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Chico Forti o Amanda Knox. A voi la scelta.

 

gIUSTIZIA

 

Palazzo di Giustizia di Firenze. Ieri finalmente si è conclusa l’enorme odissea costruita intorno all’omicidio di Meredith Kercher compiuto durante quella maledetta notte del 1 novembre 2007. Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati condannati a 28 anni e sei mesi  l’ex studentessa americana, a 25 anni con il divieto immediato di espatrio e ritiro del passaporto l’ingegnere pugliese.

Non a caso, il giovane di Giovinazzo(BA) è stato bloccato vicino al confine con l’Austria poco dopo il verdetto, in “una fuga non fuga” a dir poco rocambolesca. Anche se non si augura a nessuno di passare un quarto di secolo dietro le sbarre, lui difficilmente potrà sfuggire al suo destino, legge italiana permettendo.

Al contrario, aleggia una sorta di mistero intorno al futuro di Amanda Knox, non sappiamo quando e se farà realmente ritorno in Italia, luogo nel quale dovrà scontare la sua pena. Il rischio, è alto. Si ci riferiamo alla possibilità che l’Italia, la sua Giustizia e il suo popolo rischino ancora una volta di rimanere con le braghe calate; se la Knox non tornasse, la credibilità del nostro sistema Paese cadrebbe definitivamente sotto i colpi di un’incapacità atavica (tranne alcune parentesi) di imporre le proprie decisioni a livello internazionale. I Marò, i tifosi in Polonia, Nicola Calipari, Ustica, la strage del Cermis sono solo la punta di un iceberg, un grosso masso di ghiaccio che da oltre 50 anni si burla di questa Terra, di questa Nazione.

Il problema è culturale, politico, caratteriale; talvolta ci si mette la sfortuna. È pur certo che le orde populiste e non, hanno l’obbligo d’insistere forte su questo tema, affinché la classe politica assuma consapevolezza di questa enorme mancanza.

Il mio pensiero, a margine, è rivolto a Chico Forti, l’ennesima teatrale burla che ha subito l’Italia. Nel 2000, dopo un processo farsa, una giuria popolare della Dade County di Miami ha emesso una sentenza di condanna  all’ergastolo nei suoi confronti per l’omicidio di Dale Pike. Un verdetto di colpevolezza basato soltanto su flebili e confuse prove circostanziali, frutto di una serie infinita di manomissioni  da parte dell’accusa, con l’unico scopo di ottenere un verdetto di condanna.

Per questo il giorno successivo alla condanna di Amanda, ci stringiamo a lui, forse per sentirci più leggeri e meno in colpa; utopisticamente e in forma provocatoria ci divertiamo a proporre uno scambio equo alle autorità giudiziarie americane, ma in cuor nostro sappiamo che ciò sarebbe ingiusto al contrario. Saremmo contenti però se tale ipotesi arrivasse ai grandi della Terra, magari servirebbe a far acquisire alla nostra cara Italia un minimo di credibilità e forza sul piano internazionale.

 

Stefano Peschiaroli

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