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POLITICA ESTERA. Cosa può fare Renzi per evitare la guerra di Crimea. Appoggiare il dialogo e chiedere una mano a Berlusconi

 
 

Renzi berlusconi

La Crimea e la questione della Crimea è vicina. Più dell’Egitto. Geograficamente e spiritualmente l’Ucraina è Europa. Ci riguarda.

 

Che fare? Da Renzi-Mogherini-Pinotti con tutto il rispetto per la buona volontà non ci possiamo aspettare autorevolezza internazionale.

 

Le loro prime mosse ci paiono sensate. Richiamare insieme il diritto e la necessità di un dialogo che tenga conto di tutti i fattori in gioco. In questo ponendosi nella scia della Merkel, che è mossa dalla difesa di copiosi interessi che può far valere nell’interesse di tutti. Essenziale è evitare la guerra. Essa darebbe sicurezza di molti lutti e  produrrebbe incertezza sul futuro del mondo.

 

È una questione seria, tremendamente seria, ragazzi del governo. Molto più seria del caso Gentile, che sembra assorbire l’attenzione del governo e dei  pacifisti iracheni alla Bindi e alla Vendola.

 

Una  crisi simile si sviluppò nell’agosto del 2008 in Georgia. Allora Putin mosse le truppe per tutelare le popolazioni dell’Ossezia del Sud di stirpe russa, bombardate in risposta alla richiesta di indipendenza.  L’azione di violenta repressione era stata decisa dal Presidente Mikheil Saakashvili a sua volta certo del sostegno americano.

Le circostanze sono diverse. Kiev non ha bombardato Sebastopoli e i cosacchi del Don. Ma la tensione e le prospettive di guerra sono le medesime. 

Chi allora intervenne con successo ad evitare una deflagrazione terribile, mentre i blindati dell’Armata Rossa erano a poche decine di chilometri da Tbilisi, fu Silvio Berlusconi, allora Presidente del Consiglio.

 118879 SILVIO BERLUSCONI INCONTRA VLADIMIR PUTIN

Si era guadagnato stima e amicizia da Putin sin da quando l’aveva invitato con successo a Pratica di Mare nel maggio del 2002 al vertice della Nato, vantando anche un simmetrico rapporto con George W. Bush. Fu decisivo nell’impedire un immane spargimento di sangue e conseguenze gravissime sullo scenario mondiale.

 

La politica non è esito fatale di rapporti di forza basati su interessi e ideologie. Esiste il fattore umano. Se non esistesse, il futuro potrebbe essere previsto al computer. Esistono le personalità, con i loro affetti, il loro carisma. Questo è troppo dimenticato in geopolitica. Ma qualche volta la Storia si muove usando personalità che sintetizzano lo spirito di un popolo e di una stagione storica.

 

Abbia il coraggio Renzi di investire Berlusconi, come ex Presidente del Consiglio, nonché statista la cui autorevolezza è riconosciuta da Putin, di stabilire una interlocuzione con Putin a nome del nostro Paese e del desiderio di pace degli italiani.

 

Certo, in Ucraina, la questione del diritto è chiara, in teoria. Non si invade uno Stato sovrano, facendo valere la brutalità della propria forza.

 

Oltretutto c’è un trattato che impegna solennemente la Russia post-sovietica a non avanzare rivendicazioni territoriali nei confronti di Kiev, in cambio della sua rinuncia all’arsenale nucleare ereditato dall’Urss, dato in custodia a Mosca.

 

In teoria, appunto, la cosa è chiara. Poi esistono i popoli, i conflitti etnici all’interno dei medesimi confini, e i legami profondi e transfrontalieri che questa o quella minoranza mantiene saldissimi. E qui l’assolutezza del diritto internazionale si sfrangia in diritti contraddittori, tra inviolabilità della sovranità e autodeterminazione dei popoli. Putin non si è inventato a freddo le paure dei milioni di russi al di là dei confini degli avi.

 

È ovvio che la nostra simpatia vada ai cittadini in piazza rispetto ai cecchini che sparano dai tetti, benché – come ha notato Romano Prodi – ci siano presenze inquietanti di estrema destra a pretendersi avanguardia dei manifestanti.

 

Ma oggi occorre affrontare la questione tenendo conto di tutti i fattori. Non prima di aver notato come i conflitti etnici in Europa siano figli storici del potere comunista.

 

È stato lo stalinismo a deportare i Tatari di Crimea, a inventarsi una carestia terroristica per sterminare i contadini ucraini, trasferendo sugli Urali  i pochi sopravvissuti, e spedendo i russi al loro posto.

 

L’indipendenza degli Stati non ha sanato amarezze e talvolta rancori.

Per questo diciamo: non agitiamo una spada temeraria contro la Russia; non abbandoniamo gli ucraini. Non siamo a Budapest 1956, vero Presidente Napolitano? Ci vorrebbe Berlusconi… 

 

PER APPROFONDIMENTI, LEGGI IL MATTINALE – 03 MARZO 2014