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CONFCOMMERCIO. Chi di pressione fiscale colpisce di mancata crescita perisce

 

Economia

Le tasse uccidono la crescita. È questo l’allarme lanciato da Confcommercio che nel rapporto «Fiscalità e crescita economica» di luglio 2014 denuncia il triste primato detenuto dall’Italia, quello della pressione fiscale. Secondo le analisi dell’Ufficio studi di Confcommercio la pressione fiscale effettiva è pari al 53,2% del Pil, la più alta tra tutti i maggiori Paesi del mondo e causa principale dell’attuale stallo del nostro Paese.

Come sottolineato dal Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, «deve essere chiaro a tutti che questo livello di pressione fiscale è, di fatto, incompatibile con qualsiasi concreta prospettiva di ripresa economica. Pressione fiscale che negli ultimi anni è cresciuta costantemente e ha creato, a livello locale, dei veri e propri ingorghi fiscali. Il riferimento è al mix esplosivo Imu-Tasi-Tari che ha disorientato le famiglie e complicato la già difficile attività di gestione delle imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti».

Più tasse meno crescita. L’Ufficio studi di Confcommercio ha riscontrato una proporzionalità inversa tra pressione fiscale e Pil reale pro-capite.

È stato osservato che nel periodo 2000-2013 la pressione fiscale italiana è aumentata del 5% mentre il Pil reale pro-capite è diminuito del 7%. Nello stesso periodo in Germania e in Svezia, il Pil reale pro-capite è cresciuto rispettivamente del 15% e del 21% a fronte di una riduzione della pressione fiscale rispettivamente del 6% a Berlino, e del 14% a Stoccolma.