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GOVERNO. Roma sulla strada di Atene. Se per trovare ottanta euro si truccano i bilanci dello Stato è finita. Monito per evitare l’abisso

 

ATENE

Roma come Atene? Stando alle indiscrezioni la rotta di avvicinamento è preannunciata. Per mantenere gli impegni elettorali – 80 euro in busta paga per i redditi minori – Matteo Renzi è disposto a tutto.

 

Anche a costo di “taroccare” i conti, avvicinandosi così a quel punto di non ritorno che fu l’esperienza greca. Fu quella mossa azzardata, al di là degli squilibri finanziari, a convincere la Comunità internazionale che quel Paese non fosse più affidabile. E che quindi doveva essere commissariato.

 

Come in effetti avvenne, dando mandato alla Troika – FMI, BCE e Commissione europea – di vigilare affinché si ponesse fine alle furbizie vecchie e nuove.

 

L’esautorazione del Governo legittimo di quel Paese, costretto da allora a seguire la dura cura finanziaria imposta dall’esterno, avvenne in una fase meno drammatica di quella attuale. Allora il Fiscal compact era ancora in gestazione. Norme meno vincolanti, sotto il profilo costituzionale, non avevano ingessato gli assetti di finanza pubblica, lasciando ai singoli Paesi maggiori margini di libertà. Nonostante ciò la risposta fu durissima. Non era tollerabile che, per fini interni, un singolo Governo potesse alterare deliberatamente il quadro di finanza pubblica e rinviare sine die le indispensabili riforme.

 

Tentare oggi di seguire la stessa strada sarebbe più di un errore. Un fatto assolutamente diabolico destinato a scavare un solco profondo tra l’Italia ed i propri alleati. Manovre analoghe avverrebbero in violazioni di Trattati resi più stringenti dai più recenti accordi internazionali.

 

Sarebbero in netto contrasto con le nuove norme – l’articolo 81 della Costituzione, recentemente modificato e le leggi che ad esso hanno dato attuazione – e con procedure che, negli anni, si sono consolidate al punto da determinare un vero e proprio spartiacque.

 

Da tempo immemorabile il DEF è stato sempre l’occasione per un check-up sui conti pubblici. Tant’è ch’esso era accompagnato da un decreto legge, che interveniva sugli assetti di finanza pubblica, per ricondurli in un sentiero di sostenibilità. Oggi si tenta di seguire, invece, una direzione contraria.

 

L’esigenza tutta politica di presentarsi alle prossime elezioni con una posizione accattivante, in grado di compattare il blocco sociale di riferimento del PD, fa premio su ogni ulteriore considerazione. Indipendentemente dai possibili danni futuri.

 

Problemi che inevitabilmente emergeranno quando i mercati internazionali avranno contezza del carattere in deficit dell’intera manovra. Peraltro portata a termine, senza alcuna grande riforma in grado di sostenerla.

 Renzi Soldi

La via indicata da Renzi è quindi quella dell’azzardo. Continuare come se nulla fosse. Non sono serviti gli avvertimenti, lanciati a piene mani dalla Commissione europea.

 

I sorrisi imbarazzati di Herman Van Rompuy e José Manuel Barroso alle domande dei giornalisti, quando chiedevano se manovre espansive, senza adeguate e realistiche coperture, potessero essere praticate. Né le successive discrete pressioni esercitate da Bruxelles sui garanti degli assetti finanziari complessivi: a partire dal Presidente della Repubblica. Al quale ci rivolgiamo affinché intervenga fin da ora affinché si ponga fine ad ogni forma di avventurismo.

Per quanto ci riguarda – l’avvertimento deve essere forte e chiaro – non saremo complici. Faremo tutto il possibile affinché l’Italia non sia posta nuovamente nel mirino dei mercati.

 

Affinché non passi dalla condizione di “vigilato speciale”, com’è attualmente secondo la proposta della Commissione al Consiglio europeo, a quella di indagato per il reato di truffa. Truffa per falso in bilancio e deliberata alterazione dei conti pubblici. Vale, quindi, il vecchio adagio: uomo avvisato è mezzo salvato.

 

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