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LEGGE ELETTORALE. La Sentenza della Consulta. Ci fa più forti. Spagnolo e voto subito

 

 

 

 

Parlamento

 

 

Adesso siamo più forti.  Proviamo a spiegarlo.

 

 

 

Nel chiacchiericcio che rimbalza tra i lati del triangolo un po’ massonico (N. L. R.), che pretende di tenere in pugno l’Italia, qualcosa di sicuro c’è. La sentenza della Corte Costituzionale, al di là di technicality (Renzi cuntènt?) discutibili, dà alcune certezze. Spingono verso una legge elettorale di tipo spagnolo, con premio di maggioranza compatibile con il principio  di ragionevolezza,  senza negare la via per un Mattarellum ridisegnato. Berlusconi docet.

Ma nelle motivazioni  – e  Berlusconi ridocet – c’è anche la ragione morale che deve indurre un Parlamento leale con se stesso e con il popolo a lasciare presto il campo ad un nuovo Parlamento  che rispecchi i principi costituzionali. Cioè – traducendo in soldoni la sentenza – sovranità popolare e uguaglianza tra i cittadini.

Sia chiaro, è persino ovvio che le scelte che facesse da oggi in poi in sede legislativa il Parlamento sarebbero formalmente e giuridicamente valide.

Ci mancherebbe.

 

Non si può privare lo Stato di uno dei poteri fondativi, quello legislativo, che conferma quello esecutivo, neanche per un istante.

Il Parlamento è l’organo supremo – lo dice la Consulta, e anche questo sarebbe da rilevare nei confronti della prepotenza dell’ordine giudiziario – e non si ammettono vuoti.

 

Ma detto questo, la Consulta dice che questa rappresentanza di deputati e senatori porta in sé il tradimento sia dell’art. 1 sia dell’art. 3 della Costituzione. Il primo assegna la sovranità al popolo. Il terzo sancisce il principio di uguaglianza. Questo Parlamento li nega in se stesso, perché la sovranità è stata assegnata inopinatamente facendo valere un voto di sinistra praticamente il doppio di quello di centrodestra, di centro e grillini.

 

Io come cittadino di centrodestra devo pretendere la restituzione pronta e totale di un diritto che mi è stato sottratto. Il Parlamento deve avere il tempo di preparare le valige, e lasciare la casa in ordine: cioè con la legge elettorale in riga con la sentenza. E poi via. C’è un treno che parte alle 7 e 40, cantava Battisti, il traffico è lento nell’ora di punta. Insomma: niente scuse, niente rimbalzi di triangoli quiritira e quirimolla.

 

In un momento di distanza forte (eufemismo) tra rappresentanza e popolo, se è acclarato che la maggioranza è pure frutto di un abusivo raddoppio di peso, la distanza tra istituzioni e cittadini si fa siderale.

 

Va colmata al più presto. E non un rimpasto, un rimpastino o un involtino di riformette di N.L.R.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA:“IL MATTINALE – 14 gennaio 2014″