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R.BRUNETTA (Intervista a ‘La Repubblica’): “Il sovranismo porta il Paese a sbattere, serve un’alleanza europeista”

 

RB La repubblica

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“Per troppi anni siamo stati il Paese dell’instabilità e della non credibilità. L’abbiamo pagata carissima. Era l’Italia della bassissima crescita, un’Italia ingiusta, diseguale, l’ultima ruota del carro: sole, pizza, amore e tuppete-ta. Un Paese dove gli investitori stranieri amavano venire in vacanza, ma da cui scappavano a gambe levate se si trattava di rischiare i propri soldi. Quindi, giunti a questo punto, di cosa abbiamo veramente bisogno? Di due cose, sopra tutte le altre: stabilità e credibilità”.

 

Ministro Renato Brunetta, le elezioni sono passate e si vede una maggioranza sfilacciata, che litiga sempre più forte. Siamo già all’inizio della fine dell’esperienza Draghi?

“Prima di rispondere, una premessa è necessaria. Siamo al governo da pochi mesi, abbiamo fatto relativamente “poco”, tantissimo rispetto al passato, ma già siamo sulla strada giusta. Green Pass, vaccinazioni, i contagi che scendono, il Pnrr, la credibilità ritrovata in Europa e nel mondo, le riforme. Abbiamo in Draghi una guida autorevole e un governo forte. Il popolo si fida di Draghi, ha capito. La società civile ha capito. Quelli che sembrano non aver capito sono i partiti che compongono l’attuale maggioranza”.

 

Cosa non avrebbero capito?

“Che non possono andare avanti guardando indietro. Se continuiamo a dire “questa è la mia riforma, guai a chi la tocca, questo è il mio reddito di cittadinanza, la mia quota 100, il mio bonus”, non andiamo da nessuna parte. Allarghiamo soltanto la frattura tra partiti e popolo. Se prevale il distacco, il risultato è l’astensionismo”.

 

Torniamo alla domanda, i litigi in Consiglio dei ministri. Sta per saltare il governo?

“Non è questo il punto. Voi avete una rappresentazione distorta, ma non è colpa vostra. Il dibattito in Consiglio dei ministri sulle pensioni o sui bonus c’è stato, però senza quella drammaticità che vi raccontano alcuni protagonisti. C’è troppa strumentalizzazione. Non si ha il coraggio di battere i pugni sul tavolo davanti a Draghi mentre poi ci si vanta con i leader di partito, e quindi sui giornali, di averlo fatto. Non è bello né elegante. È l’ennesimo indizio del malessere di cui parlavo prima”.

 

Cerchiamo allora di approfondire: da dove nasce questo malessere della maggioranza?

“Dalla mancanza di un collante tra i partiti che ne fanno parte e che stanno iniziando a rispondere al richiamo della foresta, al richiamo del consenso. Quanto di più sbagliato, perché così si va a sbattere”.

 

Parla della Lega?

“Di tutti. Anche se, paradossalmente, il partito più draghiano è il mio, Forza Italia, proprio perché non ha fatto parte dei precedenti governi Conte. Se la destra sovranista, anti-europea, anti-Green Pass va dietro al richiamo della foresta commette un grande errore, perché il popolo non la pensa così. Lo stesso vale per la sinistra, perché le persone chiedono stabilità e pragmatismo, non risposte ideologiche. Guardi la storia dell’obbligo di Green Pass. Tutti a prospettare sfracelli, anche a sinistra, poi è arrivato il D-Day e non è successo niente. Come le dicevo, il popolo ha capito”.

 

Be’ a Trieste e Roma qualcosa è successo…

“In un paese libero e democratico c’è da gioire se i fenomeni di devianza sono limitati a quello che abbiamo visto in questi giorni. Prendiamo la Francia: i gilet gialli sono stati l’equivalente dei fatti di Trieste moltiplicato per mille quanto a durata e intensità. Oppure vogliamo parlare dell’assalto golpista a Capitol Hill?”.

 

La diagnosi è chiara. La cura quale sarebbe?

“Mi rivolgo ai partiti, a partire dal mio. Lancio un appello alle donne e agli uomini di buona volontà, ai “liberi e forti” di sturziana memoria. Torniamo ai fondamentali, alle grandi famiglie politiche che hanno costruito l’Europa e le sue istituzioni nel dopoguerra: la famiglia dei popolari, quella liberale e quella socialista. Queste tre culture politiche adesso possono ricostruire l’Italia del futuro. Con Draghi”.
Per aggregare i simili e scomporre l’attuale quadro politico servirebbe una legge proporzionale. O no?

“Non sono d’accordo, quello della legge elettorale è un pretesto. Io parto da un’idea diversa: se l’appello è forte e vero, se c’è risposta, allora l’intendenza della legge elettorale seguirà. Se hai il consenso, vinci con qualsiasi legge elettorale. Senza contare che c’è una sorta di maledizione, un contrappasso: chi in passato si è cucito a misura una legge elettorale, poi ha sempre perso. Ed è finita male”.

 

Intanto il centrodestra vive una contraddizione forte: come farete a governare insieme se Forza Italia è nel Ppe, Meloni va dai neofranchisti diVox in Spagna e Salvini difende Orban e i polacchi anti-Ue?

“Forza Italia, quando era baricentrica con i suoi valori e il suo peso del 25-30 per cento, era riuscita ad “istituzionalizzare” la Lega e il Msi, poi An. Ma se l’egemonia sul centrodestra ce l’hanno Fratelli d’Italia o la Lega, la coalizione è inevitabilmenteperdente. Lo si è visto alle Amministrative e, temo, lo si vedrà anche alle Politiche. O meglio: puoi anche vincere, ma non vieni percepito come una forza di governo. Non sei credibile se la pensi in maniera diversa sull’Europa, sull’Euro, sull’economia sociale di mercato. Non sono credibili coalizioni manifestamente opportunistiche, alleanze disomogenee e incoerenti formate solo per ragioni elettorali”.

 

I tre leader si sono visti a casa di Berlusconi a Roma e sembrava non la pensassero così…

“Mi dispiace, ma così un centrodestra unito non c’è, ha ragione Mariastella Gelmini. Le divaricazioni, semmai, sono aumentate. Dopo il 2018 è mancata una riflessione su quello che è successo. Invece servirebbe un’analisi anche dura e feroce sui nostri errori, ed è quello che mercoledì ho rappresentato con dolore al presidente Berlusconi. Salvini ha rinunciato ad entrare nel Ppe e ha appena annunciato la volontà di rinsaldare l’alleanza con Le Pen in un nuovo gruppo, Meloni va a fare i comizi con Santiago Abascal. Tutto legittimo, per carità, ma questo, agli occhi dei nostri elettori moderati, di centro, ci impedisce di essere considerati come coalizione un’alternativa credibile alla sinistra. La verità è che la colonna portante dell’Europa e di ogni Paese dell’Europa è l’opinione moderata, quella che vuole la continuità nel cambiamento, vuole evolvere, vuole il progresso, nel rispetto dei valori. Forza Italia è questo”.

 

Che fare?

“Questo stallo si supera se le tre grandi famiglie politiche dei popolari, dei liberali e dei socialistiformano una nuova alleanza di governo”.

 

Anche con la Lega dentro?

“La Lega che io vedo tutti i giorni nell’azione di governo certamente sì. In Consiglio dei ministri abbiamo votato tutto, tutti insieme. Bisogna evitare i calcoli di breve periodo che, come abbiamo visto, alla fine non tornano”.

 

Anche fuori da Forza Italia?

“Ho la tessera numero due, io sono Forza Italia assieme a BerIusconi che ha la tessera numerouno. Ma voglio che il mio partito diventi il pivot di un centrodestra popolare ed europeo, capace di dialogare con tutti. Perché non dimentico che, oltre alla tessera di Forza Italia, ho anche quella del Ppe: è il mio aggancio alle migliori tradizioni delle famiglie politiche europee. E, ora come ora, mi sento più del Ppe che di una Forza Italia che rischia di appiattirsi su altre culture, non sue”.
Questa coalizione a tre gambe che lei auspica dovrebbe presentarsi alle elezioni nel 2023?

“Forse è un corollario, forse è inevitabile. Abbiamo bisogno di una maggioranza credibile come il suoleader, in grado di dialogare fino in fondo con il suo popolo. Abbiamo bisogno di partiti all’altezza di Draghi”.
Se Draghi però fra tre mesi va al Quirinale che succede?

“Io sono per il semipresidenzialismo alla francese. Se è impossibile una riforma costituzionale, con Draghi al Quirinale andremo verso un semipresidenzialismo di fatto. Ce lo chiedono gli italiani che si sono vaccinati, le cassiere che hanno tenuto duro durante il lockdown tenendo aperti i supermercati, i colletti blu che stanno sostenendo la ripresa dell’economia, i medici e gli infermieri che si sono vaccinati per primi, le forze dell’ordine, i tanti impiegati che hanno continuato a garantire i servizi. Non possiamo buttare via questa storia di resistenza, di orgoglio, di coraggio. Bisogna andare avanti almeno fino al 2030: un decennio di stabilità e riforme. Avremo costruito così un’Italia più efficiente, più bella, più giusta, più credibile. Non solo pizza e amore”.