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GOVERNO. Mario Monti, la goffa missione di eliminare Berlusconi e l’incapacità di “fare centro”…

 

 

Mario Monti incontra Jose Manuel Barroso

 

 

Ci occupiamo di Mario Monti per un paio di ragioni. La prima è che ci fa tenerezza. Ci dispiace vederlo agitarsi così per il proprio insuccesso. E vorremmo soffrisse di meno, battendo inutilmente la fronte contro il muro ruvido della realtà. La seconda è che la sua parabola politica consente di trarre istruttivi elementi per il futuro.

 

 

 

 

In sintesi: non c’è alternativa al bipolarismo. Il centro quando si materializza oggi in Italia è per far vincere la sinistra. In questo Monti stava quasi per riuscirci. Infatti la sinistra non ha vinto, ma quasi. Di certo, Monti ha impedito che la situazione in Italia fosse più serena. Ora ci limitiamo a una costatazione. Non solo il progetto montiano di centro è fallito, ma anche quello di centrino, gliel’hanno sfilato. Era stato mandato qui da noi a eliminare Berlusconi, ed è riuscito quasi a far fuori l’Italia, ma sicuramente a far fuori se stesso.

Interessante notare come la prospettiva strategica che ha rappresentato nella politica, a parte la funzionalità al progetto tedesco, sia oggi dichiarata fallita anche da chi in un primo tempo elogiò Monti e la sua linea come quella di un salvatore della patria (forse quando si sperava fornisse una stampella, magari corta e scalcagnata al Senato per un governo Bersani).

Anche come guastatore del centrodestra e dei moderati è riuscito a tirare un petardo, ma non ha frantumato il centrodestra.

 

 

 

 

Ora Ilvo Diamanti su “Repubblica” entra nel nostro club e ne accettiamo volentieri l’iscrizione. Il titolo dell’analisi del politologo è “Il grande equivoco del piccolo centro”. Scrive: “Non esiste la possibilità, per un soggetto politico di Centro, peraltro ‘piccolo’, di svolgere un ruolo critico, distinto e autonomo”.

Come volevasi dimostrare.

 

 

Monti Merkel Sarkozy

 

Dunque, Mario Monti è entrato in scena nel 2011, con la missione (fallita) di mettere insieme centristi, centrini e transfughi del Pdl e dividere i moderati, frazionare in più partiti il centrodestra, e soprattutto evitare che Silvio Berlusconi si imponesse nuovamente sulla sinistra alle elezioni politiche dello scorso febbraio.

 

Nell’intervista al Corriere della Sera l’ex premier ha candidamente spiegato cosa c’era dietro all’operazione che lo portò prima al governo e poi a improvvisarsi leader (?) di una formazione centrista che aveva il compito (per conto di chi?) di svuotare il Pdl e di sbarrare la strada a Berlusconi verso il Quirinale. “Senza di noi – ha infatti ammesso – il Pdl avrebbe la maggioranza alla Camera e al Senato, Berlusconi sarebbe diventato a sua scelta presidente della Repubblica o presidente del consiglio, e avrebbe deciso da chi sarebbe stata occupata l’altra posizione”.

 

Dopo queste parole, potremmo evocare Bildenberg, la temuta Spectre sovranazionale di cui Monti fa parte, ma non siamo dietrologi fino a questo punto, e ci limitiamo a constatare che il ruolo sicuramente svolto dal Professore è stato quello di utile idiota della sinistra. Però, però… l’intervista del senatore a vita ci fa tornare alla mente un sacco di cattivi pensieri.

 

Come, ad esempio, le rivelazioni del Wall Street Journal sulle pressioni che la Cancelliera Merkel avrebbe fatti per la defenestrazione di Berlusconi da premier, e che non sono mai state smentite. In quei mesi torbidi e per molti versi oscuri del 2011 ci fu una terribile pressione politica e psicologica che indusse Berlusconi a dimettersi nonostante il Parlamento non lo avesse mai sfiduciato, perché venne sistematicamente individuato, con una sapiente disinformazione interna e internazionale, come l’ombelico di tutti i mali del mondo. Poi gli italiani si accorsero, quasi subito, che non era lui, ad esempio, la causa dello spread.

 

 

bERLUSCONI wALL sTREET jOURNAL

 

 

Eppure due entità così diverse rappresentate dalla Camusso e dalla Marcegaglia avevano firmato documenti congiunti, scritti col curaro, solo per abbattere il Caimano. Salvo poi riprendere strade immediatamente opposte.

 

 

Berlusconi assicurò, in un’intervista al Tg5, di essersi dimesso solo per senso dello Stato e per una questione di responsabilità nei confronti degli italiani. Ma i dubbi restarono intatti, e non sono mai stati fugati. I continui contatti tra il Colle e il capo di Stato tedesco, gli attacchi dei media internazionali, la speculazione che mise in ginocchio Piazza Affari e il gioco di sponda fatto dall’opposizione in Parlamento, nonché lo strano pranzo a Berlino di due alti esponenti politici italiani proprio nel giorno delle dimissioni… Erano e restano tutti indizi che portano acqua alla tesi del complotto. Tanto che la Lega – ricordate? – propose l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta per “ricostruire realmente i fatti e gli accadimenti che hanno portato alla fine del governo e alle dimissioni di Berlusconi”.

 

Del resto, le già citate indiscrezioni del Wall Street Journal ricostruirono perfettamente il clima di quelle settimane convulse, che portarono all’annientamento della volontà popolare e a un governo tecnico che fu classificato come una sospensione della democrazia. Erano i giorni dello spread ai massimi, dell’Unione europea che entrava a gamba tesa sul governo perché approvasse una nuova manovra economica e della sinistra che – con i transfughi finiani – alle Camere brigava per far mancare la maggioranza al governo. Non solo: erano i giorni in cui testate come l’Economist, il Times e il Financial Times invitavano un giorno sì e l’altro pure Berlusconi a lasciare la presidenza del consiglio. Insomma: non lo scopriamo certo ora che nel secondo semestre del 2011 accaddero fatti decisamente strani: consultazioni continue al Quirinale con i gruppi parlamentari nonostante che il governo fosse pienamente in carica con la fiducia di entrambe le Camere, le lettere e i richiami della Bce e della Commissione europea scritti in tutta evidenza da manine italiane, l’attacco speculativo ai titoli Mediaset, le risatine compiaciute della Merkel e di Sarkozy diffuse e amplificate dai media italiani.

 

Ecco: anche a noi che non siamo dietrologi, l’intervista di Monti al Corriere della Sera dopo che il suo centrino si è precocemente frantumato insieme alla sua pallida figura di leader, il tarlo del dubbio ce lo ha di nuovo insinuato. Ma forse non è solo un dubbio: l’assalto finale per eliminare Berlusconi dalla vita politica iniziò da lì, ed essendo fallito è tornata pesantemente in campo l’opzione giudiziaria. Ma la risposta compatta del Pdl ai due anni di interdizione dai pubblici uffici ci ha detto che Berlusconi resterà anche questa volta in campo, egregio Professor Monti.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA “IL MATTINALE – 21 ottobre 2013”