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LEGGE ELETTORALE. Le motivazioni della sentenza della Consulta: ecco l’analisi

 

Consulta

 

La sentenza n. 1 del 2014 con la quale la Corte costituzionale motiva la preannunciata dichiarazione di incostituzionalità dell’attuale legge elettorale, non presenta significative novità quanto al decisum, anticipato con l’ormai famoso comunicato stampa del 3 dicembre scorso.

 

 

 

1. IL CONTENUTO DELLA DECISIONE

 

La Corte ribadisce la premessa secondo cui la Costituzione non impone un sistema elettorale, e quindi nemmeno un sistema proporzionale, ma impone che vi sia un bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti ai fini della formazione dell’organo parlamentare. La Corte inoltra afferma che la finalità di “agevolare la formazione di una maggioranza parlamentare” è un “obiettivo costituzionalmente legittimo”. Il vizio riscontrato sta, invece, nella sproporzione tra la scelta di adottare un sistema a base proporzionale e l’entità della distorsione che si realizza con la torsione maggioritaria determinata dal premio. Un premio attribuito senza soglia minima, insomma, “rovescia” la “ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore del 2005”. In buona sostanza, dunque, la Corte afferma che se la scelta di fondo è quella di un sistema proporzionale, le distorsioni determinate dalla legge elettorale non possono essere tali da “tradire” la logica di quel sistema. Quanto al tema delle liste bloccate, la Corte censura la circostanza che il sistema elettorale escluda “ogni facoltà dell’elettore di incidere sull’elezione dei propri rappresentanti” poiché “l’ordine di presentazione” è sostanzialmente deciso dai partiti” e non è in alcun modo modificabile dagli elettori, nemmeno in parte.


 

2. I MARGINI DI INTERVENTO

 

In linea di prima approssimazione può dirsi che tutti i principali modelli attualmente in discussione sono tendenzialmente compatibili con i risultati della decisione, sia qualora prevedessero collegi uninominali, sia qualora prevedessero liste bloccate corte purché “il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi”, sia sistemi misti, anche con premio di maggioranza, purché sia assicurata una soglia minima di consenso a chi ne benefici. Quanto detto dovrebbe indurre ad avere una certa cautela nel percorrere la strada di sistemi a base proporzionale che però contengano dispositivi distorsivi eccessivi per assicurare il raggiungimento di una maggioranza di seggi, in quanto tali sistemi lederebbero l’aspettativa ingenerata negli elettori dalla scelta legislativa di un sistema “a base” proporzionale. Mentre dunque l’ipotesi di reintroduzione del Mattarellum, forse anche con un’ulteriore distorsione volta ad attenuare il correttivo proporzionale consistente nel riconoscimento di un diritto di tribuna dovrebbe – in questa logica – considerarsi del tutto accettabile (proprio perché il modello è dichiaratamente maggioritario), andrebbe valutata con attenzione la sovrapposizione di premi e correttivi maggioritari su sistemi a base proporzionale, come quello spagnolo e il c.d. modello dei sindaci. In quest’ultimo caso, ad esempio, immaginare che un secondo turno in un sistema proporzionale, di per sé, risolva il problema non è scontato.

 

3. LA NORMATIVA “DI RISULTA”

 

Quanto alla normativa risultante dalla dichiarazione di incostituzionalità la Corte afferma che essa è “complessivamente idonea a garantire il rinnovo, in ogni momento, dell’organo costituzionale elettivo”. Riguardo al caso di specie, in particolare, la Corte ritiene che l’annullamento del premio di maggioranza faccia residuare un sistema di tipo proporzionale (con le soglie minime oggi stabilite). Quanto alle preferenze, il giudice delle leggi non ritiene preclusiva dell’autoapplicatività della normativa la circostanza: a) che manchi una disciplina espressa sulla manifestazione del voto di preferenza, b) che il fac-simile di scheda elettorale previsto dalla legge non preveda uno spazio per l’apposizione della preferenza, c) che non sia stabilito il numero delle preferenze e d) che manchino regole per la computazione dei voti di preferenza al fine dell’assegnazione dei seggi.

 


 

4. GLI EFFETTI SUL PARLAMENTO IN CARICA

 

Problematiche appaiono, infine, le conclusioni tratte dalla sentenza in ordine agli effetti nel tempo della declaratoria di illegittimità costituzionale. La Corte infatti afferma: “È evidente, infine, che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale”. Se ciò è senz’altro indubitabile quanto agli atti precedentemente compiuti dalle Camere, i cui effetti si siano ormai esauriti, appare più problematico condividere la conclusione che nessuna conseguenza discenda rispetto allo status dei parlamentari e agli ulteriori atti che verranno compiuti. Sebbene, infatti, la Corte affermi che i rapporti legati al procedimento elettorale sarebbe ormai esauriti, in quanto “le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti”, tale conclusione non convince del tutto. Affermare, infatti, che l’istituto della proclamazione determini l’ “esaurimento” dei rapporti sorti con il procedimento elettorale pone una serie di interrogativi. Inoltre, sembra difficile sostenere che la proclamazione operata da organi pur sempre amministrativi nel caso delle elezioni per il Parlamento abbia degli effetti preclusivi definitivi, che invece sono in re ipsa negati alla proclamazione per altre categorie di elezioni (europee, regionali, provinciali, comunali). Pertanto l’argomento della continuità dello Stato avrebbe dovuto essere invocato semmai per attenuare gli effetti retroattivi della sentenza, nel senso di consentire al Parlamento, malgrado il travolgimento degli esiti elettorali discendenti dalla decisione, di operare, seppure in condizioni depotenziate, per compiere gli atti strettamente necessari a ripristinare quanto prima la legalità costituzionale violata.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 14 gennaio 2013”