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GOVERNO. All’opposizione. Con un leader e con un programma alternativo. E Renzi non faccia il premier pigliatutto dello 0,37 per cento

 

 

Opposizione

Non basta essere simpatici, avere piglio, per spostare la sostanza delle cose. Ed essa è che a Matteo Renzi non spettava e non spetta il posto di Presidente del Consiglio.

Detto questo, siccome non siamo gente da barricate per strada e neanche da cortine di ferro mentali, siamo pronti a confrontarci con lui in Parlamento e dovunque.

 

Constatiamo che Speedy Gonzales o Beep Beep, come lo chiama con trasporto da cartone animato “Repubblica”,  si sta prendendo il suo tempo. Sta riempiendo il vuoto con squilli di tromba e date di calendario. Una riforma al mese, o cose simili. Contenuti ignoti. Ha addirittura annunciato un piano quinquennale, di memoria non precisamente felice, per riformare la Costituzione. Nessun voto popolare, fidatevi, sono bravo, sono bello, sono fotomodello. Mamma mia.

 

Abbiamo già detto che siamo all’opposizione di questo governo Renzi-Alfano. Un’opposizione seria, del resto non sapremmo farne altre. Essa comporta non solo e non tanto dire di sì o di no ai disegni di legge che verranno proposti per il voto del Parlamento. Non siamo l’uomo Del Monte, o gli Assaggiatori Anonimi, che dicono di sì o di no all’ananas maturato nelle piantagioni della sinistra.  Non creda Renzi di sedersi con noi intorno a una tabula rasa.

 

Paragoneremo ai suoi programmi (aspettiamo) i nostri programmi, precisi e circostanziati, le nostre riforme fatte e approvate, ma congelate dalle burocrazie e dalle ragnatele che producono per autoconservarsi. Ci confronteremo avendo questo nella testa e tra le mani, a viso aperto, non abbiamo trame oscure o capi occulti, noialtri di Forza Italia. Il nostro leader è Silvio Berlusconi, basta così, nessun extratesto.

 

Di seguito proponiamo i punti forti dei nostri programmi per risollevare l’Italia.

Tra gli annunci tonitruanti di Renzi ci colpisce manchi, persino a livello di slogan, qualsiasi riferimento alla giustizia. E ci sorprende. È come se il segretario del Pd dimostrasse di essere proprio del Pd, Pd profondo, Pci eterno, e di non cogliere quale sia stato il motore che girava e gira all’incontrario, impedendo al nostro Paese di rompere le catene e andare al largo.

 

C’è poi una pietra angolare che non accetteremo sia rimossa o picconata.  Ed è l’accordo del 18 gennaio al Nazareno. Per noi quello era ed è, quello valeva e quello vale. Riforma elettorale, superamento del Senato, riforma del Titolo V della Costituzione sul rapporto tra Stato e autonomie locali.

Se sull’Italicum apprezziamo la determinazione del premier in pectore di risolvere tutto entro febbraio, e nei termini consolidati nel patto; per quanto riguarda il resto, è da decidere insieme come cambiare il Senato.

 

Renzi non ha affatto carta bianca, ci mancherebbe. Come pure sul Titolo V. Si tratta di rimediare  ai pasticciati articoli votati con quattro voti di maggioranza dalla sinistra nel 2001, e fonti di inestricabili contenziosi tra Regioni e Governo. Ma non creda Renzi di prescindere, quasi  non fosse mai esistita, dalla riforma federalista votata dalle Camere in quattro passaggi e poi annullata, grazie all’ostilità del Quirinale e della Armada conservatrice dei mass media, in un referendum estivo del 2006. Se non ci fosse stata quella disgraziata bocciatura, ora i deputati e i senatori sarebbero pressoché dimezzati, e ci sarebbe un federalismo virtuoso e risparmioso…

 

A quanto fa sapere, Renzi però non si accontenta di questi passaggi essenziali e concordati  per poi andare al voto, com’era stato preventivato il 18 gennaio (peraltro il sindaco di Firenze non comunicò nemmeno l’intenzione di scalzare Letta all’insaputa del popolo elettore), ma vuole riformare tutta quanta l’architettura costituzionale.

A questo punto  tocca far presente poche elementari premesse.

 

1)   Il Parlamento è falsato nella sua composizione da una legge elettorale incostituzionale, non è moralmente qualificato per portare a termine una legislatura costituente.

 

2)   Un Presidente del Consiglio che non è stato eletto a suffragio universale agisce di fatto già sulla base di un’altra Costituzione che non è quella italiana, ma forse quirinalizia o fiorentina o nazarena o debenedettiana. Non italiana e democratica.

 

3)   Comunque sia, la Costituzione per essere riformata necessita del consenso il più largo possibile, e questo non può essere certo misurato sulla base di seggi che regalano 148 deputati alla sinistra. Lo 0,37 per cento dei voti di differenza non autorizza alcuna forzatura o pretesa egemonica che sarebbe l’iterazione di un golpe senza fine.

Siccome abbiamo ragione di credere che Renzi conosca molto bene questi dati di fatto, e che non pretenda, sulla base di un regolamento di conti interno ad un partito, di regolare la vita di questo Paese da oggi all’eternità, con una presunzione di palingenesi che neanche Bakunin; allora ci aspettiamo che usi questo slancio per rendere più soda la democrazia e i processi di riforma, e non per fare il premier pigliatutto, indipendente da tutto, meno che dai poteri finanziari ed editoriali, e fors’anche giudiziari, che sono venuti in questi giorni allo scoperto con loro gran dispitto.

 

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 18 FEBBRAIO 2014”