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R.BRUNETTA (Intervista al ‘Corriere della Sera’): «Un progetto rinnovato può convincere Draghi. I costi delle urne anticipate sono più dei benefici»

 

RB Corriere della Sera

 

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La situazione resta difficilissima, ma Renato Brunetta, economista e ministro per la Pubblica amministrazione, prende in prestito le parole di Chance, giardiniere protagonista di «Oltre il Giardino», per raccontare il suo prudente ottimismo: «Fintanto che le radici non sono recise, va tutto bene, e andrà tutto bene, nel giardino».

 

 Ma come si esce da una impasse così grave?

«Sono convinto che nessuno debba tirare Mario Draghi per la giacca. Lui sa già cosa deve fare, perché è quello che ha già fatto per 17 mesi: pensare unicamente al bene del Paese, fare le riforme, attuare il PNRR e difendere le radici, ossia i valori che ha tutelato instancabilmente finora, permettendo all’Italia di recuperare credibilità e reputazione».

 

 In sostanza, su cosa dovrebbe puntare nel suo discorso?

«Due punti su tutti: l’europeismo “evolutivo”, nel senso inaugurato dal Next Generation Eu, e poi interpretato da lui stesso e da Macron nei discorsi di maggio, e l’atlantismo scevro da ogni ambiguità, tradotto nella vicinanza al popolo ucraino per cercare la pace senza cedere a chi, come Putin, vuole ridisegnare i confini dell’Europa con la forza».

 

 Il M5S però chiede il rispetto dei propri «nove punti»

«Ma quei punti non sono affatto in discussione, sono quasi tutti già nell’agenda Draghi, dal salario minimo al reddito di cittadinanza, addirittura rifinanziato e riformato da questa maggioranza nella legge di bilancio per il 2022. Men che mai possono registrarsi divergenze sugli aiuti alle famiglie e alle imprese contro il caro bollette e il caro energia, per i quali l’esecutivo ha già stanziato 33 miliardi di euro e che intende rafforzare fortemente a fine mese».

 

 Non si aspetta che tutti adesso chiedano di più?

«Ma non ha alcun senso accapigliarsi sull’ipotesi di uno scostamento di bilancio, perché, esattamente come lo scudo anti-spread su cui ragiona la Bce, al momento semplicemente non serve. Ci sono gli extraprofitti e gli extragettiti generati, ancorché in misura diversa, dalla guerra e dall’inflazione a poter finanziare le misure di sostegno, senza ricorrere ad altro debito. C’è l’affidabilità garantita proprio da Draghi e dall’attuazione puntuale del Pnrr a scongiurare i continui riferimenti al pericolo frammentazione degli spread e ai “rischi Paese”. A dispetto delle letture interessate e parziali di rancorosi e disastrosi ministri del passato, le riforme già approvate sono tutt’altro che invisibili: semplificazioni, governance, Pubblica amministrazione, digitalizzazione, giustizia, appalti, reclutamento universitario. E la nave Italia va: dopo la crescita del 6,6% nel 2021 e il primo trimestre 2022 con il segno più, la Banca d’Italia nell’ultimo Bollettino economico ha appena stimato un +0,5% nel secondo trimestre e rivisto al rialzo l’aumento del Pil per quest’anno, al +3,2% (al netto, ovviamente, dell’eventuale stop totale delle forniture di gas dalla Russia). Chi comprenderebbe un’interruzione della navigazione?».

 

Però quasi tutti i partiti sembrano scontenti.

«Nel massimo rispetto del posizionamento dei partiti, bisogna riconoscere che nessuno dei temi agitati come vessilli nel dibattito politico giustifica una crisi. Per di più a pochi mesi dalla conclusione naturale della legislatura, con una legge di bilancio da predisporre e alcune grandi riforme da ultimare. C’è moltissimo ancora da fare, che un governo dimissionario, in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, non potrebbe affrontare, nella palude di un Parlamento sciolto e impotente. Senza centrare i 55 obiettivi del secondo semestre 2022 l’Italia rischia di perdere circa 22 miliardi di euro, e altri in futuro».

 

Ci sono stati appelli di categorie, cittadini, sindaci: basteranno?

«I 17 mesi di Draghi hanno prodotto un grande cambiamento nel Paese reale, ma non ancora nella cultura e nella sensibilità dei partiti, rimasti visibilmente indietro, alle gare di bandierine e riconoscibilità, agli slogan ideologici, ai distinguo strumentali. Il Paese reale sta dimostrando di comprendere molto bene quali sarebbero gli effetti nefasti di un vuoto a Roma, se anche fosse limitato a pochi mesi, fino a novembre».

 

FI e Lega però pretendono che il M5S resti fuori dal governo. Un errore?

«FI e Lega hanno assicurato che assieme a Draghi vogliono continuare a difendere gli interessi degli italiani con serietà e coerenza. È legittima e comprensibile la reazione a caldo all’atteggiamento ambiguo, ondivago e spesso pretestuoso con cui il M5S di Conte è stato in maggioranza negli ultimi mesi e con la sfida in Senato giovedì scorso. Il Movimento, come ha detto Berlusconi, “rischia di fallire ancora una volta l’esame di maturità” e, dopo aver già perso un consistente gruppo di parlamentari fuoriusciti con Luigi Di Maio, corre il pericolo di nuove emorragie».

 

 Sta dicendo che il M5S si sta già dividendo in tronconi e non deve essere considerato un problema per FI e Lega?

«Dico che per il centrodestra di governo non è una questione di veti, ma di responsabilità: difendere con coerenza l’interesse degli italiani, oggi, vuol dire stare dalla parte di Draghi e andare avanti con i punti irrinunciabili della sua agenda».

 

La tentazione del voto però nel centrodestra è fortissima…

«Le elezioni anticipate non sono di per sé una sciagura. Ma serve sempre una attenta valutazione del rapporto costi-benefici, che oggi risulta enormemente squilibrato: i costi di urne anticipate di sei mesi appaiono di gran lunga maggiori dei benefici. Un gioco che, per il Paese, non vale assolutamente la candela e che, infatti, i cittadini non capiscono. Il centrodestra di governo sta dalla parte del Paese».

 

In sostanza, cosa si aspetta dai partiti domani?

«Che non pretendano da Draghi più di ciò che Draghi ha dato, ma abbiano la forza di condividere con Draghi una nuova prospettiva. I partiti che si riconoscono nell’agenda Draghi-Mattarella e nei suoi valori devono rinnovare una chiara e ferma responsabilità verso il Paese, riconfermandosi reciprocamente, e poi manifestando al Quirinale e allo stesso premier le ragioni di una fiducia non più solo emergenziale, ma squisitamente politica, per dare continuità e stabilità all’azione di governo. Il Capo dello Stato si troverebbe di fronte a una nuova manifestazione di significativa volontà politica».

 

E se a Draghi non bastasse?

«Draghi è reduce dall’ennesimo successo all’estero, ossia dalla sigla di 15 storici accordi con l’Algeria, che è diventata in pochi mesi il primo fornitore di gas del nostro Paese. È un passo fondamentale sulla strada dell’indipendenza dalla Russia, che in più conferisce all’Italia il ruolo di hub energetico per i Paesi del Nord Europa e rovescia le vecchie logiche di dipendenza del Sud. Occuparsi e preoccuparsi unicamente dell’interesse nazionale, con lo sguardo alle prossime generazioni: questo fa un vero statista, e non occorre aggiungere altro».