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Brunetta: Tremonti, “Nel 2011 voleva fare il premier, Cav era suo nemico numero 1”

 

 ETTORE FERRARI

“Berlusconi si reca a mani vuote al G20. Sull’aereo di Stato che quel mattino del 3 novembre lo portava in Francia dietro di lui stava proprio Tremonti. Berlusconi era disarmato, psicologicamente e istituzionalmente. Confidava molto nelle sue capacità relazionali, ma evidentemente queste non bastavano più, e lo sapeva. Senza nulla da appoggiare sul tavolo. Qualcosa di cui potesse dire: Ehi, ragazzi, questa roba, mentre voi la leggete, in Italia è già legge. Ma a Berlusconi tocca recitare la parte, e chi ha che può sostenerlo in questa campagna disperata? Guarda dietro il sedile dell’aereo, e chi c’è? Tremonti! Unica compagnia: Tremonti!”. Lo scrive Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, anticipando a “Il Giornale” alcuni passaggi del suo ultimo libro “Berlusconi deve cadere. Cronaca di un complotto”, in edicola da mercoledì 21 maggio.

“Berlusconi ci aveva litigato eccome, con il ministro dell’Economia. Sul Giornale, Adalberto Signore il 7 febbraio 2012, avvalorò le rivelazioni del Quirinale con un retroscena assai bene informato. Prima del viaggetto riservato di Tremonti al Quirinale, ci fu, scrive Signore, ‘un faccia a faccia nel quale il titolare dell’Economia arrivò a chiedere al premier di ‘fare un passo indietro perché per l’Europa e i mercati il problema sei tu’. Eloquente la risposta di Berlusconi: ‘La colpa è tua visto che sono tre anni che vai a sputtanarmi in giro per il mondo’’. (Giornale, 7 febbraio 2012, pag. 2)”.

“Berlusconi viene subito assediato dal branco, mentre Tremonti si defila e osserva, salvo fiancheggiare Berlusconi almeno nella riunione finale. Con Sarkozy che spinge per un vero e proprio ‘commissariamento’ dell’Italia e l’Fmi che decide di ‘monitorare’ i conti pubblici italiani. E la Merkel che guarda compiaciuta la sofferenza visibile di Berlusconi per la sorte non tanto del suo governo, ma quella del suo Paese. Berlusconi rifiuta il commissariamento e accetta l’ispezione, inevitabile del resto, e ritorna a Roma, attendendo la sua sorte come in una tragedia shakespeariana. Non un giallo. Infatti il finale era noto a tutti”.

“Fa male leggere all’alba di marzo 2014, a firma del ministro Tremonti, la ricostruzione di quello che è accaduto nel 2011. Una descrizione degli eventi di chi vuol dimostrare, ex post, che aveva capito tutto. Che tutto è cominciato per un problema del sistema bancario tedesco e francese, che negli anni precedenti al 2011 aveva finanziato irresponsabilmente Grecia, Irlanda e Spagna, e in quella estate era giunto al punto di non ritorno. Che è stato sbagliato accettare di contribuire al fondo Salva-Stati europeo in base alla quota di partecipazione del nostro paese al capitale della Bce e non in percentuale rispetto ‘all’effettivo grado di esposizione al rischio estero di ciascun sistema bancario-finanziario nazionale’. Su quest’ultimo punto, secondo la ricostruzione di Tremonti, avviene la rottura. Questa sarebbe, per lui, la causa della lettera della Bce. Ma chi era ministro dell’Economia e delle finanze fino a novembre 2011? Se Tremonti aveva capito tutto di quello che stava succedendo, perché non ha fatto nulla per evitare che accadesse? Forse perché, in definitiva, lui questo paese non voleva salvarlo in quel momento. Perché avrebbe corso il rischio di salvare con l’Italia il per lui ormai nemico personale numero uno: Berlusconi, con tutto il suo governo. Insomma, lui non voleva che il governo di cui era onnipotente ministro dell’Economia continuasse. Desiderava prendere il posto del presidente del Consiglio. E ha semplicemente lasciato che altri facessero per lui. Gli altri stavano strozzando Berlusconi, lui si limitò a tenerlo fermo, non consentendogli di far nulla”, conclude Brunetta.