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GOVERNO. Il movimento rivoluzionario della pacificazione innescata da Berlusconi e Renzi fa impazzire Grillo e spaventa i piccoli partiti

 

Grillo

 

Ci sono in corso due movimenti uguali e contrari. Uno rivoluzionario in senso proprio e in fondo astronomico. L’altro è tecnicamente reazionario. Pur di conservare il caos è disposto a tutto. Cominciamo da quello vero, autentico, rivoluzionario nel senso copernicano e non bolscevico del termine. Berlusconi e Renzi, incontrandosi, hanno costruito le premesse concrete e non parolaie della pacificazione.

 

Pacificazione in che senso? Fine della guerra civile fredda.

(Chiariamo, tra parentesi, che in realtà più che una guerra civile, che implica due parti appunto in guerra, era ed è tutt’ora una aggressione a senso unico: l’assalto con ogni mezzo al centrodestra in particolare nella persona del suo leader).

 

L’incontro costruttivo, segnato da “profonda sintonia” tra Renzi e Berlusconi, comporta la ragionevole speranza di un alt! alla pulizia etnica in corso in Italia da vent’anni e che consiste nella predisposizione di ogni mezzo per impedire l’accesso reale al governo dei moderati, con l’eliminazione del suo leader e di chiunque sia nei suo pressi.

 

La pacificazione non c’entra niente con l’appeasement, la rinuncia a se stessi, e alla propria visione del mondo per impastarla con quella dell’altra parte. Non è inciucio. Ma rende l’Italia un Paese liberale. Dove ciascuna famiglia politica può offrire la propria merce artigianale sulla piazza del mercato senza che arrivino i barbari a rovesciare la bancarella e a far fuori la concorrenza con l’uso di magistratura e polizia.

 

Insomma: ci si potrà combattere con lealtà, sportivamente, animosamente, pacificamente. Senza paura che se vince uno, uccida o faccia prigioniero l’altro. Finora la sinistra – con le sue casematte piazzate in magistratura, nei giornaloni e nella Rai – aveva impedito con protervia questa rivoluzione. Ora Berlusconi e Renzi iniziano un nuovo mondo.

 

E lo diciamo con cognizione di causa e una certa trepidazione. Perché?

Perché la controrivoluzione, la reazione si è palesata con virulenza in un senso e con sottigliezza infida in un altro.

 

Si guardino i quotidianoni di oggi. L’apertura è dedicata non ai passi aventi della legge elettorale, alla concordia nell’asse decisivo per il cambiamento. No. Il centro è lo squallore squadrista dei grillini. Con compiacimento i giornaloni – condannandoli, per carità – assecondano il gioco. Oscurano l’alba inquadrando con lo zoom il volo di questi corvi reazionari.

 

Cosa non si fa per riconoscere l’evidenza del nuovo. Che non sono gli assalti ai banchi, l’uso delle mani invece di quello della testa: gli anni ‘50 sono stati segnati da analoghe azioni di salto dei banchi dei comunisti, e non è il caso di farsi afferrare dalla nostalgia.

 

Ci sono forze reazionarie d’altro genere, però. Sono quelli del caos calmo. Sono le minoranze varie che oggi hanno in mano il (non)governo di questo Paese, e che allignano sostenitori in Parlamento disposti a tutto purché non accada nulla, e tutto resti tolemaico, con il sole che gira intorno alla loro casta meschina e autoreferenziale.

 

Sotterraneamente ma neanche tanto il rischio è che la vecchia guardia del Partito democratico cerchi di rimpossessarsi del bidone che Renzi gli ha portato via. E la strada è quello di sfiduciarlo attraverso voti segreti in Aula, e manovre per far approvare emendamenti che distruggano il bipolarismo, modificando le soglie.

 

Stesso gioco che fanno i partitini, paurosi di dover sloggiare dalla scena politica, e desiderosi di conservare il diritto di ricatto.

 

Come può sperare una forza politica di ambire a cambiare l’Italia se non ambisce a saltare l’asticella del 4,5 per cento? Misteri della logica. La paura invece di fare 90, non fa neanche 4 e mezzo.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 31 gennaio 2014”