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RIFORME. Senato e Titolo V. Noi ci siamo. Ma quella strana fretta di Renzi fa rinviare il Jobs Act. I disoccupati possono aspettare, la propaganda di Matteo e della Boschi no.

 

 

Odissea

Martedì, grazie all’assemblea guidata dal Presidente Berlusconi, i nostri gruppi parlamentari saranno pronti e uniti nel dare corso alle riforme. Ci siamo. Non ostruiamo un bel niente.

Daremo un contributo rispettoso dei patti. Il cosiddetto lodo Brunetta, che di fatto asseconda le istanze contenute nella petizione di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale e che ha riscosso il consenso di parlamentari di tutte le forze del centrodestra (vedi precedente editoriale).

Una cosa è certa: abbiamo un patto con i nostri elettori, ma non solo quelli. Lo abbiamo con l’intero popolo italiano. E osserviamo: in Aula va la riforma del Parlamento, che entrerà in vigore dalla prossima legislatura, cioè, secondo Renzi, tra almeno mille giorni per dargli modo di adempiere il suo programma.

Una urgenza solo simbolica, dettata dalla volontà propagandistica di Renzi di affermarsi nell’immaginario come innovatore e semplificatore, oltre che capace di tagliare le unghie alla opposizione interna.

L’urgenza più seria e grave, citata espressamente nel documento dell’Ecofin di pochi giorni fa, può attendere.

Parliamo del Jobs Act, che secondo le richieste dell’Europa dovrebbe garantire la liberalizzazione del mercato del lavoro, e dunque generare posti di lavoro specie tra i giovani. Anche per questo non abbiamo nessuna intenzione di impantanare i lavori del Senato sulla sua auto-riforma come minacciano Sel e grillini.

Ci resta l’interrogativo se le urgenze siano stabilite dalla realtà e la politica debba rispondervi, oppure siano sottoposte alla selezione del marketing.

Per leggere le RAGIONI DEI COSTITUZIONALISTI

IN MERITO AGLI EFFETTI DISTORSIVI DEL

COMBINATO DISPOSTO RIFORMA DEL

SENATO/ITALICUM

vedi il link

http://www.freenewsonline.it/?p=8715

Per cui il cronoprogramma degli interventi di Renzi non è dettato dai bisogni di chi soffre e chiede soluzioni, ma dalla logica cinica del consolidamento del potere di chi l’ha ottenuto senza avvertire l’urgenza democratica di farsi scegliere dal popolo.