti di Pa diverse, rendendo così questo meccanismo residuale.

La terza modifica introdotta dal Parlamento riguarda le progressioni di carriera. Dieci anni di blocco delle assunzioni hanno portato le amministrazioni a utilizzare alcuni dipendenti in posizioni superiori, anche se privi del titolo di studio richiesto. La norma rinvia alla contrattazione collettiva la facoltà, limitatamente a queste situazioni, di riconoscere la professionalità acquisita, sempre attraverso una procedura selettiva. Tale previsione non si applica, evidentemente, alla nuova area dedicata alle elevate professionalità.

Il quadro che emerge dopo il passaggio parlamentare è, dunque, quello di un sistema di selezione di quanti desiderano accedere alla Pa (e della classe dirigente pubblica) moderno, trasparente, efficace e finalmente adeguato agli standard internazionali. Un sistema che privilegia le esperienze e i risultati raggiunti e non le appartenenze politiche e di casta. Che vuole portare innovazione e trasparenza in un contesto che oggi, e da troppo tempo, appare chiuso e ripiegato su se stesso. Asfittico.

L’8 agosto Sergio Fabbrini segnalava sul Sole 24 ore l’importanza di formare élite competitive che supportino i Governi e la politica nella azione riformatrice e si sostituiscano alle oligarchie. Il nostro provvedimento punta proprio a formare queste élite, rompendo prassi e tradizioni che hanno troppo spesso prodotto oligarchie castali. Siamo certi che non rimarranno soltanto buone intenzioni. E che grazie alla nostra riforma ci saranno molte più possibilità che prevalga il merito rispetto alle cooptazioni.