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GOVERNO. Le mosse disperate di Letta per sopravvivere gli accorciano la vita. Il primo a dover essere rimpastato è lui. Osservazioni sulla Consulta inconsulta

 

Letta

Perché fa così? Esce dai suoi binari pallidamente perbene e rifila un cazzotto a freddo a Matteo Renzi. Minaccia la stabilità e la ripresa autentica di un cammino per la pacificazione, infilandosi come fattore di disgregazione nel patto tra Berlusconi e il segretario del Pd sulle regole elettorali, dopo aver escluso il governo da questa pratica lasciandola come giusto al Parlamento. Ecco, perché Enrico Letta fa così? Istinto di sopravvivenza che suggerisce azioni disperate? Siamo al muoia Sansone con tutti i filistei?

 

Letta vede un giorno sì e il giorno dopo pure il Capo dello Stato, e magari a Napolitano lo avrà spiegato. Non osiamo credere che questo attivismo politico nasca in quei colloqui vigilati dai corazzieri. Ma la domanda resta. Perché fa così?

 

Frustrazione, disperazione dinanzi al proprio declino. Che lo porta a voler dimostrare la sua esistenza in vita come quei monelli che tirano sassi ai parabrezza delle macchine per cercare di deviare il traffico della vita che se ne frega di loro.

 

Noi diciamo che Letta avrebbe strade più dignitose per rientrare in politica dopo aver finto negli ultimi mesi di essere un governo sopra-la-politica, quirinalizio, a-parlamentare, a-partitico, in realtà anemico. Una potrebbe essere quella di riconoscere che finalmente si è mosso qualcosa di importante.

 

Che dopo l’uscita paonazza del segretario del Pd Epifani il 1° agosto con cui fu definita la fine delle larghe intese, ora si riapre una fase nuova e di legittimazione reciproca tra sinistra e centrodestra.

E potrebbe mettersi al servizio di questo processo autentico di cambiamento positivo, che fornirà a futuri governi la capacità di decidere e dunque di incidere.

 

Invece no. Una volta che un po’ di sangue gli inietta le guance, tira un colpo dalla parte sbagliata, e segna il tempo della sua fine precoce.

 

In Italia è in corso una lotta tra i conservatori della muffa, i giannizzeri dei poteri abulici che vogliono congelare l’Italia al tempo della sua eterna guerra civile, e chi vuole affermare il primato della democrazia, fregandosene delle intimidazioni che giungono da tutte le parti, specie dalla magistratura militante. E Letta ha scelto.

 

Letta aveva rinunciato a fare politica dal momento in cui avrebbe dovuto farla davvero, dichiarando che le questioni giudiziarie non lo riguardavano. In realtà consentendo che eliminassero il suo primo sponsor.

 

Ora interviene seminando zizzania due volte. La prima spendendosi per le preferenze. La seconda insistendo sulla necessità di fare una legge sul conflitto di interesse. Non si accorge che c’è già? E non l’ha fatta una sinistra incapace di tutto nei suoi nove anni di governo, ma Berlusconi con il suo governo…

 

Noi ridiciamo a Renzi e ai suoi “pacta servanda sunt”, e lo diciamo anche a Letta, visto che Renzi è segretario del suo partito. E quando si degna di far politica, Letta dovrebbe rispettarne le regole, o trarne le conseguenze e riconoscere che il primo a dover essere rimpastato è proprio lui.

 

 

P.S. “La Stampa”, con Luigi La Spina, riprende senza citarci (fa niente) le nostre argomentazioni sull’incredibile invasione di campo della Corte Costituzionale, che pretende di valutare preventivamente la costituzionalità della legge elettorale. Noi siamo qui a chiedere ancora (questo “La Stampa” non osa farlo) una sconfessione al Capo dello Stato di questa offesa alla Costituzione da parte dei “supremi giudici” che dovrebbero esserne i servitori senza cappuccio dell’anonimato.

Consulta inconsulta. O, direbbe Da Ponte, “sconsigliata”.

 

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA : “IL MATTINALE – 24 gennaio 2014”