Socialize

GOVERNO. Dieci parole chiare su Renzi e il nostro patto. La politica dei due forni non regge più. O maggioranza o opposizione a tutto campo

 

Renzi1)  Futuro al netto del folklore, l’incontro di Matteo Renzi con Angela Merkel, è stato un puro dono propagandistico offerto dalla Cancelliera di Berlino al giovane visitatore. Se si ripercorrono le parole pronunciate negli incontri con i precedenti premier si vedrà che ha sempre detto bravo bene bis.

 

2)  La Merkel grazie a questa visita si è vista confermata nel ruolo di esaminatrice dei nostri compiti a casa da lei assegnati per tramite dell’Europa. Renzi non li ha svolti, ha solo chiesto il permesso di spostare un paio di decimali per poter  riuscire a taroccare le buste paga prima delle elezioni europee. Permesso, pare, forse, non si sa, si vedrà, accordato.

 

3)  Perché questa scenografia da ballo Excelsior? Tutto purché stia lontano Berlusconi. Questo comportamento esteticamente filo-renziano della Merkel  non c’entra nulla con un rifiorito affetto per l’Italia incarnata nelle gote rosate del neo premier. Serve allo status quo dell’egemonia tedesca, che non vuole nessuno che proponga vigorosamente nuovi equilibri europei basati sulla realtà delle economie, delle culture, dei valori veri. Quelli che sono stati, sono e saranno difesi e promossi da Berlusconi e che per questo è stato bersaglio della ben nota sequenza di golpe politico-giudiziari. I quali hanno avuto matrici interne ed esterne. Vedi l’uso improprio e devastante dello spread, il Grande Imbroglio.

 

4)  Noi oggi abbiamo depositato alla Camera una risoluzione in vista del Consiglio europeo di giovedì e venerdì. Noi ci assumiamo lì come compito vero per il benessere dell’Italia non i compitini di tedesco, ma un piano di riforme che dia corpo e sostanza alle sei raccomandazioni che la Commissione europea ha fatto all’ Italia quando è stata chiusa la procedura di infrazione per deficit eccessivo lo scorso giugno. Parliamo di  riforma della Pubblica amministrazione (e questa c’è, basta applicarla pienamente, ed è quella che porta il nome di Renato Brunetta, elogiata da Ocse e Ue); efficienza del sistema bancario; riforma del mercato del lavoro; riduzione della pressione fiscale; liberalizzazione delle public utilities; sostenibilità dei conti pubblici. Noi su tutto questo abbiamo idee precise, proposte forti e chiare.

 

5)  Una volta messe nero su bianco le riforme, farle approvare dal Parlamento. Quindi negoziare con l’Europa maggiore flessibilità sul deficit e sul Fiscal Compact. Non un piacere fatto all’Italia, o a un governo, ma una strada seria per cambiare e consolidare il sistema di un Paese essenziale per consentire la prosperità solidale di tutta la eurozona.

 

6)  Il governo darà voto favorevole alla nostra risoluzione? Non ci interessa la forma ma la sostanza. È d’accordo o no con questa impostazione?

 

7)  Finora abbiamo capito che dietro gli annunci, recitati con un contorno di mandolini però elettrici, anzi elettronici, c’è la volontà di fare altri debiti per dieci miliardi, senza coperture e neanche senza progetti seri per averle a tempo debito.

 

8)   Questo rifiuto delle nostre posizioni si accompagna a uno strano atteggiamento dilatorio e lassista sulle questioni della legge elettorale, messa dopo la riforma del Senato, anzi di tutti i ritocchi costituzionali. Eccetera.

 

9)  Ripetiamo due concetti. Pacta sunt servanda ac publicanda. Facciamo cantare le carte sugli accordi.

I due forni. Diventa sempre più chiaro che non è possibile che vivano contemporaneamente e serenamente due maggioranze configgenti. Una politica (che tratta questioni decisive come Europa e tasse e lavoro), un’altra istituzionale (che si occupa di leggi elettorali e di architettura istituzionale).

 

 

PER APPROFONDIMENTI, VAI SU WWW.ILMATTINALE.IT