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L’Europa boccia il governo Renzi. Il premier costretto a fare i conti con la realtà

 

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Sono passati all’incirca 90 giorni da quando Matteo Renzi è al governo. La sua ascesa a Palazzo Chigi è stata vista per certi versi – e da non pochi osservatori internazionali – come liberatoria, ricalcando quanto accadde con gli esecutivi guidati da Mario Monti prima e da Enrico Letta poi.

Cosa è cambiato in questo lasso di tempo? E’ vero, è troppo presto per tirare le conclusioni, per dare giudizi che rischierebbero di essere affrettati. Eppure qualcosa lo si può dire, soprattutto se si prende in considerazione il recente monito Ue indirizzato proprio al governo. In buona sostanza, da Bruxelles fanno sapere che quanto contenuto nel Def, il Documento di economia e finanza, non basta ad appianare la situazione economica del nostro Paese; e che dunque si richiedono nuovi sforzi.

Su chi ricadranno i costi di tali richieste è facile ipotizzarlo, soprattutto se si considera il fatto che molte famiglie italiane sono scivolate sulla soglia della povertà. Tuttavia, nonostante la situazione si sia fatta drammatica e necessiti di urgenti interventi, il premier sembra tirare dritto per la sua strada, non tenendo da conto in maniera opportuna quanto gli suggeriscono le burocrazie d’Oltralpe.

La grande stampa italiana, ad eccezione dei quotidiani economici e di altre testate che ospitano commenti di autorevoli esperti economici, paiono ignorare la gravità delle raccomandazioni europee, preferendo piuttosto continuare a presentare in maniera messianica l’esecutivo guidato da Matteo Renzi.

Si ricorderanno le pressioni, nazionali e non, esercitate nei confronti di Silvio Berlusconi a partire dall’autunno 2011, mentre già nell’estate precedente si iniziava a tramare contro la sua persona e contro i suoi ministri. Come si chiuse quella stagione è ben noto a tutti, come note sono le conseguenze di tutto quello che venne dopo.

Senza ombra di dubbio, la sovranità nazionale di ciascun paese va preservata, senza bisogno di inchinarsi all’Europa ogni qualvolta ciò ci venga richiesto. Ma non si possono utilizzare due trattamenti differenti a seconda dei governi che sono al potere.

Berlusconi nel 2011 fu costretto a dimettersi, piegando la testa dinanzi alla dittatura artificiale dello spread. Renzi sarà indotto a fare lo stesso? E il Capo dello Stato come agirà?

Sono domande che per ora resteranno aperte. Ma è meglio iniziare a formularle, giusto per non farsi trovare sprovveduti nel momento in cui toccherà trovare una risposta.

Angelica Stramazzi

TW@AngieStramazzi