Socialize

GOVERNO. Odore di Prima Repubblica, da Roma a Sanremo. O patto o casca l’asino. Renzi avvisato, mezzo salvato

 

Renzi

Qui siamo alla Prima Repubblica con età anagrafica più bassa, ma la palude è quella, con la ripetizione di incontri e cattivo caffè, frasi fatte rimbalzanti sulle pareti delle stanze e poi invece che soltanto in tivù anche sul Web.

 

Se un po’ di tempo fa dire Prima Repubblica, dinanzi alla crisi economica spaventosa, sembrava quasi evocare tempi felici, almeno secondo i colti osservatori della vita sociale, i dati del Festival di Sanremo dicono che la nostalgia è noia. È la cosa più vecchia e inutile che ci sia.

 Sanremo-2014

Appartiene al mondo sbiadito e senza più fascino dei Fazio, delle Littizzetto, e del mondo retrò che come dice la parola stessa sta nel loro retrobottega cultural politico.

 

Il pensiero gramsciano dell’egemonia si rivela un sogno per lo meno azzardato. Nel momento in cui la cultura che pesca ancora nel Marx-caviar system è convinta di avere conquistato il cuore della nazione, il centro del petto, il ceto medio e i giovani, mostra di essere insopportabilmente tetra.

 

Perché la gente comune non sopporta più la distanza siderale che c’è tra il buonismo professato, il sogno imbellettato con le chiappette della Littizzetto, e l’attaccamento di costoro ai segreti di Pulcinella dei loro contratti milionari, dei loro interessi che non c’entrano nulla con quelli veri di quei Sessantamila di Roma.

 

Sono vecchie, consumate, anche le retoriche dell’Italia dove le uniche colpe sarebbero – come da recita di Gian Antonio Stella al Festival di Sanremo – della politica. Ehi, ma perché Stella e Sergio Rizzo non applicano i medesimi criteri sulla distruzione dell’Italia alla distruzione del patrimonio di casa loro, il Corriere della Sera-Rcs?

 

Dove comandano gli stessi i cui figli lavorano al Festival e con Fazio, insieme a maestri della penna rossa di “Repubblica”, in un intreccio di nepotismi e carrierismi, con i soldi del canone e delle banche, che era l’essenza della Prima Repubblica portata al diapason.

 

Così ci tocca constatare che finora Renzi non è riuscito a mantenere, almeno in questa fase delle trattative, quella rapidità e chiarezza promesse.

 

Discontinuità, poche ore e tutto è risolto, dice lui. E gli tocca vedersi smentito da Schifani e Quagliariello.

 

Un punto per noi è chiaro. Non sono ammesse trattative che contemplino come risultato il rinvio della legge elettorale nei termini del Patto Italicum. Non si capisce perché Renzi non debba scrollarsi di dosso i ricatti e le ricotte dei piccoli nuovi vecchissimi partiti.

 

Assistere anche solo per un istante al comodo di fotografi di un vertice dei partiti di maggioranza con ventitré capi e 9 (nove!) partiti contraddice anzitutto la lingua italiana. Un vertice a nove punte non è esattamente un vertice, non è la punta del Cervino ma al massimo il Resegone, che è una bella montagna ma bassa, a forma di “séga”.

 

La famosa noia di Renzi per i vertici di maggioranza si scontra con il fatto che gli tocca subirli, anche se li delega ai numeri due e dichiara di snobbarli.

 alfano-schifani

Salvo di notte recuperarne l’essenza con un conciliabolo con Alfano, da cui non si capisce se quest’ultimo esce ministro o ex ministro…

 

Questa stessa trafila tardo-bizantina, simile alla scenografia di Sanremo, uggiosa e soffocante, per essere smontata ha bisogno proprio della realizzazione del Patto del 18 gennaio.

 

 

In diplomazia si chiamerebbe “implementazione”, una brutta parola, per segnalare la necessità di non spedire la riforma elettorale “a dopo questo” a “dopo quest’altro”, cioè al mai.

 

Quel Patto, tagliando le unghie ai ricatti dei piccoli partiti, consentirebbe esattamente un passaggio alla Terza Repubblica senza che questa somigli alla palude della prima.

 

Per intenderci, la nostra opposizione responsabile, proprio perché è responsabile, e vuole il bene di questa nostra Italia, saprà essere benevola se la maggioranza e chi la governa (Renzi? O Renzi-Alfano? O Renzi-Napolitano?) manterrà i patti. Altrimenti tanto vale andare subito al voto con il Proporzionellum che almeno la farà corta con i piccoli partiti grazie alla soglia del 4 per cento alla Camera e dell’8 per cento al Senato.

Renzi avvisato. Mezzo salvato.

 

PER APPROFONDIMENTI, LEGGI: “IL MATTINALE – 21 FEBBRAIO 2014”