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RENZI. Gonfiatosi in Asia, esplode in Italia. Il volto dittatoriale del premier si scarica sul dissenso interno, e genera rivolta a Roma e Venezia.

 
Renzi
Gonfiato come un dragone dal tour cinese, Renzi alita fiamme sulla sua modesta  Tienanmen domestica, ma ne resta ustionato. È il caso della secessione in casa.

Un comunicato non letto ai giornali, non trascritto in un tweet, ma pronunciato nell’Aula del Senato sancisce la nascita di un consistente gruppo di senatori che si autosospendono dal Partito democratico. Denunciano la violazione dell’articolo 67 della Costituzione, che stabilisce il riferimento diretto del parlamentare al popolo “senza vincolo di mandato”.

Di questo si può discutere. Esiste la disciplina di gruppo. Esisterebbe però anche il rispetto delle istituzioni e soprattutto delle persone, che in Renzi non c’è. I non-renziani sono per lui gufi, macchiette, utilizzatori di taxi, tutto meno che coscienze. Su questo torniamo  tra pochi capoversi.

Il dato politico, in termini brutali di numeri, è questo: Renzi non controlla il partito, non è in grado di garantire alcun Patto – e del resto lo sapeva già dal 18 gennaio del Nazareno – poiché la sua maggioranza parlamentare, oltre che illegittima, è stata eletta in un’altra epoca storica, con altri programmi, al tempo del dinosauro Bersani.

Molti tra i vecchi rinoceronti (nel senso di Ionesco) hanno velocemente svoltato sotto bandiere fiorentine, ma coerentemente altri rivendicano di essere arrivati al seggio senza il mandato di trasformare il Senato in un dopolavoro per sindaci e presidenti di regione.

E si ribellano.

Si pongono due problemi. Uno politico, uno morale per Forza Italia e – ci rivolgiamo agli alfaniani di Ncd – per chiunque sieda in Parlamento grazie a voti moderati.

1) Renzi è in grado di dare garanzie su qualsivoglia accordo si faccia con lui? Questo per Senato e Titolo V. E quali sull’Italicum, visto che in quel caso è pure peggio, visto che a  contestare soglie e sogliole non sono i senatori Pd, ma i piccoli della sua maggioranza? Che fa, li estromette dal governo? Ne dubitiamo. Rinvierà, sposterà, insabbierà, e intanto procederà nel gestire il disastro. A meno che si decida a un patto serio, dove con Forza Italia stabilisca i passi necessari  per riforme che tocchino tutte le emergenze del Paese. I fatti di ieri dimostrano che la sua maggioranza si regge con lo sputo. Non dà alcuna garanzia sulla sinistra di reggere la necessità di scelte shock sul lavoro e sulle tasse.

2) Questione morale. Possiamo fare patti seri e durevoli, si possono fidare i moderati di chi non sa cosa sia la democrazia? 

“13 + 1 che cosa sono rispetto a 11 milioni?”. Questa frase – anzi loro dicono dodici e dodici milioni, anche sui numeri dicono balle – rende bene l’idea che Renzi e il suo stato maggiore hanno non solo della democrazia, ma ancor più della dignità delle persone. Esse per questa nouvelle vague della sinistra sono tutti numeri, siano 14 siano 11 milioni, sono tessere marmoree del mausoleo da costruire al Capo. L’identità di ciascuno si scioglie in un collettivo indistinto.

In questo senso Renzi e il renzismo sono la continuazione post-moderna del mito comunista delle masse guidate da una Avanguardia Illuminata, che ha la sua legittimazione dal Partito. Il voto a suffragio universale non conta, è roba vecchia, si può traslare il consenso a Palazzo Chigi da un’urna di primarie private oppure da una elezione europea, saltando quella cosa sostanziale della democrazia che è la forma, la quale ne determina la legalità.

In Costituzione non c’è scritto che le elezioni europee servono per stabilire chi regge il governo. O forse tra un attimo ce lo proporrà la Boschi, prendere o lasciare, passando dall’Italicum all’Europeicum?

O magari anche all’Asiaticum, visto che da quel giro in Oriente Renzi ha imparato i rudimenti della democrazia pechinese e kazaca.

Impressionante questa deriva autoritaria di Renzi. L’abbiamo individuata noi per primi, oggi se ne accorgono anche nel Pd e si straccia le vesti Lucia Annunziata, copiando in simpatico ritardo nostre vecchie osservazioni sul fatto che questo premier non ha un voto popolare che uno, mentre i suoi dissidenti qualcuno sì.

Questo sbrego morale di Renzi si è palesato anche nel disprezzo e nella pratica dello scaricabarile con cui lui e i suoi hanno trattato il sindaco di Venezia, il quale ora replica con dignità ferita. Hanno venduto la pelle dell’Orsoni prima di abbatterlo.

Insomma. La nostra lunga marcia si consolida negli intenti al pensiero di come sia diversa la statura morale e democratica del nostro leader Berlusconi.