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GIUSTIZIA. L’infamia palese, la nostra coscienza. Decalogo

 

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Ieri abbiamo dedicato all’oscena discriminazione contro Silvio Berlusconi uno speciale del “Mattinale”. Perché “speciale”? È stato un errore dovuto alla nostra buona fede. Avremmo dovuto chiamarlo “normale in Italia”. Quando c’è una scelta, un giudizio, una opzione che riguardi Berlusconi i piatti della bilancia sono due ma dispari, un fenomeno da magia voodoo, anzi banalmente l’esito ovvio dell’odio ideologico tipico della sinistra sommato al rancore da professore permaloso del senatore Monti. Normale in Italia. A freddo, dopo il furore di ieri pomeriggio, occorre mettere a regime i sentimenti con le redini della razionalità. E lo facciamo con un decalogo che fissa bene i punti principali della discriminazione perpetrata ai danni di Silvio Berlusconi:

 

1. L’ingiustizia praticata ieri dalla Giunta per il regolamento del Senato è palese come la scelta da essa praticata.

 

2. L’articolo 113 prevede che il voto sia “comunque segreto quando riguarda persone”. Impossibile aggirare questo articolo. Lo sarebbe stato solo cambiando le regole mentre si gioca la partita. Ed allora ecco l’espediente da funambolo del diritto su misura del conte di Almaviva, roba da Basilio che intorta Figaro. Così senza diventare rossi di vergogna hanno spiegato che quel voto non riguarda la persona di Berlusconi ma la composizione del Senato. Come dire che la pena di morte non riguarda la testa del condannato ma la cesta in cui cade, se debba cioè restare vuota o ospitare il cranio di qualcuno. Se non ci fosse di mezzo il destino di un uomo, che è pure il leader di un grande popolo, sarebbe pure da ridere. Ma qui salta la democrazia.

 

3. L’espediente da cabarettisti in calzamaglia dimostra che non abbiamo a che fare con una legge cattiva e basta, ma con chi anche di una regola giusta è capace di far poltiglia pur di distruggere il Nemico.

 

4. Il Nemico? No, è un alleato. E qui siamo al paradosso. E per quanto ci sforziamo di far lavorare la ragione contro la rabbia, non ci riusciamo. La decisione di ieri è stata assolutamente politica, e vorremmo capire come Letta possa giudicarla altrimenti.

 

5. Noi non riusciamo a tenere separati i piani. Non siamo schizofrenici. Ci è difficile lavorare quando ci tagliano mani e testa. Eppure in una estrema prova di buona volontà non rinunciamo a proporre idee e soluzioni alle questioni gravi dell’economia e del lavoro.

 

6. La Legge di stabilità così com’è non va. Indigeribile anche per un boa. Sbagliata come filosofia politica e anche nei conti (lo dimostriamo ampiamente in un articolo più avanti) . Fa crescere la pressione fiscale. Usa in modo minimalista e dunque inefficace anche gli strumenti che abbiamo offerto alla considerazione del governo.

 

7. Dobbiamo purtroppo constatare che il ministro dell’Economia e delle Finanze, il dottore di Banca d’Italia Saccomanni, si è dimostrato finora impari al compito.

 

8. C’è un precedente: nel 2012 la disastrosa proposta di manovra del governo Monti fu smontata e rimontata in pochi giorni, con perfetta tenuta dei conti, dai relatori scelti dai gruppi parlamentari. La cabina di regia, il famoso”luogo permanente di codecisione” proposto da Letta il 29 aprile, è lo strumento per orchestrare un efficace gruppo di lavoro.

 

9. Finché dura.

 

10. Ma se fanno decadere Berlusconi, dura minga.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA “IL MATTINALE – 31 Ottobre 2013”