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GOVERNO. Renzi contro Letta. Un tira e molla che stufa gli italiani e fa male all’Italia. Analisi dei poteri forti: chi sta con chi. Necessità di un altro esecutivo

 

Renzi Letta

Il nostro Paese non può permettersi il lusso di perdere tempo con spettacoli da fiera campestre, tipo il tiro alla fune tra Letta e Renzi, magari con l’arbitro Napolitano che neutrale proprio non è. Ieri abbiamo scritto che è giunto il momento di assumere scelte drammatiche, dove “drammatico” non significa negatività, , ma rimanda a qualcosa che sia in grado di tutelare democrazia e libertà. Negli ultimi anni vent’anni, ed in particolare dal 2011 ad oggi, abbiamo assistito al verificarsi di eventi inquietanti, tesi a rovesciare i verdetti popolari che avevano posto Silvio Berlusconi alla guida dell’Italia. Sinistra e magistratura, intrecciati in interessi.

 

Tempo fa, dalle colonne del Mattinale, abbiamo proposto un’operazione verità, con l’obiettivo dispiegare all’esterno cosa fosse realmente accaduto dal novembre 2011 in poi. Così ieri Renato Brunetta, Presidente dei deputati azzurri alla Camera: “Le due presidenze, Monti e Letta, non possono essere messe sullo stesso piano e non possono essere trattate con il tipo di ricostruzione proposta oggi dal Capo dello Stato. Mario Monti diventa Presidente del Consiglio nel novembre 2011 a causa di un attacco speculativo contro il debito sovrano del nostro Paese. Attacco speculativo che l’opposizione politica, capitanata dal Partito democratico, ha cavalcato per fare fuori il governo legittimo del Paese. Una forzatura istituzionale che non ha eguali nella storia dei paesi democratici.

 

Enrico Letta, invece, è il prodotto del pareggio sostanziale alle elezioni del febbraio 2013, nonché del forsennato tentativo (fallito), sempre del Partito democratico di Bersani, di allearsi con il Movimento 5 stelle per formare un governo. Due storie diverse, lo stesso fallimento politico e morale, in cui la nostra sovranità e la nostra democrazia hanno subìto un durissimo colpo. Altro che capriccio all’italiana”.

 

Già, altro che capriccio. In questi mesi il Paese è ostaggio delle liti interne e capricciosissime – esse sì – al Partito democratico, liti che si sono intensificate dopo che Matteo Renzi è stato eletto segretario. Pare che i poteri forti, scivolati nell’ombra dopo la cacciata di Silvio Berlusconi prima dal governo e poi dal Senato, siano tornati a investire la politica dei propri desiderata. Il governo è immobile, e quando fa qualcosa prende abbagli: sarebbe gradita la sostituzione di Letta con Renzi, avrebbero fatto sapere dal mondo dell’alta finanza. Claudio Cerasa sul Foglio di oggi propone un vasto elenco dei “potenti che spingono Renzi a rottamare Letta”. La lista è lunga. Tra essi brillano Tronchetti Provera, Della Valle, De Benedetti e quasi tutti i banchieri. Filo Letta sarebbe rimasta “solo” la Fiat, sempre meno italiana, insieme con Bazoli e Ghizzoni, rispettivamente di Banca Intesa e Unicredit. Ma l’elenco completo lo trovate sul Foglio.

 

Noi non sappiamo se sia vero o meno. Di certo Forza Italia è propensa ad ascoltare le voci e gli interessi della piccola e media impresa che dalle banche ha avuto calci che non ispirano ragioni di fiducia. Noi qui segnaliamo però che la partita è grossa. E una volta tanto l’establishment economico-finanziario potrebbe non mettere i bastoni tra le ruote a un cambiamento. Che oggi dipende dall’avanzare del progetto Italicum, che non è solo un modello elettorale, ma un’idea dell’Italia rasserenata, dove non si combattano guerre civili palesi od occulte, ma si completa su progetti trasparenti tra avversari che si stimano. Da lì dipendono speranza e prosperità.

 

Questo implica la permanenza di Letta a Palazzo Chigi? Oddio, non è certo possibile aspettare che Letta sciolga le riserve e si decida a render noto il testo di “Impegno 2014”. Né che si affronti una crisi ancora durissima con qualche rattoppo ministeriale dopo verifiche dell’antico conio di parallele convergenti.

La si chiami pure staffetta. Ciò che conta è che l’Italia torni ad avere una guida certa, preferibilmente – se ciò non è considerato eversivo dalla Corte costituzionale – scelta dal popolo e non dai poteri forti (ma un po’ marci) tornati a batter cassa. Se sì, sì; se no, no. Altrimenti, stiamo freschi.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 06 febbraio 2014”