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10 APRILE. Che cosa c’entra con le riforme. La scelta di Berlusconi, leader insostituibile, ci rimette in corsa

 
 

L. elettorale: Berlusconi, con premio 15% noi maggioranza

Tutte le persone che hanno pratica di mondo, ci invitano a tenere distinti il 10 aprile, con la scelta del Tribunale sul destino di Berlusconi, e “il gioco delle riforme”, come lo chiama testualmente Renzi. Ci adeguiamo, abbiamo fatto il militare a Cuneo. Ma teniamo il punto.

 

Non è una questione emotiva paragonare i due temi. Sono cose distinte, è ovvio, ma non distanti. Infatti il 10 aprile implica la democrazia, la sua natura. Se essa, nel nostro Paese, esista o no, in concreto, nel poter dire, fare parlare, muoversi da parte dell’unico leader dei moderati. Per di più è leader dell’opposizione. Che deve potersi esercitare pienamente, altrimenti si può parlare di democrazia popolare da Patto di Varsavia, che è un’altra cosa da quello di Largo del Nazareno, o almeno crediamo.

 

Questa “agibilità” è distinta dalla questione delle soglie previste nell’Italicum,  e se i sindaci devono o no entrare nel nuovo Senato, ecc. Non mescoliamo le essenze. Ma c’è una essenza delle essenze.

 

La democrazia è il terreno su cui si gioca il gioco. Altrimenti che gioco è? Se la democrazia subisce un’invasione di campo, se una mano nera rapisce il capitano di una squadra, qualcosa di storto c’è, e distinguere diventa un puro esercizio retorico, quando capiamo tutti che la sostanza della partita è falsata, e i risultati truccati.

 

E questo è politica, politica nel suo senso più forte. Aggirare il 10 aprile è un torto fatto all’intelligenza e alla lealtà.

 

Diciamola tutta. È il fatto stesso che esista “il” 10 aprile 2014, con quell’udienza, e quelle decisioni, a prescindere da quali saranno, che ferisce la democrazia. Fingere di non capirlo. Ridurre l’amarezza di Berlusconi e del popolo che gli vuole bene e si identifica con lui, a questione personale o al massimo di parte, trattata con rispetto, come siamo certi valga per Renzi, ma quasi fosse un lutto esclusivo del clan, è sbagliato, sbagliatissimo. E insopportabile il tono ridanciano e spiccio della nouvelle vague tutta cippicì cippiciò al governo del Paese, senza peraltro avere un riscontro elettorale.

 

Ieri Berlusconi ha dimostrato di essere pienamente sulla scena, insostituibile. Ha sintetizzato una giornata al calor bianco rimettendo in moto tutte le Olimpiadi. Non solo il “gioco delle riforme” ma il suo fondamento e la sua cornice. E che è anzitutto la pacificazione. La fine della guerra civile o almeno (aggiungiamo noi, prudentemente) una tregua nell’aggressione sistematica contro Berlusconi  e ciò che si raduna in suo nome.

 

Ieri Brunetta, secondo il suo temperamento tutto vele e cannoni, ha chiesto a Renzi di mostrare le carte. Di non rinviare le scelte oltre il 25 maggio, per lucrare un risultato elettorale basato sulla propaganda, ma di trasformare in legge l’Italicum già approvato alla Camera. Obbedendo, almeno in un punto, al Patto del 18 gennaio con Berlusconi, smentendo così il sospetto che la scelta di tenere insabbiato l’Italicum ormai da tre settimane e mezza è la consapevolezza che non se ne farà nulla, almeno nella forma attuale, avendo contro mezzo Pd e i centristi vogliosi di rimandare tutto per gustarsi i ministeri il più a lungo possibile.

 

Renzi non ha risposto nel merito, ma che non vanno bene i toni, che non si ragiona ad ultimatum, altrimenti va avanti da solo. Evidentemente Renzi deve avere il copyright del “così o Pomì”.  Berlusconi, con la sua forza pacata, ha ristabilito le misure di un dialogo costruttivo, riportandolo sui contenuti e sul metodo. Come sintetizza “Il Sole 24 Ore” : “Forza Italia non si rimangia la parola ma serve un confronto. Berlusconi chiede un vertice a Renzi”.

 

Intanto, noi si lavora. Si fa opposizione. Si rendono presenti i nostri giudizi.

 

Senza il coltello tra i denti, ma senza aver scritto in fronte “Giocondo”, “Jo Condor”, come disse il povero #Enricostaisereno proprio mentre lo abbattevano. Noi non cascheremo nel sonno dei sereni. Le carte le controlliamo, non riuscirà a Renzi nessun bluff.

Non è un ultimatum, è un controllo antidoping.

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