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RENZI. Così giovane e già così spompato. Riconquistiamo gli astenuti, imparando da Berlusconi. Analisi di un voto, dove improvvisamente crollano due santuari rossi. Garantismo inderogabile, ma non è un riparo per corrotti

 
 

 

ELEZIONI: NELLA TANA DEL ROTTAMATORE ORA C'E' CAUTELA E RIFLESSIONE

L’Italia non si è arresa. Non ha alzato le mani e consegnato se stessa al Principe parolaio. Questo è il primo dato emergente dai risultati del ballottaggio in città grandi e piccole. Non è un dato di poco conto. Ed è un’ottima notizia, da mettere a frutto subito.

Renzi ha usato il voto europeo del 25 maggio  per accreditarsi come vincitore di un referendum sulla legittimità del suo stare a Palazzo Chigi senza voto popolare.

Ora quest’altra consultazione elettorale dice che quella interpretazione  è una balla. Ogni voto è specifico. È un caso a sé. Le europee sono europee, i ballottaggi per i sindaci sono ballottaggi per i sindaci. Non esiste il potere transitivo. Renzi deve esporsi al voto politico su di sé per avere legittimità, punto e a capo.

Alle europee ha vinto grazie a un voto di paura, motivato dalla furia para-hitleriana di Grillo, che ha spinto gli elettori – grazie al cosciente sacrificio di un Berlusconi con il ceppo al piede – a esprimersi in un derby creato ad arte dai giornali per il contendente più rassicurante.

Be’, il derby non c’è più. I contendenti sono tre. E non si esprimono affatto secondo quel che sembrava ovvio. E cioè che gli elettori 5 Stelle, in caso di un ballottaggio da cui sono esclusi loro candidati, vadano per forza a sinistra.

Gli italiani, dimostrandosi migliori di quel che sono, non hanno fatto un balzo sul carro del vincitore. La spinta propulsiva di Renzi è finita. Le sue promesse cominciano a dimostrarsi per quel che sono: fanfaluche cancellate dalla realtà.

Questo chiaro regresso, specie a Livorno e a Perugia, è stato un vero e proprio tonfo. La gente ha sconsacrato municipi finora accreditati come santuari rossi.

Logico: ha  sperimentato lì  la quasi secolare mano morta di comunismi sempre uguali a se stessi, e diversi solo nelle sigle, e si è convinta che Renzi non riuscirà a modificare geneticamente la classe dirigente della sinistra o forse ne è addirittura una nuova maschera fasulla.

Tutto questo non ci fa essere ciechi e sordi dinanzi ai nostri risultati. Non abbiamo nessuna intenzione di godere delle sventure altrui stando seduti sulle nostre spine. Che restano tali.

Su quattro milioni di aventi diritto, meno di due milioni hanno scelto di recarsi a scegliere il proprio sindaco.

Gli astenuti sono in gran parte gente nostra. Questo non va bene, perché significa che dobbiamo essere in grado di affascinarli di nuovo, e non è ancora accaduto. Abbiamo un compito magnifico e duro. Impariamo da Berlusconi, dalla sua energia sempre nuova. Constatiamo con lui che dove siamo uniti in alleanze “di cuore” e non solo di convenienza, e ci sono volti nuovi,  come a Perugia, Potenza, Foggia e in altre realtà  minori, come nel sintomatico caso di Casalmaggiore in provincia di Cremona, strappato dopo 70 anni ai commisti, si vince.

Di certo siamo alternativi a Renzi a Grillo. Ma siamo anche alternativi a chi anche tra le nostre file concepisce la politica come strada per i propri disegni personalistici o per i propri affari.

Il garantismo, da cui non deroghiamo, non è un riparo per corrotti e ladri, ma tutela dei diritti senza cui non c’è civiltà. Ma rubare non è un diritto e demolisce la civiltà e la fiducia delle persone perbene.