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GOVERNO. La vitalità di Berlusconi e di Forza Italia attrae i moderati, e siamo già oltre quota 37. Possiamo farcela da soli, ma insieme è meglio per tutti. La pianta carnivora non abita qui, ma sta a sinistra

 
Casini

Quel Silvio Berlusconi, quella Forza Italia visti sabato alla prima prova di battaglia per la Sardegna sono il prototipo del futuro gran premio d’Europa e d’Italia. A Cagliari il Presidente Berlusconi ha mostrato che cosa vuol dire guardare senza occhiali rosati la crisi, tuttavia aprendo alla speranza, ad un nuovo sogno. Più difficile di quello del 1994, eppure sogno ragionevole.

 

Noi sappiamo cosa fare. Abbiamo chiaro che cosa pretendere dall’Europa, e come impostare la questione della riduzione delle tasse e della modernizzazione della macchina borbonico-comunista dello Stato.

 

Detto questo, per farlo occorre prima stabilire le regole, per impedire l’eterno pareggio o le quasi vittorie che si traducono in larghe intese dalle corte vedute. Che poi in Italia, finché c’è la guerra civile della sinistra contro il centrodestra e in particolare il suo leader, finiscono per ridursi a finzione, a legittimazione governativa della forca giudiziaria allestita in Tribunale e al Senato contro il protagonista politico di questi venti anni.

 

La questione è molto semplice. Il centrodestra è un luogo del cuore e un luogo della società, un forziere di valori e di chiari interessi. La differenza con la sinistra è il primato della persona sullo Stato, il privilegio dato all’iniziativa di individui singoli o che sanno mettersi insieme per fare impresa, per dare risposte ai bisogni. E la prima impresa si chiama famiglia, e il suo bene aziendale prioritario è la casa di proprietà.

 

Tutto questo oggi è ritenuto utopistico, la nebbia acida della crisi toglie lo sguardo, strozza ogni speranza, anche se questi valori non sono rinnegati ma confinati in ripostiglio tra i cari ricordi.

 

Chi sa dare consistenza e vitalità, piaccia o no (e a noi piace assai), primarie su o giù (per noi giù), è Silvio Berlusconi. Non è questione che sia giusto o sbagliato: la realtà è questa qua. O mangia questa minestra o salta dalla finestra, dove c’è il pulviscolo dell’antipolitica o dell’inesistenza.

 

L’alternativa è tra adesione alla comunità politica e umana fondata e rifondata da Silvio Berlusconi, in un rapporto di leale fraternità o la sottomissione a progetti di altri, alla sinistra pratica, che elimina chiunque non sia in linea per occuparne il posto e muovere le leve di comando (vedi caso Mastrapasqua).

 

L’andare in corsa solitaria per Ncd, Udc, Fratelli d’Italia, Alleanza Nazionale ed altre formazioni ancora non sarebbe condannare se stessi all’annichilimento parlamentare, ma sarebbe una maniera per scegliere l’ipotesi B, cioè la sottomissione alla sinistra, perché rischierebbe di consegnare loro l’Italia.

 bERLUSCONI

Berlusconi a Cagliari ha spiegato che Forza Italia punta da sola ad andare sopra il 37 per cento, ed è un obiettivo sensato raccogliere quel 37,4 che ottenne il Pdl nel 2008. Ma questo non significa affatto cannibalizzare o escludere amici e cugini. È nella natura dei moderati, ed in particolare del leader Berlusconi, valorizzare, dialogare, tirare somme e spremere sintesi ricche di vitamine. Guai dunque a buttar via con l’acqua sporca di interessi particolaristici e di ricatti politici, il bambino. Il quale a volte, ammettiamolo,  è affamato e lagnoso, ma è pur sempre una creatura di famiglia, di quella famiglia che è il centrodestra. E Berlusconi li riconosce come tali, con la pari dignità che hanno tutti i membri della famiglia, ma con l’evidenza di una gerarchia che – non fossero il carisma e la storia a proclamarlo – lo griderebbero i numeri.  La reciprocità del riconoscimento implica la lealtà dello sguardo e la considerazione del patrimonio che si mette insieme. Siamo per l’equità e per il merito, o per l’uguaglianza livellatrice? O quelli sono discorsi da comizio, ed invece nella vita reale prevalgono le posizioni di rendita e l’uguaglianza livellatrice?

 

Mirare ad avere più voti possibili, invitando a rafforzare il partito maggiore, appartiene alla logica concorrenziale ed emulatrice delle coalizioni. Detto questo, vale la lezione di  De Gasperi, che quando nel 1948 conseguì la maggioranza assoluta per la Democrazia cristiana, si alleò comunque con i partiti di centro: repubblicani, socialdemocratici e liberali. E non era un rapporto tra padrone e servi, ma tra leader, sancito per tale dalla forza dei voti, e alleati con perfetta paritetica dignità. Non ci fu bisogno di primarie, o ricordiamo male? O De Gasperi non era abbastanza democratico?

 

Dunque avanti con la riforma elettorale, senza cambiare le soglie. Vanno bene quelle del 37 e del 4,5. Con l’8 per i partiti solitari e 12 per le coalizioni. E non si giochi ai casi estremi per evitare la limpidezza del bipolarismo.

 

Noi saremo un bouquet vario e interessante, impugnato saldamente dal popolo dei moderati, i quali amano diversi dialetti, hanno accenti differenti, ma si intendono nella stessa lingua. E questa la parla Silvio Berlusconi. Per cui, dall’Italicum non viene un obbligo di cannibalismo, questo accade a sinistra, ma una spinta a far coalizione, e nella coalizione ad aggregarsi tra forze simili. La destra democratica è chiamata a superare le proprie divisioni, potenzialmente essendo in grado di superare facilmente il 4,5, se pensiamo che La Destra nel 2008 ottenne il 2,5, e Meloni, La Russa e Crosetto, coi loro Fratelli d’Italia, fuoriusciti dal Pdl,  hanno già superato nei sondaggi quel dato; così l’area popolare-cattolica, pur vigorosamente presente in Forza Italia, ha le caratteristiche per  tornare a casa, non vestita come il figliol prodigo, ma nella costatazione che il terzo polo è un guaio oggi rappresentato da Grillo. L’Udc nel 2008 ebbe il 5,6, prima di inguaiarsi con Monti. La Lega sei anni fa riscosse l’8,3, e attraverso correttivi già concordati nel patto Renzi-Berlusconi saranno garantiti partiti e movimenti a forte rappresentanza locale. Già ora, scrive Nando Pagnoncelli, sul “Corriere della Sera”, i sondaggi con l’ingresso di Casini che ha già scelto, ci danno sopra il 37… Guai a perdere l’occasione. Consolidiamo e rendiamo più ricco quel dato. Non con accordi di palazzo ma nella valutazione del bene dell’Italia.

 

Intanto, il governo sopravvive a costo di far morire l’Italia.

 

È ora che si deve cominciare a lavorare per battere un Renzi il cui partito ha molti mal di pancia, ma questo rende il Pd più pericoloso e vendicativo, instabile e senza garanzie di una linea certa. Ragione di più radunarsi e batterlo.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 03 febbraio 2014”