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RENZI. Si è schiantato contro il manganello di Grillo. Perché lo streaming è il suicidio della democrazia

 
 

Grillo e Renzi

Il protagonista dell’incontro tra Renzi e Grillo non è stata la politica, non è stata la maggiore o minore abilità dei duellanti, ma lo streaming. Ieri è stato comunicato non il contenuto del pensiero di Renzi e di quello di Grillo (ammesso che ne abbia), ma l’occhio ha comunicato l’occhio.

 

In fisica quantistica esiste il principio di indeterminazione. Dice una verità elementare: l’atto della conoscenza modifica l’oggetto della conoscenza. Non se ne esce. Eppure conoscere è possibile, accettando la deformazione che lo strumento di conoscenza porta con sé, e facendo la tara. Vale per i giornali, per le fotografie, per le riprese televisive. Lo streaming è di più. Introduce un elemento di pubblicità impedendo lo specifico di una comunicazione politica, che implica diffidenza, ma anche fiducia. Implica che il politico goda almeno del consenso e della stima, se non di tutti, almeno di coloro che rappresenta. I quali si fidano. Non hanno bisogno di spiarne le mosse dal buco della serratura, perché sa che esistono gesti, modi, scansioni di parole che valgono se sono a tu per tu.

Chi introdusse e obbligò allo streaming, anche se allora non c’era, ma esistevano solo i microfoni, fu Lech Walesa ai cantieri Lenin di Danzica. Nelle trattative con il potere comunista volle che tutto fosse chiaro, pubblico. Con ciò stesso dimostrò la sua forza e svelò che il potere dittatoriale è incapace di dialogo orizzontale e paritario. Accettando il quasi-streaming il potere riconobbe di essere infido e nemico del popolo, e segnò la propria fine.

 

In democrazia lo streaming nega l’essenza della democrazia, che non è solo rapporto di forza, ma incontro di uomini, con quello che comporta tutto questo. La trasparenza ha i suoi momenti, e coincide con lo show, il mostrare, l’aula parlamentare, gli atti sottoscritti e vincolanti. La trasparenza non è lo streaming, che è piuttosto una forma di intercettazione risaputa, uno spionaggio ufficiale, un Grande Fratello permanente, dove conta la recita, la violenza, l’occupazione del territorio. Per questo ieri, al di là della simpatia suscitata da Renzi nei suoi amici e in chiunque preferisca il dialogo alla cascata di contumelie, nella competizione di streaming ha stravinto per ko tecnico il suo inventore italiano, cioè il medesimo Grillo.

Diciamo che Renzi ha anche mostrato i suoi limiti. Ha espresso la sua dialettica che è fatta di battute. Ne ha piazzate un paio: esci-dal-blog, stai-facendo-il-trailer-del-tuo-prossimo-show. Ma è stato travolto. Grillo ha vinto perché coincide con il blog, coincide con lo streaming. Coincide con la pratica manganellatrice.

 

Il problema è duplice.

 

a)    Non preoccupa che Grillo lo abbia dato in testa a Renzi (ha la capoccia dura), ma che un sacco di italiani tifino per il manganello.

b)    La sottovalutazione del manganello, l’incapacità di riconoscerne l’essenza violenta. Così Renzi, con scarsa lungimiranza, l’ha lasciato usare a Grillo. Il quale è entrato sul campo di pallone con la licenza di usare il coltello dello scuoiatore di foche.

 

Occorrerà fare in modo che, a chi non dà assenso alle regole minime del calcio, sia impedito di distruggere il campo, bucare il pallone e svellere le porte.

Emerge la necessità, ben oltre i divieti, della testimonianza di buona politica e che essa sappia comunicarsi. Consapevoli che Grillo non si batte con una tecnica di comunicazione, bensì essendo oltre che bravi tecnicamente, più veri, più autentici di lui.

Vedi la lezione inflitta da Berlusconi a Santoro e Travaglio. Non ha applicato espedienti dialettici, ma ha spezzato la metrica di “Servizio pubblico” con la sua testimonianza vitale. Lo ha dimostrato di nuovo ieri, incontrando Renzi e riferendone i contenuti a favore di telecamera.

 

Ha esercitato attivamente  con l’avversario una pacificazione di buona volontà, indispensabile per districare questo grumo che impedisce al sangue della democrazia di circolare nell’organismo nazionale.

(Di certo, la guerra civile fredda finora condotta dalla sinistra in ogni ambito della vita pubblica e privata contro Berlusconi e la gente di centrodestra non è stata e non è una buona scuola. Ma confidiamo che Renzi almeno questo l’abbia ben compreso).

 

PER APPROFONDIMENTI, LEGGI IL MATTINALE – 20 FEBBRAIO 2014