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GOVERNO. Il ribaltone di Renzi e dei poteri forti. Opposizione dura a un golpe in braghe corte. Il segretario Pd rinnega anche il Patto con Berlusconi? Noi no

 
 

 

Renzi e BerlusconiChe succede? Una specie di ribaltone florentin?  Dov’è la novità di Renzi? Solo un numero nuovo dopo la parola ribaltone?

 

 

Abbiamo infilato una serie di quattro punti di domanda. Per puro spirito garantista, confidando che indizi e prove siano smentiti dai fatti. I quali danno grandi botte in testa alla nostra voglia di avere ancora fiducia nell’uomo che ha accolto Berlusconi neanche un mese fa, il 18 gennaio, sabato, ore 17.33, nella sede del Pd, con la solennità di chi rinuncia a una guerra civile scatenata da vent’anni.

 

Tutto però, finora, parla un linguaggio diverso e triste, rispetto a quel sabato di pioggia.  Cip-Letta sarebbe eliminato da Ciop-Renzi. Un affare di noccioline, una contesa tra i due clan di un Partito travolge ancora la democrazia italiana…

 

Con ciò ci si fa burla di due pilastri delle recenti speranze di un nuovo avvento.

1) Il conclamato riconoscimento del primato della sovranità popolare.

2) Il rispetto del Patto della “profonda sintonia” tra il segretario del Pd e il Presidente di Forza Italia.

Sul primo punto non c’è molto da soffermarsi ma tanto da ribellarsi. Non si fa. Non si va al governo del Paese senza essere stati votati. Questo è un imbroglio. Con tutto questo non vogliamo credere che Renzi sia un imbroglione. Ma il segretario e premier in pectore sa quello che fa? Ha misurato le conseguenze delle sue scelte rispetto al percorso delle regole e delle riforme?

 

E qui siamo al secondo punto.

 

Anticipiamo subito la sintesi: per noi il Patto della “profonda sintonia” è valido e vigente. Per Renzi? Gli facciamo omaggio di un altro interrogativo sperando non sia retorico. Gli atti per ora dicono che sta facendo saltare per aria il tavolo. E i dubbi mordono recenti certezze, che non vorremmo dismettere, sulla tenuta democratica del sindaco di Firenze di fronte alle urgenze del suo “io” gigantesco.

Infatti: come ci si può fidare di chi prende tutto, senza elezioni, montando in groppa ad una montagna di seggi acquisiti grazie al microscopico vantaggio dello 0,37 per cento di voti? Ovvio che faremo una opposizione chiara, netta, sia quanto a legittimità sia riguardo ai contenuti.

 

Ci domandiamo come lui si chiese tre giorni fa “chi glielo fa fare di andare al governo senza voti?”. E noi purtroppo riusciamo persino a individuare qualche risposta non bella. Scorgiamo nell’indebolimento di Napolitano – tenuto sotto scacco da tre suoi ex campioni come Monti, Prodi e De Benedetti – una delle chiavi per rispondere.

 

Ha ceduto alla lusinga dei poteri forti, il nostro Renzi. Ha dato un colpo di acceleratore che rischia di svellere la prima pietra di una democrazia autenticamente occidentale, dove si gareggia tra avversari e non si afferra più il coltello delle prepotenze giudiziarie per vincere.

Allora? Che ne sarà del patto delle regole, della riforma elettorale con il bipolarismo dell’Italicum, con il superamento del Senato e del Titolo V della Costituzione sulle autonomie locali?

 

Non vogliamo solo una risposta a chiacchiere, in quelle sappiamo già che è fenomenale. Girerà e rigirerà la frittata come Fonzie il suo chiodo. Aspettiamo fatti, di solito più testardi delle frasi al neon. Finora si era andati bene. Salvo un punto, i tempi. Dovevano essere rapidi. Il Partito democratico, che fino a prova contraria è lui, ha rallentato paurosamente. Due settimane di rallentamento. Adesso che, salvo imprevedibili decisioni di Napolitano da Cascais, il suo incarico per Palazzo Chigi è scontato e pure rapido, si rimanda ancora. Punto di domanda, o anche punto esclamativo.

 

Noi abbiamo creduto a Renzi. Il patto tra lui e il Presidente Berlusconi ha rappresentato un fragrante vento di primavera che spazzava via i cascami di una guerra civile fredda condotta contro la persona di Silvio Berlusconi e del popolo che lo riconosce come leader. Adesso come può chi guida il governo con la sua rispettiva maggioranza, guidare contemporaneamente un programma di riforme istituzionali con una maggioranza diversa e confliggente con la prima?

 

Non esistono precedenti. E, con tutto il rispetto, un ribaltone dalle braghe corte è un pessimo segnale per camminare insieme. I ragazzetti purtroppo sono piuttosto portati agli sgambetti. Non ci faremo imbrogliare.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 12 febbraio 2014”