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RENZI. Come Prandelli. Svolta e fiasco. Per favore fermiamolo prima che faccia schiantare l’Italia. Tutte le contraddizioni del renzismo, il cui codice etico prevede le promesse fasulle e le riforme fatte coi piedi. Noi diciamogli di no

 

Renzi e Prandelli

 

 

Non ce l’abbiamo con Prandelli. Con lui ce l’ha già il mondo intero, che prima lo osannava: gli risparmiamo il nostro sassolino. Temiamo piuttosto che la parabola infelice (sportivamente parlando) dell’ex allenatore della Fiorentina anticipi il destino sciagurato (politicamente parlando) dell’ex sindaco fiorentino. La sorte personale dei due può interessare relativamente agli italiani, che hanno già le loro gatte da pelare.

La questione è che per dichiarare fallimento, dimettersi e abbandonare l’Italia, Prandelli ha aspettato che l’Italia si schiantasse. Ecco, questo ci preme: togliere Renzi dalla guida del governo prima che spiaccichi l’Italia contro il muro dei suoi fiaschi riformistici per finta.

I parallelismi sono facilissimi da trovare, ahinoi, ben aldilà della constatazione della vera e propria devozione reciproca. Infatti i due hanno persino mangiato la banana insieme, per far intendere – a noi pare – un doppio senso. Si pappavano sì il razzismo, ma anche Berlusconi, evocato da anni con quel nomignolo dalla sinistra.

Del resto, l’annuncio di una “svolta” ha caratterizzato sin dagli inizi Prandelli, che almeno qualche partita l’aveva vinta e aveva fatto sperare tutti, senza però portare a casa un solo trofeo, ma era promettente, sveglio. Riforme, progetto, codice etico. Sono tutte formule che non si capisce se sono state inventate da Renzi o da Prandelli, ma i due sono interscambiabili.

Poi però il significato pratico di queste formule lo stabiliscono loro. La svolta prandelliana è stata quella di rinunciare al gioco italico e contropiedista, salvo poi svoltare la svolta, per paura. Applicare il codice etico a Destro, interpretarlo quando riguardava Chiellini (graziato dal Ct della Nazionale a dispetto del giudice sportivo). Fino all’ultimo tocco vigliacchetto: assumersi “tutte le responsabilità”, ma poi dare la colpa a un ragazzo di 23 anni, su cui scaricare vigliaccamente il peso della sconfitta nel momento più duro  fingendosi vittima (Prandelli).

Così Renzi. Le contraddizioni del renzismo sono state visibilissime nel suo discorso di ieri sull’Europa e sulla conduzione delle riforme istituzionali.

Proclama di voler uscire dai rigidi vincoli fissati dai Trattati, ma per farlo ha bisogno della benedizione dei tedeschi, che ci hanno ridotto sul lastrico.

Rivendica l’onor di patria e poi rifiuta di cercare verità sul complotto per non innervosire la Merkel. Dice “fare presto” e poi rimanda a mille giorni i tempi delle riforme urgenti. Mille giorni, che sono un modo biblico per dire “secoli dei secoli”,  per l’urgenza?  Dopo mille giorni così, di promesse fatue, saremo morti, caro Renzi. Tu sarai stato al governo per mille giorni (nei tuoi desideri), ma gli italiani saranno stati nel frattempo ingoiati dall’Africa e/o dalla Germania.

Così sulle riforme istituzionali. Si può anche essere contenti dei passetti compiuti ogni giorno dalle delegazioni. Ma a noi pare che siano eleganti passetti in direzione lenta ma sicura verso la Costa Rica o l’Uruguay, nel senso di Repubblica Sudamericana. Allora sì che toccherà agli italiani mangiarsi la banana.

Renzi invoca la riforma costituzionale per avvicinare il popolo al Palazzo della Politica, e poi trasforma il Senato da doppione nobile un po’ polveroso della Camera in un doppione dopolavoristico dei consigli regionali e dei sindaci, senza dare neppure ai cittadini la prerogativa democratica di sceglierli direttamente. E con competenze farraginose. Tra cui anche l’elezione del Capo dello Stato.

E magari vorrebbe il premier Renzi che noi dessimo il consenso sulla base dell’accordo del Nazareno. Un momento. Tutto questo non era scritto. Semmai le riforme della legge elettorale e del Titolo V dovevano essere un veloce preambolo per rimediare all’incostituzionalità del Porcellum sancita dalla Consulta e così indirizzare presto al voto.

Se invece, come vuole a quanto pare la coppia Renzi-Boschi (o è in realtà un trio che comprende anche Napolitano, vai a saperlo), questi mille giorni di futura legislatura devono essere il tempo di un nuovo modello di Stato, allora noi diciamo: o elezione diretta del Presidente della Repubblica, o non se ne parla. Renzi dice del presidenzialismo: “è prematuro, intempestivo”.

E allora quando? Dopo i mille giorni, scombinando tutto? Non esiste, è una presa in giro. Tanto più che al neo-Senato sarà assegnato il compito di votare proprio il Capo dello Stato, per cui addio presidenzialismo.

E noi dovremmo dire di sì?  Ccà qualcuno è fesso, ma noi forse no.

Ha ragione Berlusconi a precisare che voteremo le riforme se sono buone riforme: le svolte riformiste per portare la Nazionale italiana al disastro le abbiamo già viste. Oltretutto il voto politico potrebbe essere assai prima dei mille giorni…

Evitiamo a Renzi il destino di Prandelli fallito in Brasile, non aspettiamo che schianti l’Italia nel torneo europeo.

Noi ci teniamo alla Nazionale, ma agli italiani persino un po’ di più. Dimettiamolo prima.