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ECONOMIA. Fate presto. Le bugie di Saccomanni ora le paghiamo tutti. Renzi esca dalla fioriera delle parole e passi ai fatti

 

Renzi

Fabrizio Saccomanni è andato via dal ministero dell’Economia e delle finanze giusto in tempo per evitare la sua ennesima carambola necessaria a giustificare le valutazioni gravemente negative che ieri la Commissione europea ha espresso sui conti pubblici italiani. Ma la responsabilità rimane.

 

La Commissione, infatti, non ha fatto altro che rilevare, nell’ambito delle procedure e delle scadenze previste dal Semestre europeo (il calendario degli adempimenti di politica economica degli Stati membri dell’Ue), che le 6 raccomandazioni fatte al governo Letta a giugno 2013 (portare a termine la riforma della PA; miglioramento dell’efficienza del sistema bancario; riforma del mercato del lavoro; riduzione della pressione fiscale; liberalizzazione delle public utilities; sostenibilità dei conti pubblici) non sono state assolutamente prese in considerazione dall’esecutivo italiano; che il contenimento del rapporto deficit/Pil entro il limite del 3% è solo una pia illusione e che la politica economica di Letta, Alfano e Saccomanni è mancata del tutto di una visione di medio-lungo termine.

 

Cosa dice su questo il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che tanto aveva insistito per avere il tecnocrate Fabrizio Saccomanni come garante dei nostri conti pubblici in Europa?

 

Dove ci ha portato la sedicente credibilità del ministro dell’Economia e delle finanze del governo Letta-Alfano?

 

Un ministro, e un governo, incapaci di fare le riforme, incapaci del cambiamento, succube dell’Unione europea.

 

La stessa Unione europea che sta sfregiando la loro memoria.

 

Ci rifletta Napolitano. Ci rifletta Enrico Letta, con cui pure abbiamo lavorato.

 

Ci rifletta il nuovo ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan. E ci rifletta il nuovo presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

 

Analizzi i conti pubblici, analizzi l’eredità lasciata dal governo del suo compagno di partito Letta e del suo alleato Alfano, individui le responsabilità e, soprattutto, metta in campo le misure che l’Europa ci chiede ormai da 9 mesi, quando l’Italia è uscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo.

 

PER APPROFONDIMENTI, LEGGI IL MATTINALE – 06/03/2014