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GOVERNO. Il MinCulTwitter di Renzi. Intanto siamo già a meno uno: un impegno non lo ha rispettato, i tempi della legge elettorale. Matteo fa comizi e non sa neanche i numeri che dice, anche se li dice in un alone di rose. Povera Italia

 

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Stamattina alle sei e trenta, Matteo Renzi ha fotografato e spedito il suo alibi. Il cortile di Palazzo Chigi deserto. Tutti dormono, lui è già lì a lavorare.

 

Qui siamo all’auto-agenzia Stefani, al MinCulTwitter. Dinanzi all’evidenza che invece di lavorare gira l’Italia a chiacchierare per crescere in popolarità, dando cifre che non sa neanche a memoria, fornisce la prova che però quando tutti dormono, le luci del Palazzo lo vedono indefesso al lavoro.

Renzi in concert sta stancando gli italiani. Non ci importa la qualità del suo dire. Ci importa che dice a lungo, molto a lungo, quasi per rinviare sine die il momento dei conti, delle cose. Il passaggio dalla scoperta sulla cartina del Polo Nord, al lavoro duro per arrivarci.

 

Deve far mente locale a un fatto: non è più il giocatore di flipper che spara cifre trovate su un blog.

È stato tragico il pomeriggio della replica alla Camera, sentirlo dire: “La disoccupazione in Italia è al 12,6”. E poi dice che lo aveva letto su un bollettino dell’Unione Europea. Ehi, sei tu il premer, sei tu che devi darci dare le cifre, non riferire quelle degli altri. Tutto questo sforzo semigolpista per trasferirti dalla direzione del Pd a quella dell’Italia, non era mica per spedire qualche Twitter.

Intanto, mentre Renzi mangiava gli gnocchi a Treviso, Padoan – il suo personale Saccomanni – spiegava a Roma che non è tanto semplice realizzare quel che il giorno prima e quello stesso giorno il suo premier vendeva come cosa fatta agli italiani e alle imprese.

E gli italiani che cosa capiscono? Che cosa ne hanno? La foto di un cortile all’alba. Bello. Bravo. Tweet.

 

PER APPROFONDIMENTI, LEGGI IL MATTINALE – 27 FEBBRAIO 2014