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ECONOMIA. Quanto pagheremo tra la fine del 2014 ed il 2015? I dati sono ancora ballerini, ma il totale – intorno ai 50 miliardi – è da capogiro.

 

Renzi Soldi

Finalmente qualche timido e contraddittorio segnale di riconoscimento. Troppo timido e troppo contraddittorio. E’ toccato ad Enrico Marro, sul “Corriere della Sera”, in due diversi articoli, fare il punto. Il primo titubante, su input dei tecnici del Tesoro, che, tuttavia, sono costretti ad ammettere, seppure a denti stretti: “Si potrebbe ricorrere ad una manovrina di fine anno come quella fatta nel 2013, dal governo Letta (1,6 miliardi) per correggere i conti dello 0,1% e riportare il deficit dal 3,1 al 3%”. Magari fosse così. Il secondo più disteso, che affronta di petto i nodi non risolti di questa stagione, che vira al peggio e non solo per motivi atmosferici.

Troppi numeri mancano all’appello. E troppe sono le speranze che il miracolo dell’autunno possa compensare l’inerzia – peggio la spensieratezza – finora dimostrata. E’ bene quindi cercare di fare il punto. E distinguere da subito quello che ancora manca per quadrare i conti dall’anno in corso; rispetto alla più micidiale manovra che si prospetta per il prossimo, quando il Governo dovrà materializzare le promesse fatte a piene mani.

Cominciamo, pertanto, da quello che sta avvenendo. Il Governo ha presentato il bilancio d’assestamento per il 2014. Documento richiesto dalle attuali procedure di bilancio. Prevede una riduzione del gettito fiscale, rispetto alle previsioni d’inizio anno, per oltre 3,5 miliardi di euro. La valutazione sembra essere ottimistica, ma prendiamola per buona. Il vero buco è dato dall’esclusione, nei conti, del bonus degli 80 euro e dalla riduzione dell’IRAP. Se si considerano queste poste lo sbilancio aumenta di gran lunga. Al lordo delle possibili ed incerte coperture l’onere complessivo è di oltre 6,5 miliardi.

Al tempo stesso i dati dimostrano una crescita della spesa corrente (0,8 per cento) ben superiore a quella del PIL, che a fine anno chiuderà – se tutto andrà bene – con un incremento dello 0,2 per cento. Cresce anche la spesa in conto capitale – ma vedremo se questo sarà una realtà o una speranza – addirittura del 6,5 per cento. Sta di fatto che la spesa complessiva aumenta di circa 7 miliardi (più 1,4 per cento) compensata da un risparmio negli interessi di circa 4 miliardi. Un tesoretto già scontato, che difficilmente potrà essere impinguato a fine anno.

Fin qui il quadro che si riferisce solo al bilancio dello Stato, che registra un drastico aumento del saldo netto da finanziare (più 8,5 per cento) ed un calo del 13 per cento dell’avanzo primario. Su questo terreno, già scivoloso, si abbatteranno quindi i risultati di una finanza locale che non naviga certo in buone acque. E’ pertanto prevedibile che quando l’ISTAT, sotto l’occhiuta vigilanza di EUROSTAT, farà i conti, l’asticella del 3 per cento sarà abbondantemente superata, sempre che non si intervenga prima con una manovra di contenimento. Di quanto? Qui viene il difficile. Il tendenziale, vale a dire la proiezione dei dati di bilancio, incorpora ipotesi di economia di cui, ancora oggi, non si vede traccia. Mancano all’appello 4,5 miliardi di spending review e ben 11 di privatizzazioni. Senza contare poi il rifinanziamento delle cosiddette spese emergenziali: tra cui la CIG e le missioni militari all’estero.

E’ lo stesso Marro che fa il conto del dare e dell’avere. Fincantieri che doveva dare 600 milioni, ne ha dati solo 350. La privatizzazione di Poste – altri 5-6 miliardi – sarà rinviata al 2015, mentre incombe la rivalutazione  della partecipazione al capitale Alitalia.  Resta la privatizzazione di ENAV, per 1 o 2 miliardi  ancora da effettuare. Mentre SNAM e Reti, appena vendute alla cinese State GRID, darà solo 2 miliardi, di cui 1,5 di competenza dello Stato, sempre che Cassa depositi e prestiti decida un dividendo straordinario. Tirando le somme, si scopre che all’appello mancano più di 8 miliardi, che lo Stato spera di recuperare – ma sarà poi così? – cedendo quote ulteriori (fino al 5%) di Eni ed Enel. Insomma, come si può vedere, i dati sono ballerini. L’unica certezza è che non sarà un buon inverno.

Per il 2015 le cose stanno ancora peggio. A parte i 3 miliardi per l’IRAP, già decisi con le coperture che abbiamo detto, vi sono altri 11 miliardi di privatizzazioni da recuperare e ben 17 di spending review. E se questo vi pare poco, sommate i 10 – 15 miliardi che servono per trasformare il semplice bonus di 80 euro in una misura di carattere strutturale. Non osiamo tirare le somme, per non rovinarci la giornata. Tanto più che quel tasso di crescita (pari all’1,3 per cento) previsto nei documenti governativi altro non è che un sogno di mezza estate. Se proprio non riuscite a trattenere la curiosità prendete pure la calcolatrice e fate le somme. Ma prima di tentare l’operazione è bene assumere un tranquillante. Le due manovre, sommando il 2014 e il 2015, si collocano intorno ai 50 miliardi, variamente distribuiti.