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Brunetta: Pdl, “Partito complesso ma sintesi c’è: meno tasse, più mercato”

 

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“L’accusa di Panebianco al Pdl, a proposito di un eccesso di statalismo, è ingenerosa dal punto di vista politologico, e datata dal punto di vista dei fondamentali di un’economia globalizzata”. Lo scrive Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera dei deputati, in una lettera al “Corriere della Sera”.

 

“Siamo stati tra i pochi a sostenere Sergio Marchionne sulle vicende Fiat, quando Confindustria non esitò a prenderne le distanze. Ne condividevamo l’impostazione: in un mondo senza frontiere, sopravvivono solo coloro che sanno interpretare i nuovi paradigmi della competizione internazionale. Se questi principi valgono per l’auto, a maggior ragione valgono per quei settori che sono il cuore stesso della globalizzazione, come il trasporto aereo, o il settore della telefonia”.

 

“Le vicende di Telecom e Alitalia devono essere esaminate alla luce di questi presupposti. Cogliendo le luci e le ombre di tale processo e i sottesi pericoli. Questi ultimi coincidono con una sorta di neo imperialismo di ritorno. Nessuna chiusura nella fortezza nazionale, ma ricostruire il profilo produttivo delle aziende. Il tema politico principale è la caduta di quelle barriere che soprattutto in Francia e Germania limitano il libero mercato”.

 

“Tornando all’editoriale di Panebianco, credevamo che il confronto ideologico tra statalismo e liberismo fosse ormai superato. Gli effetti che questi modelli hanno prodotto e stanno producendo dovrebbero insegnarci maggiore prudenza. Soprattutto dovrebbero insegnarci ad affrontare il dibattito sulla politica economica e industriale tenendo in conto il contesto europeo nel quale l’Italia è inserita. L’Europa infatti non è un esempio di regolazione simmetrica, efficiente, trasparente. Il panorama regolativo è ancora un vestito di Arlecchino. Ma non vi è di che stupirsi: la storia dei sistemi economici del nostro Continente è diversa da paese a paese per tipologia strutturale del capitalismo, ruolo dello Stato e del mercato, banche centrali e banche, specializzazioni produttive, politiche energetiche. Del vestito di Arlecchino occorre prendere atto e agire di conseguenza”.

 

“Va bene che ci sia competizione fra imprenditori di un Paese e quelli di un altro, va meno bene che gli imprenditori di un Paese abbiano come concorrente uno Stato, o un’impresa privata nella forma e statale nella sostanza. Gli esempi che qui proponiamo dimostrano che non siamo di fronte a un teorema, ma a un dato di realtà.

1. L’annuncio dell’ingresso di Poste Spa in Alitalia ha generato proteste da parte di concorrenti europei del nostro vettore. Ed è singolare che ciò avvenga in un’Unione in cui gli Stati sono già intervenuti per salvare, e talora nazionalizzare, banche inglesi, francesi, tedesche, belghe.

2. Alitalia è stata salvata nel 2008. Con l’ok dell’Ue. Il problema non fu il salvataggio e la cessione a una cordata di privati. Quanto la congiuntura negativa in cui l’operazione è avvenuta.

3. Siamo tra i primi paesi europei per afflusso di turisti. C’è dunque un mercato ricchissimo da sfruttare. Allora, niente furbizie: se si prova a salvare Alitalia, lo si faccia nel pieno rispetto delle regole europee, in particolare quelle sugli aiuti di stato, come già avvenne nel 2008”.

 

“Queste storie non descrivono il mondo ideale di un astratto liberalismo. Mostrano il travaglio di una transizione in cui non tutti i giocatori rispettano le stesse regole. Siamo consapevoli di queste contraddizioni, ma non ce ne facciamo travolgere. Siamo un partito complesso, con culture diverse, ma quel che conta è la sintesi finale. Abbiamo una stella polare: meno Stato, più mercato; meno centralismo più sussidiarietà; soprattutto meno tasse, che sono il fondamento vero dello Statalismo”, conclude Brunetta.