Socialize

La mia audizione in Commissione III Affari Esteri alla Camera – Esame in sede referente del disegno di legge di ratifica del “Trattato del Quirinale”

 

22_03_2022_aga_audiz_brunetta_comm_esteri-0947

 

LEGGI IL PAPER

 

 

RIVEDI L’AUDIZIONE

 

 

 

Onorevoli deputati, cari colleghi,

sono lieto di intervenire in questo ciclo di audizioni con i Membri di Governo dedicate all’esame del Trattato del Quirinale nei suoi molteplici aspetti: in primo luogo perché l’8 marzo ho firmato con la mia omologa francese Amelie De Montchalin la prima Dichiarazione d’intenti per una collaborazione rafforzata in materia di pubblica amministrazione, anticipando quanto previsto dall’art. 11 del Trattato del Quirinale in questo ambito.

In secondo luogo, perché l’attuale situazione internazionale rende ancora più centrale una cooperazione rafforzata fra Paesi fondatori dell’Unione Europea, come quella incardinata nel Trattato del Quirinale. Nel preambolo al Trattato, Italia e Francia si riconoscono “comunità di destini” intenzionate a “radicare le loro relazioni bilaterali nelle politiche europee”, e consapevoli “che i loro partenariati e le loro cooperazioni bilaterali contribuiscono reciprocamente all’approfondimento dello stesso progetto europeo e che possono servire da fonte d’ispirazione per nuove politiche a livello dell’Unione”.

Ecco, io sono convinto che il valore del Trattato del Quirinale sia quello di aver messo a disposizione di Italia e Francia una solida matrice istituzionale, imperniata nei Vertici intergovernativi annuali, in cui mettere a fattor comune agende europee e collaborazioni bilaterali, all’interno di un dialogo strutturato, costante e paritario.

Quando riusciremo a stabilizzare l’attuale crisi epocale alla frontiera orientale dell’Europa vi sarà un Occidente da ricostruire e un’Europa da ripensare. Un Europa che sarà necessario rifondare non solo come mercato, ma come spazio geopolitico e come potenza: la “Europe-puissance”, per dirla alla Francese. Il che significa dare all’Unione Europea i mezzi e le risorse per superare l’attuale proprio “stato nascente” di potenza normativa, per diventare a tutti gli effetti una potenza economica, energetica e militare.

Un’Europa che si scopra – a tutti gli effetti – sovrana nel determinare il proprio spazio, ma che sia al tempo stesso anche aperta al mondo e alle catene globali del valore, pur con geometrie e simmetrie differenti rispetto al passato; perché non vi è sovranità nella solitudine.

La situazione di oggi è per certi versi analoga a quella che portò esattamente settantacinque anni fa, nel giugno 1947, l’allora Segretario di Stato statunitense George Marshall a prefigurare quello che poi divenne lo European Recovery Programme, grazie al quale vennero destinati 14 miliardi di dollari in quattro anni per la ricostruzione del continente europeo. Attorno a quel piano di aiuti, si costituì una “lingua comune”, una “Koiné”, facendo nascere contestualmente al Programma l’Organization for European Economic Cooperation (poi divenuta l’attuale OCSE): un organismo permanente in cui i tecnici inviati da Washington cercarono di spingere gli europei ad utilizzare gli aiuti non per fronteggiare le contingenze del momento, quanto piuttosto per stimolare un processo di trasformazione strutturale dell’economia dei propri Paesi.

Anche oggi, abbiamo dinnanzi le medesime sfide: una frattura storica con il passato e un cambio di paradigma; e la contestuale necessità di dare alla nostra PA gli strumenti per restare al passo con queste discontinuità epocali.

L’Europa di Maastricht era nata per impiegare solo i contributi degli Stati senza poter fare debito. Con la pandemia si è cambiato paradigma, si è deciso che anche l’Europa potesse e dovesse indebitarsi, in base al principio del “Borrow to Spend”. Così è nato il Next Generation Eu: 750 miliardi acquisiti sui mercati, da restituire. Questo è il Next Generation 1, che stiamo realizzando. Ma la guerra, come tutti gli eventi spaventosi, ha fatto emergere altre esigenze, su tutte quelle dell’autonomia energetica e della cooperazione capacitaria in materia di difesa.

Con il primo “Next Generation EU”, che va attuato e preservato, abbiamo deciso di condividere le politiche in materia di “soft power” europeo: le transizioni verdi e digitali; le infrastrutture; l’istruzione e la ricerca; la coesione e la salute. Mi chiedo se non sia, invece, il caso di lanciare un secondo “Next Generation EU” per far compiere all’Europa il salto evolutivo da soft power a hard power. È un’altra sfida: pensare a un ulteriore strumento di investimento per far diventare l’Europa un soggetto politico-istituzionale che sia modello per il mondo.

Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo tuttavia bisogno di una classe dirigente autenticamente europea. “I volti della Repubblica”, come il Presidente Mattarella ha definito i dipendenti pubblici, sono stati il perno fondamentale della tenuta del Paese durante la pandemia, ma devono poter guardare anche al di fuori dei nostri confini nazionali. Perché le sfide di interdipendenza complessa che ci troviamo oggi a gestire hanno radici profonde, oltre le nostre frontiere: l’energia; le migrazioni; il digitale.

Proprio per questo siamo già in contatto da due settimane con le controparti francesi per definire per ora a livello tecnico – tenuto conto delle elezioni presidenziali francesi in aprile – una piattaforma di collaborazioni in tre ambiti della Dichiarazione di intenti che ho firmato assieme alla mia collega francese l’8 marzo scorso, in base all’art. 11 del Trattato del Quirinale:

1)     La definizione di attività di formazione congiunte, in collaborazione fra SNA e Institut national du Service Public, che riguardino in primo luogo la dirigenza pubblica. Al riguardo, come sapete, ho appena insediato presso la SNA un Comitato scientifico presieduto da Paola Severino ed a cui partecipano anche accademici internazionali, e segnatamente francesi;

2)     La sistematizzazione di scambi di funzionari pubblici nei settori di interesse comune: dobbiamo creare un “Erasmus della Pubblica Amministrazione”, partendo dai buoni risultati del primo anno di funzionamento dello EU Leadership Exchange Programme, che ora va esteso a tutti gli Stati Membri interessati, sulla base di risorse comuni. Ogni dirigente pubblico intenzionato a internazionalizzare il proprio curriculum deve avere un’opportunità; ogni funzionario delle istituzioni europee che ambisce a dare il proprio contributo a una pubblica amministrazione nazionale, deve poter essere distaccato in tempi rapidi.

3)     La condivisione di buone prassi ed esperienze in materia di innovazione della Pubblica Amministrazione. La mia omologa francese non è solo Ministro della funzione pubblica, ma ha il titolo di “Ministro della trasformazione e della funzione pubblica”. Dobbiamo mettere a fattor comune le nostre esperienze di trasformazione dell’azione pubblica, fin dalle politiche di reclutamento. Nel mio recente colloquio in videoconferenza con la mia omologa francese, ho ad esempio scoperto che parallelamente allo sviluppo del nostro portale unico del reclutamento inPA, il Governo francese sta avviando il proprio portale choisirleservicepublic.gouv.fr, che entro il 1 semestre 2022 mira a diventare il punto di accesso per i concorsi pubblici per oltre 600 profili professionali del pubblico impiego e circa 45.000 offerte di lavoro l’anno.

Italia e Francia possono così diventare le avanguardie europee in materia di innovazione della pubblica amministrazione, e la Dichiarazione di Strasburgo, adottata il 17 marzo scorso dai Ministri della funzione pubblica dei ventisette Stati Membri dell’Unione Europea, definisce un’ampia agenda programmatica in materia di valorizzazione dei talenti, mobilità paneuropea dei funzionari, sviluppo di servizi pubblici digitali.

Ma ancora più importante sarà consolidare nel corso dei prossimi anni una “comunità di pratiche” paneuropea, che – sull’esempio dei primi anni fondativi dell’OCSE attorno all’attuazione dello European Recovery Programme – elabori un linguaggio comune – una koiné per l’appunto – della Pubblica Amministrazione, in un rinnovato slancio di progettualità, innovazione e orientamento ai risultati. Perché condividere sovranità sulle risorse del Piano Europeo di Ripresa significa condividere valutazioni non solo sulla conformità della spesa rispetto a parametri spesso astratti, ma anche e soprattutto sull’efficacia di una politica.

Una pubblica amministrazione autenticamente europea restituirà anima e corpo al cantiere della nuova Europa che emergerà dall’attuale crisi. Perché le crisi sono sempre un’occasione per imprimere una svolta, soprattutto nelle situazioni in cui la spinta propulsiva iniziale si è esaurita: è successo con la pandemia e avverrà anche con la guerra in Ucraina. Nel fare i conti con la storia, l’Unione europea è costretta a andare contro le sue stesse regole per evolvere verso una maggiore integrazione e accelerare nella costruzione di una sovranità condivisa. Come abbiamo affrontato la pandemia con modelli nuovi, così ora abbiamo bisogno di nuovi paradigmi per far fronte alla guerra in Europa.

In tale contesto, il Trattato del Quirinale costituisce la cornice essenziale per promuovere assieme agli amici francesi le nostre priorità comuni nel più ampio contesto europeo.

Auguro a tutti buon lavoro.