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GOVERNO. Ragazzi, al lavoro! Il compito di oggi, alla luce della dichiarazione di Berlusconi dopo i risultati. Lo scopo della nostra presenza in politica. Il Nazareno? Non si occupi più solo di Senato e legge elettorale, perché tutte le riforme sono istituzionali

 

Berlusconi

Ha vinto un altro, ha vinto Renzi. E allora? Vediamo.

 

 

Senza uno scopo, senza una meta non si va da nessuna parte. Ci si siede a rimpiangere, rimuginare, invidiare, magari scannarsi alla ricerca del capro espiatorio. Berlusconi per fortuna è di un’altra pasta. La sua dichiarazione del dopo-voto non è di circostanza. Ne va tirata fuori una lezione politica.

Prima ancora che gli specifici contenuti, vale il tono. Dentro c’è un desiderio di affermare qualcosa di potente, quella spinta che ha messo in moto Forza Italia nel 1994, e che oggi più che mai, in tempi devastati dalla crisi e dalla disperazione, è necessaria a questo Paese come acqua, come manna, mentre il  popolo italiano e soprattutto la nostra gente del ceto medio sta attraversando il deserto.

 

Per rispondere alla domanda di stampo leninista “che fare?” ce n’è un’altra che riguarda il contenuto della nostra speranza.

 

Noi desideriamo un Paese dove la persona sia al primo posto, la persona che mette su famiglia, che attraverso il lavoro vuole dare serenità ai propri cari e vuole educarli a cercare la felicità senza consegnare allo Stato il proprio destino. Né allo Stato, né alla burocrazia.

La politica per noi è questo: un togliere, non un aggiungere. Come Michelangelo faceva con il marmo. Uno strappare il sottobosco che intralcia la libertà, che è una sola e che ha tante dimensioni: religiosa, economica, associativa. Di pensiero, di opinione politica. Un governare poche grandi scelte, di politica estera, amministrativa, fiscale, educativa. Con una giustizia che faccia paura ai delinquenti, non alla gente perbene.

Questo salta fuori dal discorso di Berlusconi con nettezza. È il suo imprinting. Di questo è impossibile fare a meno, se non si vuole consegnare il popolo moderato al conformismo. Magari con qualche variante un pochino più di centrodestra, ma sempre accettando lo spartito messoci sotto il naso dal vincitore (pro tempore).

 

Dunque al lavoro. Questo suggerisce Berlusconi quando ringrazia le persone che ha incontrato durante questa campagna elettorale. Chi si è mosso, chi non è rimasto a contemplare il lavoro degli altri, sa che esistono tante persone che hanno energie e cuore. Quando Berlusconi dice: “Ho sperimentato un grande affetto e un sostegno generoso, che mi conforta e che non intendo tradire”. Dice questo. E dice che non lo tradirà. Lui c’è, ci sarà. Ci sarà con questo popolo di cui parla.

Nessuna resa: “Nella mia vita e in questi venti anni in politica sono dovuto ripartire più volte dopo un risultato negativo. Garantisco che sarà così anche stavolta”.

 

Per essere chi e che cosa oggi? “Forza Italia ha avuto un risultato inferiore alle mie attese ma si conferma il perno insostituibile del centrodestra, l’asse attorno al quale ricostruire una coalizione in grado di contendere con successo alla sinistra la vittoria alle elezioni politiche”.

Riunire. Ma non facendo una somma aritmetica, bensì radunando intorno agli ideali pulsanti cui abbiamo accennato all’inizio. “La mia stella polare resta l’unità delle forze moderate alternative alla sinistra. Ho iniziato il mio impegno in politica per unire tutti i moderati, intendo proseguirlo lavorando per ricomporre la perduta unità”. Un incontro di persone, che recuperino innanzitutto una stima reciproca. Ma la stima si ha, ci si raduna, se ci si riconosce in uno scopo. Una certa idea di Italia e di Europa.

“Noi non cambiamo il nostro atteggiamento: siamo opposizione intransigente ma responsabile, siamo al tempo stesso i partner decisivi, senza i quali in Parlamento non ci sono numeri per fare riforme vere, definitive e durature per il bene del Paese”. Opposizione intransigente. Certo. Ma con il metodo del dialogo. 

Com’è ovvio qui ci limitiamo a riproporre i temi.

Uno ci colpisce e necessita di risposte immediate. Il discorso di Berlusconi sulle riforme, che intendiamo far procedere, senza buttare all’aria tavoli come una specie di fallo di frustrazione.

 

Il metodo è riaffermato dunque, perentoriamente. Ieri ne ha accennato anche Renzi quando ha usato toni pacati, senza arroganza, parlando di “dialogo”.

Il Nazareno dunque vive, o rivive. Come del resto è aderente al personaggio evangelico, viene messo in croce con il concorso di qualche Iscariota, ma poi risorge.

Per risorgere non è più possibile tenere separate nel dialogo le riforme istituzionali dalle cosiddette riforme ordinarie. Oggi le riforme  che spettano al governo (la riforma del lavoro, della pubblica amministrazione, della giustizia) hanno per forza caratteri istituzionali e costituzionali.

 

Tutto va sottoposto a verifica, nessun contenuto va dato per acquisito e scontato. Non rovesciamo il tavolo. Ma vogliamo che questo tavolo non discuta soltanto delle regole di etichetta e della posateria, ma anche di ciò che gli italiani devono mangiare e cosa mangiare.

 

La politica ha le sue salutari manie. Non tollera ritardi. Come diceva Nenni “politique d’abord”.  In latino: “primum vivere, deinde philosophari”. E la politica oggi è quella del pane, del lavoro, del vivere, della lotta alla povertà. Il discorso sulle riforme istituzionali slegato dal pane e dal lavoro farebbe apparire noi di Forza Italia come quelli esclusi dalle cose serie e invitati per discorrere  sulla disposizione delle sedie e il colore della tovaglia.

 

Al lavoro, ragazzi! La certezza è che questo nostro leader ha sempre affrontato la vita dalla parte del lavoro e della concretezza, non da quella del teatrino da dopolavoro.

E questo non ce lo possiamo permettere. Siamo centrali più che mai.