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RIFORMA DEL SENATO. Invece di tagliare la burocrazia restringe la democrazia. Lanciamo dal basso l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Per disegnare una nuova architettura di Stato vicino alla gente, invece che ristrutturare un monolocale

 

 

RIFORME

Questa riforma del Senato ci pare la ristrutturazione di un monolocale. Se, come si vorrebbe in teoria da parte di tutti, si tratta di colmare il vuoto che separa il Palazzo dal popolo, mettere a posto una stanza senza preoccuparsi dell’insieme, non è una buona idea.

 

Le riforme non si fanno a strappi e rattoppi. Questa intitolata a Boschi-Calderoli-Finocchiaro  ha un carattere che la rende infelice in partenza,  ed è una pessima premessa di futuro. Essa infatti realizza un “evidente restringimento della sovranità popolare”. Non è una nostra formula, ma è stata pronunciata su “Avvenire” (il quotidiano dei vescovi) dal Presidente emerito della Corte Costituzionale Capotosti.

Questo Senatellum, un organo democratico di secondo livello, peraltro creato in modo da consegnarlo alla sinistra stabilmente, restringe la volontà popolare? Nessuno ha dato una risposta convincente a questa obiezione radicale. Finora è prevalsa la voglia di accarezzare la pancia dell’anti-politica dandole in pasto l’idea che si tagliano stipendi, spese, privilegi. Tagliare la democrazia però equivale all’eliminazione di un privilegio del popolo sovrano.

A nostro giudizio questa riformetta fa un danno grave e nasconde un inganno: Renzi, coi suoi sodali, si presenta con l’ascia per disboscare la burocrazia e purificare il potere, ma in realtà deforesta la democrazia, consegnandoci al deserto di un regime.

Insomma, il contrario degli obiettivi che una riforma seria delle istituzioni e dello Stato dovrebbe avere non solo come fine ma anche come mezzo.

Infatti  se per accorciare la distanza tra il volere dei cittadini e il fare del governo, si passa attraverso il restringimento della sovranità del popolo, la Terza Repubblica parte malissimo, poggiando su terre inquinate.

Noi siamo di altro avviso. Per questo ci ostiniamo a proporre come passo decisivo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. 

E non ci limitiamo a lanciarla come idea sui libri, ma la depositiamo in Cassazione e la mettiamo a disposizione della gente, perché firmi la legge che ne consentirà la discussione in Parlamento al più presto e un referendum costitutivo.

Ne diamo nelle pagine seguenti la traccia.

Elezione diretta del Presidente della Repubblica vuol dire più democrazia, e insieme più efficacia della democrazia,  abilitando chi ha il consenso dei cittadini a rendere effettiva la sovranità popolare oggi ingrippata da complicazioni esasperanti che impediscono di governare.