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FORZA ITALIA. La traversata del deserto. Ci portò bene al tempo di Prodi. La road map verso nuove terre fertili. Vademecum per la riscossa

 

 

Forza Italia

Siamo attrezzati per le traversate nel deserto. Ce ne fu una storica. Nelle elezioni politiche della primavera del  1996, la divisione dentro il centrodestra, con la Lega a correre da sola, aveva portato alla vittoria di Romano Prodi e del centrosinistra, con Rifondazione comunista incorporata come un serpente nella pancia.

Furono mesi, anni in cui, per l’attitudine italiana a non lasciare solo il vincitore, mica che soffra, gli italiani regalarono alla coalizione di centrosinistra un consenso meticoloso. Dovunque ci fosse da votare per una qualche carica, anche nelle bocciofile, il successo arrideva a uno di sinistra. Nel 1997 “Il Giornale” titolò a nove colonne  in prima pagina, dopo che i seguaci di Prodi e Veltroni avevano fatto man bassa di comuni e province: “Hanno tutto, meno noi”. Una constatazione. La possiamo ripetere anche oggi, quella frase.  Non era disperazione, ma verità e orgoglio.

Tutti e tutto, ha ingoiato Renzi: meno noi. Meno Berlusconi, meno la sua gente. Come 18 anni fa. Tutti pronti a  confinare Forza Italia e il suo leader negli archivi della storia sotto la voce “Ei fu”.

La storia non si ripete mai uguale, lo sappiamo, salvo scivolare in farsa. Rievochiamo lo stesso quegli anni per due ragioni: la prima perché è un paragone incoraggiante e porta bene, la seconda per riscoprire quale fu il metodo della riscossa culminata con il clamoroso successo che arrivò nel 2001.

Berlusconi non cedette mai.

Continuò a credere nella possibilità di accordarsi su grandi riforme con la sinistra, ma senza deflettere dai principi di libertà. Fu il tempo della Bicamerale. Giustizia e presidenzialismo come stella polare. Quando si accorse di come la partita fosse truccata, abbandonò il tavolo degli inganni.

Nel 1998 iniziò la riscossa, il deserto fu interrotto da qualche oasi ristoratrice: come Bologna, dove cadde il muro del comunismo che aveva resistito al terremoto che aveva abbattuto quello di Berlino.

Quale fu e qual è oggi il metodo (che etimologicamente vuol dire strada) per rinforzare i muscoli nel deserto e poi prenderci la terra fertile?

  1. 1.    Leadership chiara di Silvio Berlusconi.
  1. 2.     Classe dirigente motivata sia centralmente sia in periferia, recuperando energie per ricominciare a vincere nelle consultazioni amministrative e intermedie.
  1. 3.    Unità cercata e alla fine ritrovata con la Lega.
  1. 4.    Costruzione di un programma chiaro, preciso, non spremendo semplicemente il cervello, ma incontrando la gente, le associazioni, le categorie. Quelli che una volta si chiamavano corpi intermedi e sarebbero poi quelle realtà della società che si radunano per tutelare interessi ed ideali, il cosiddetto pre-politico.
  1. 5.    Lavoro in Parlamento. Opposizione intransigente.

Questo faremo, anzi già stiamo praticando. Abbiamo un patrimonio di ideali alti e di idee pratiche straordinario. Si tratta già da queste settimane di praticare il modo di intendere la politica di cui Berlusconi  è maestro. Incontrare e dialogare con il vertice e con la base di categorie e sindacati. Diventare punto di scambio, raccolta e sintesi delle esigenze vere del nostro mondo, in particolare del ceto medio. Realtà che Renzi con tracotanza ha messo ai margini e trattato con sufficienza. Noi diamo notizia degli appunti di alcune delle realtà che si radunano nei prossimi giorni. Ci saremo. E non per dormire nelle prime file tanto per fare rappresentanza, ma perché ci interessa. Abbiamo da imparare e abbiamo da insegnare, dentro rapporti di stima.

Vedrete, il deserto sarà corto.